VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE


Art. 570 c.p.
[I]. Chiunque, abbandonando il domicilio domestico [452, 1432, 146 c.c.], o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori (1) [147, 316 c.c.]o alla qualità di coniuge [143, 146 c.c.], è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 euro a 1.032 euro.
[II]. Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore [o del pupillo] (2) o del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti [540; 75 c.c.] di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti [540; 75 c.c.] o al coniuge, il quale non sia legalmente separato [per sua colpa] (3) [146, 150, 151 c.c.].
[III]. Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120] salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma (4).
[IV]. Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un'altra disposizione di legge.

Art. 147 c.c.
[I]. Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli [107, 261, 279, 330, 333; 570, 571, 572 c.p.; 30 Cost.].

Art. 148 c.c.
[I]. I coniugi devono adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo [1433, 1861c, 3242] (2). Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti [302 Cost.], gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari, affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.
[II]. In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole.
[III]. Il decreto, notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo [474 c.p.c.], ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica [642 c.p.c.].
[IV]. L'opposizione è regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di ingiunzione [645 c.p.c.] in quanto applicabili.
[V]. Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.




ART. 570 C.P. VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI 
DI ASSISTENZA FAMILIARE

Un problema, che spesso affligge le coppie separate, soprattutto in un momento di grave crisi congiunturale, ruota attorno all'obbligo a carico del genitore di contribuire al mantenimento della prole.
La viuolazione di quest'obbligo, oltre ad avere implicazioni sotto il profilo civilistico, ha risvolti anche sotto il profilo penale.
Recita infatti l'art. 570 c.p.: chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore  o del pupillo o del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore , ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti  o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un'altra disposizione di legge.
Ma se l'obbligato al mantenimento è disoccupato o cassintegrato, ed in ogni caso non beneficia di un reddito sufficiente a garantire la propria sussistenza e contemporaneamente a contribuire ai bisogni della prole, commette o non commette il reato in rubrica?
Di questo problema si è recentemente occupata la Suprema Corte di Cassazione.
La Suprema Corte di Cassazione, con la Sentenza n.7372/2013 ha chiarito che "non commette reato il papà disoccupato che non versa l'assegno di mantenimento al figlio, se ha un'indennità di disoccupazione insufficiente a garantirgli il minimo sostentamento".
La vicenda di cui si è occupata la Suprema Corte riguardava un uomo, cui era stato contestato il mancato versamento del mantenimento per il figlio minorenne, necessario per assicurargli i mezzi di sussistenza. L'inadempienza, protrattasi per alcuni mesi, aveva indotto la corte territoriale ad emettere una sentenza di condanna nei confronti del padre che, dopo essere stata impugnata, era stata confermata in appello. 
L'omesso pagamento del mantenimento, osservavano i giudici territoriali, costituisce responsabilità per il reato di cui all'art. 570 c.p. perché è "il comprovato stato di disoccupazione a fronte della altrettanto accertata percezione della indennità di disoccupazione senza che questa, neppure in minima parte, sia stata destinata al sostentamento del minore".
L'uomo proponeva ricorso in Cassazione, deducendo la violazione dell'art. 45 c.p., perché la violazione dei doveri era imputabile non alla volontà dell'uomo, ma a un'oggettiva impossibilità economica, sopravvenuta nel tempo.
La Suprema Corte accoglieva il ricorso, così motivando il provvedimento: "la condanna per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare – spiegano i giudici – non può prescindere da un vaglio scrupoloso circa la concreta «incidenza del riscontrato stato di disoccupazione» sulla possibilità di adempiere puntualmente agli obblighi di assistenza che gravano sul genitore, considerando la posizione della prole. Infatti, se il solo stato di disoccupazione, non è elemento sufficiente per escludere il dovere di fornire sostentamento alla famiglia, può però esserlo la documentazione, allegata da parte dell'interessato, che comprova «difficoltà economiche tali da tradursi in un vero e proprio stato di indigenza economica".  
Occorre, quindi, che le corti territoriali, prima di emettere sentenza di condanna per il reato in rubrica, accertino scrupolosamente se lo stato di disoccupazione del genitore sia realmente legato a uno stato di indigenza, visto che l'obbligato potrebbe disporre di altri mezzi economici, diversi da quelli di fonte lavorativa, che gli permetterebbero di provvedere ai versamenti. 
Evidente che nel caso all'esame della Suprema Corte questa ricognizione non c'è stata, e di qui l'annullamento, con rinvio, della decisione impugnata dal padre disoccupato.

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