LA RIFORMA DEL CONDOMINIO
LA DISCIPLINA DEL
CONDOMINIO ALLA LUCE
DELLA LEGGE n.220 del
11/12/2012
I N T R O D U Z I O N E
Il 18 giugno
2013 è entrata in vigore la Legge di Riforma sul Condominio, che ha messo mano
al Libro III Titolo VII Capo II del Codice Civile, riordinando ed innovando una
materia che da oltre trent'anni meritava di essere riformata dal Legislatore.
La legge
n.220/2012 ha innovato le responsabilità dell'amministratore, che oggi rispetto
al passato si presenta come una figura particolarmente specializzata e
professionale; ha inoltre individuato con precisione analitica le parti comuni
dell'edificio, ossia quelle porzioni di fabbricato che stanno in un regime di
accessorietà necessaria con le parti di proprietà esclusiva dei singoli
condomini; infine, ha previsto nuove maggioranze per l'assunzione delle
delibere assembleari in materia di nomina e di revoca dall'amministratore, ed
in materia di innovazioni.
S O M M A R I O
§1:
la costituzione del condominio.
§2:
le parti comuni del condominio e le limitazioni al loro utilizzo da parte dei
condomini.
§3:
le innovazioni: il meccanismo del doppio binario per l'approvazione delle
relative delibere assembleari.
§4:
la nomina e la revoca dell'amministratore di condominio, l’approvazione delle
relative delibere assembleari.
§5:
la costituzione dell'assemblea condominiale, il quorum e l'approvazione delle
delibere.
§6:
la riscossione dei contributi condominiali nei confronti dei condomini morosi.
§7:
i precedenti di giurisprudenza.
§1. LA COSTITUZIONE DEL CONDOMINIO
Prima di
tutto, occorre chiarire che cosa s'intende per "condominio" e
quando si costituisce.
Il condominio, altrimenti detto comunione forzosa e perpetua, è un ente privo di personalità giuridica perfetta: trattasi, infatti, di un ente di gestione.
Trattasi di
una complessa situazione di diritto, in cui a porzioni di fabbricato in
proprietà esclusiva dei partecipanti al condominio (i condomini) s'accompagnano
porzioni dell'edificio in proprietà comune, di cui ogni condomino è
comproprietario pro indiviso per la quota corrispondente al valore
del proprio appartamento, secondo le tabelle millesimali approvate
dall'assemblea condominiale. Le parti comuni dell'edificio sono legate a quelle
in proprietà esclusiva da un rapporto necessario e perpetuo di accessorietà,
senza le quali le seconde non potrebbero esistere.
Al condominio si applicano le norme previste dal Libro III, Titolo VII, Capo II del Codice Civile, ed in particolare gli articoli 1117 e ss. c.c. Vi si applicano le norme sulla comunione ordinaria in quanto non espressamente derogate; il condominio, tuttavia, è una situazione giuridica più complessa ed estremamente diversa dalla comunione, visto che nel primo le parti comuni sono indivisibili e godono di un vincolo di destinazione che incide sul loro godimento da parte dei singoli condomini.
Tanto premesso, è il momento di chiarire quando e come viene ad esistere un condominio.
L'esistenza
di un condominio non dipende dal numero dei "condomini",
potendo anche esistere il cosiddetto "condominio minimo"
composto da due soli proprietari; ciò che viceversa rileva a seconda del numero
dei condomini è la disciplina concretamente applicabile, laddove - ad esempio -
a seconda del numero dei condomini si renderà necessaria ed indispensabile la
nomina dell'amministratore.
Una situazione di fatto e di diritto in parte differente da quella del condominio è il “supercondominio”, che è costituito da una pluralità di edifici, i quali però hanno in comune determinati impianti o servizi.
Al “supercondominio” si applicano le norme dettate in materia di condominio, ed ai fini della sua costituzione non è necessaria una manifestazione espressa dei condomini o del costruttore, ma è sufficiente ipso iure et de facto che gli edifici (almeno due) abbiano in comune alcuni impianti o servizi, quali - ad esempio - la centrale termica, la via d'ingresso ed i locali destinati al servizio di portineria.
A questo riguardo si richiama una nota sentenza della Corte di Cassazione: ai fini della costituzione di un "supercondominio" non è necessaria né la manifestazione di volontà dell'originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, venendo il medesimo in essere ipso iure et facto, se il titolo o il regolamento condominiale non dispongono altrimenti. Si tratta di una fattispecie legale, in cui una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, sono ricompresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall'esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale di accesso, le zone verdi, l'impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, ecc.) in rapporto di accessorietà con i fabbricati, cui si applicano in pieno le norme sul condominio, anziché quelle sulla comunione (si veda Cass. civ. Sez. II dd. 14/11/2012 n.19939).
Ma quando
nasce il condominio? Occorre un atto formale per costituirlo?
Il
condominio viene ad esistere ipso iure et de facto per il semplice
frazionamento di un fabbricato in più unità abitative, in regime di proprietà
esclusiva tra diversi soggetti.
Non occorre
un atto formale costitutivo per realizzare un condominio, mentre basta il suo
semplice frazionamento e l'attribuzione a distinti soggetti delle singole unità
abitative.
Ne segue che, se un fabbricato fosse frazionato in tanti appartamenti, ma questi appartenessero sempre allo stesso proprietario, non si costituirebbe alcun condominio: quindi, un edificio pur frazionato ma appartenente ad un unico proprietario non può ricadere sotto la disciplina del condominio.
