LA RESPONSABILITA' SANITARIA E LA LEGGE BALDUZZI
L'ORIENTAMENTO DELLA CORTE DI CASSAZIONE IN MATERIA DI RISARCIMENTO DEL DANNO ALLA SALUTE DA MEDICAL MALPRACTICE
E LE NOVITA' LEGISLATIVE DEL SETTORE
[responsabilità
sanitaria - risarcimento del danno conseguente ad errato trattamento medico -
onere della prova - prova liberatoria a carico dell’operatore sanitario]
Cassazione Civile, Sent. n.9290 del 08/06/2012: il paziente che lamenta
danni cerebrali per un errato intervento di routine alla testa, ha diritto al
risarcimento del danno alla salute e deve limitarsi ad allegare l'evento
infausto, che è conseguenza dell'errato trattamento sanitario, mentre
l'operatore sanitario andrà esente da responsabilità per colpa, solo se
riuscirà a dimostrare l'assenza del nesso causale tra evento infausto e
trattamento sanitario
(l'onere della prova liberatoria è sempre a carico dell'operatore sanitario).
[responsabilità
sanitaria - risarcimento del danno conseguente ad errato trattamento medico -
onere della prova - ricorso alle presunzioni semplici]
Cassazione Civile, Sent. n.9927 del 18/06/2012: nelle cause aventi ad
oggetto il risarcimento del danno per erroneo trattamento sanitario, l'onere
della prova è sempre a carico della struttura / operatore sanitario. Il Giudice
può trarre il proprio convincimento anche da presunzioni semplici purché gravi,
precise e concordanti, vigendo nel processo civile la regola del "più
probabile che non", a differenza del processo penale, dove vige la regole
del "oltre ogni ragionevole dubbio".
[responsabilità
sanitaria - feto malformato - nascita indesiderata - omessa diagnosi da parte
del medico curante - inesatto adempimento della prestazione sanitaria richiesta
- violazione del principio di autodeterminazione all’aborto - diritto al
risarcimento del danno per la madre e per i prossimi congiunti]
Cassazione Civile, Sent. n.16754 del 02/10/2012: una madre 28enne, prima
del parto, chiede al medico curante di fare un test approfondito per escludere
il rischio di malformazioni del nascituro. Nel caso di specie la donna aveva
manifestato preventivamente la volontà di esercitare il diritto all'aborto in
caso di nascituro malformato; il medico curante prescrive solo un
"tri-test", omettendo però esami più approfonditi. Il nascituro, dopo
il parto, presenta gravi malformazioni; la madre, il padre ed i fratelli del
nascituro esercitano l'azione di risarcimento del danno nei confronti della
struttura e dell'operatore sanitario, che vengono condannati per inesatto
adempimento della prestazione sanitaria; in particolare, afferma la Suprema
Corte che l'operatore avrebbe dovuto svolgere tutti gli esami richiesti dalla
paziente, anche i più invasivi, per escludere possibilità di malformazioni.
Viene liquidato un danno alla donna per violazione del principio di
autodeterminazione, posto che ella avrebbe potuto esercitare il diritto
all'aborto, se avesse saputo delle malformazioni del nascituro; anche
quest'ultimo infatti ha diritto di essere risarcito, statuendo la Suprema Corte
che anche per un bimbo malformato deve essere riconosciuto un danno in
conseguenza della nascita con malformazioni.
[responsabilità
sanitaria - responsabilità della struttura sanitaria ai sensi dell’art.1228
c.c. per il fatto dei propri dipendenti - responsabilità personale del primario
e dell’assistente ospedaliero per la propria condotta colposa o dolosa -
contratto atipico di spedalità]
Cassazione Civile, Sent. n.8023 del 21/05/2012: l'assistente ospedaliero
è responsabile, parimenti al primario, di qualsiasi danno sofferto dal paziente
nel corso della degenza in ospedale, posto che fin dal momento in cui entra in
contatto col paziente ne diviene responsabile per effetto del rapporto
contrattuale che lo lega alla struttura sanitaria: la struttura risponde a
titolo di responsabilità oggettiva del fatto dei propri ausiliari (siano essi primari o
assistenti ospedalieri, art.1228 c.c.) mentre l'operatore sanitario risponde
sempre personalmente per colpa ovvero per dolo.
[responsabilità
sanitaria - responsabilità della struttura sanitaria per il malfunzionamento
delle apparecchiature mediche - responsabilità dell’operatore sanitario per
omessa vigilanza]
Cassazione Civile, Sent. n.10616 del 26/06/2012: la struttura sanitaria
risponde in solido con gli operatori sanitari dei danni cagionati ai pazienti
dal malfunzionamento degli strumenti; infatti, l'operatore sanitario è tenuto a
vigilare sul corretto funzionamento di qualsiasi macchinario / strumentazione
che utilizza per curare il paziente.
LA LEGGE BALDUZZI (D.L. n.158/2012)
Col
nuovo decreto legge meglio conosciuto come "legge Balduzzi" è stato introdotto nell'ordinamento italiano l'obbligo
per le strutture e per gli operatori sanitari di stipulare una polizza
assicurativa professionale: lo scopo della norma è quello di ridurre quanto più
possibile i costi della sanità pubblica legati alle sempre più crescenti cause
di risarcimento del danno alla salute promosse dai pazienti vittime di medical malpractice.
La
responsabilità sanitaria si appresta così a diventare un sottosistema della
così detta "R.C. auto" con criteri di liquidazione altrettanto certi
sia in punto "an" sia in punto "quantum".
In
forza dell'art.3 del D.L. 158/2012 vengono applicate alla responsabilità
sanitaria le tabelle risarcitorie previste per l'R.C. auto: in virtù di questo
richiamo il danno alla salute è risarcibile in base agli artt. 138-139 del D.
Lgs. 209/2005.
Il
diritto al risarcimento comprenderà in un'unica voce di danno sia quello
biologico alla salute, sia quello morale soggettivo per le sofferenze ed i
patimenti subiti.
Di
seguito si riportano schematicamente le novità introdotte dal D.L. n.158/2012
in materia di risarcimento del danno da responsabilità sanitaria:
>>
RESPONSABILITA' OGGETTIVA DELLA STRUTTURA SANITARIA PER IL FATTO DEI PROPRI DIPENDENTI E PERSONALE DELL'OPERATORE CONSEGUENTE A MEDICAL MALPRACTICE.
>> OBBLIGO DI STIPULARE UNA POLIZZA ASSICURATIVA PER LE
STRUTTURE SANITARIE PUBBLICHE E PRIVATE, E PER GLI OPERATORI SANITARI.
>>
OBBLIGO DI DENUNCIA ALLA CORTE DEI CONTI IN CASO DI AZIONI RISARCITORIE NEI
CONFRONTI DELLA STRUTTURA SANITARIA PUBBLICA PER MEDICAL MALPRACTICE.
>> DIRITTO AL RISARCIMENTO DEL DANNO ALLA SALUTE IN FAVORE DEL
PAZIENTE QUALE CONSEGUENZA MEDICAL MALPRACTICE.
>> DIRITTO AL
RISARCIMENTO DEL DANNO MORALE SOGGETTIVO PER I PROSSIMI CONGIUNTI DEL PAZIENTE QUALE
CONSEGUENZA MEDICAL MALPRACTICE.
>> DETERMINAZIONE DELLA
SOMMA DOVUTA A TITOLO DI RISARCIMENTO IN UN'UNICA VOCE COMPRENSIVA DI DANNO
BIOLOGICO E DI MORALE SOGGETTIVO.
LA RESPONSABILITA' SANITARIA
NEGLI INTERVENTI DI ROUTINE
Anzitutto,
ci si deve porre il seguente quesito: quando un intervento medico / chirurgico
può essere definito "di routine"?
Un
intervento è “di routine” quando è di
facile esecuzione, acquisito in modo definitivo dalla comunità scientifica
nazionale ed internazionale, che comporta a carico dell'operatore sanitario
l'assunzione di una "obbligazione di risultato" anziché "di mezzi" nei
confronti del paziente.
Nel
caso di evento infausto conseguente ad un intervento “di routine”, il paziente esercitando il diritto al risarcimento del
danno alla salute dovrà limitarsi ad allegare l'evento infausto e l'intercorso
rapporto contrattuale (contratto atipico di spedalità) con la struttura /
operatore sanitario, mentre l'operatore per andare esente da responsabilità
dovrà dimostrare l'assenza del nesso eziologico o causale tra l'intervento e
l'evento infausto che ne è conseguito: dunque, l'operatore dovrà riuscire
nell'intento di dimostrare che l'evento dannoso è dipeso da una causa
assorbente del tutto estranea alla sua sfera di controllo, oppure che esso è
dovuto ad una patologia già preesistente nell'organismo del paziente.
Trattasi
all'evidenza di una fattispecie di responsabilità aggravata a carico
dell'operatore sanitario, che si spinge oltre la semplice condotta dolosa o
colposa, e che si fonda su di una presunzione di responsabilità per il mancato
conseguimento di un'obbligazione di risultato.
Ne
segue che il diritto al risarcimento del danno alla salute in favore del
paziente non può mai essere escluso, se l'operatore sanitario non riesce
nell'intento di provare l'assenza del nesso eziologico tra danno ed intervento.
LA TENUTA DELLA CARTELLA CLINICA
ED IL SUO VALORE PROBATORIO DI ATTO PUBBLICO
La
cartella clinica è quel documento pubblico, che fa testo sul percorso di cura
del paziente durante la sua permanenza nella struttura sanitaria, da quando
viene accettato e sino a quando viene dimesso.
Più
precisamente la cartella è una certificazione amministrativa con valore di atto
pubblico ex art. 2700 c.c. che fa piena prova delle attestazioni in
essa contenute fino a querela di falso, idonea a fondare una presunzione juris
tantum della corrispondenza al vero di quanto ivi contenuto con riguardo
alle attività espletate nel corso di un intervento o di una terapia.
In
altre parole, la corretta tenuta della cartella clinica costituisce una
presunzione grave, precisa e concordante del corretto adempimento della
prestazione sanitaria; al contrario, le lacune della cartella clinica, che
impediscono di risalire al percorso di cura del paziente, sono indice
presuntivo della responsabilità dell'operatore sanitario idonee ad integrare il
nesso eziologico tra l'evento infausto e l'intervento sanitario.
In
altre parole, la cattiva tenuta della cartella clinica è fonte di
responsabilità per inadempimento contrattuale per violazione del dovere di
diligenza richiesto all'operatore sanitario ex art. 1176 c.c.
Riguardo
al valore di prova della cartella clinica si segnala una pronuncia dirimente
della Suprema Corte di Cassazione: le attestazioni contenute in una cartella
clinica sono riferibili al rango di una certificazione amministrativa per
quanto attiene alle attività espletate nel corso di una terapia o di un
intervento, mentre le valutazioni, le diagnosi o comunque le manifestazioni di
scienza o di opinione in essa contenute non hanno alcun valore probatorio
privilegiato rispetto ad altri elementi di prova; in ogni caso, le attestazioni
della cartella clinica, ancorché riguardante fatti avvenuti alla presenza di un
pubblico ufficiale o da lui stesso compiuti (e non la valutazione dei suddetti
fatti) non costituiscono prova piena a favore di chi le ha redatte, in base al
principio secondo il quale nessuno può precostituire prova a favore di se
stesso (Cass. Civ. Sez. III dd. 27/09/1999,
n.10695).
(a cura di Avv. Luca Conti del foro di Trento)
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