Riguardo alla costituzione del condominio si riporta di seguito il consolidato orientamento della Corte di Cassazione: la nascita di un condominio di edificio non postula un formale atto costitutivo dell’assemblea, ma si verifica pleno iure et de facto con la costruzione di un nuovo edificio sul suolo comune, ovvero col frazionamento da parte dell’unico proprietario o comproprietario pro indiviso di un edificio già esistente, i cui piani o porzioni di piano vengono attribuiti a soggetti diversi in proprietà esclusiva (…) ossia viene ad esistere per la sola circostanza che la proprietà di piani o di porzioni di piano di un medesimo edificio, appartenga a più titolari in proprietà esclusiva, a prescindere dalla circostanza che non vi siano locali comuni e che esistano distinti ingressi (si vedano Cass. civ. Sez. II dd. 22/06/1982 n.3787; Cass. civ. dd. 19/02/2004 n.3257; Cass. civ. Sez. II dd. 18/01/1982 n.319; Cass. civ. sez. II dd. 04/06/2008 n.14813).
§2. LE PARTI COMUNI DELL'EDIFICIO E LE LIMITAZIONI AL
LORO UTILIZZO DA PARTE DEI CONDOMINI
Ai sensi
dell'art. 1117 c.c. sono parti comuni dell'edificio e pertanto ricadono in
proprietà comune di tutti i condomini, se il contrario non risulta dal titolo
di acquisto, i seguenti beni:
1) il suolo
su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri portanti (o maestri), i muri
perimetrali, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d'ingresso, i
vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti
dell'edificio necessarie all'uso comune;
2) i locali
per la portineria e l'alloggio del portiere, per la lavanderia, per il
riscaldamento centralizzato, per gli stenditoi e per altri simili servizi in
comune;
3) le opere,
le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all'uso e al
godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e
inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l'acqua, per il
gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di
diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli
condomini.
Le
parti comuni dell'edificio in genere non sono divisibili, né assoggettabili ad
un utilizzo particolare da parte dei singoli condomini (art. 1119 c.c.).
Tuttavia,
questo principio può essere derogato se il bene comune si presta ad essere
facilmente diviso, in modo tale da non pregiudicare l'utilizzo da parte anche
di un solo condomino.
Ai sensi
dell'art. 1118 c.c. il diritto (di comproprietà) di ciascun condomino sulle parti
comuni dell'edificio è proporzionato al valore del piano o della porzione
di piano che gli appartiene in proprietà esclusiva: in altri termini, la porzione
di piano corrisponde alla singola unità abitativa, ad ogni unità abitativa
corrisponde un valore millesimale, che a propria volta corrisponde alla quota
di comproprietà del singolo condomino sulle parti comuni.
Per quanto
riguarda la destinazione d'uso delle parti comuni ai sensi dell'art. 1117 ter
c.c. (articolo introdotto dalla legge n.220/2012) l'assemblea condominiale
può modificare la destinazione d'uso delle parti comuni al fine
di soddisfare le esigenze di interesse condominiale, a condizione che la
delibera riporti un numero di voti favorevoli in rappresentanza dei
4/5 dei partecipanti al condominio, ed 800 millesimi di valore dell'edificio.
Per deliberare sulla modifica della destinazione d'uso delle parti comuni, la convocazione dell'assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati e deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire ai condomini almeno venti giorni prima della data di convocazione.
La convocazione dell'assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d'uso. Sono vietate le modificazioni delle destinazioni d'uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico.
A questo punto, occorre chiedersi quali sono i diritti dei singoli condomini sulle parti comuni dell'edificio: è ammesso un utilizzo particolare o più intenso del bene comune da parte del singolo condomino?
A questa domanda risponde l'art. 1102 c.c. che disciplina l'uso delle cose comuni.
Ai sensi dell'art. 1102 c.c. ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione economica e non impedisca ad altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.
Da questa norma si ricava che il singolo condomino può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non pregiudichi i diritti degli altri condomini: tuttavia per meglio comprenderne la portata è necessario richiamare alcuni precedenti di giurisprudenza.
Il primo caso riguarda l'apertura di un varco (o di una nicchia) da parte di un condomino nel muro maestro condominiale per sfruttarne lo spazio vuoto così ricavato: dall'ambito delle attività consentite a norma dell'art. 1102 c.c. vanno escluse quelle che si risolvono nell'attrazione della cosa comune o di una sua parte nella sfera di disponibilità esclusiva di un singolo, cosa che avviene - ad esempio - allorché si diminuisce la consistenza originaria di un muro maestro e si ingloba il volume vuoto così ottenuto in una porzione immobiliare di proprietà individuale, in quanto se ne altera la destinazione e se ne impedisce un uso paritario da parte degli altri condomini (si veda Cass. civ. sez. II dd. 09/03/2006 n.5085).
Il secondo caso riguarda, invece, l'apertura di un varco nel muro perimetrale (ovvero l'ampliamento di un varco già esistente) per consentire al condomino di accedere più comodamente ai locali di sua esclusiva proprietà: in tema di condominio il principio della comproprietà dell'intero muro perimetrale legittima il singolo condomino ad apportare ad esso tutte le modificazioni che gli consentono di trarre dal bene in comunione una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini, a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione dell'esercizio dell'uso del muro comune e di non alterarne la normale destinazione, e sempre che tali modificazioni non pregiudichino la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato (si veda Cass. civ. sez. II dd. 21/12/2011 n.28025).
Alla stessa stregua ha deciso la Corte di Cassazione nel terzo caso qui in esame, relativo all'apertura nell'androne condominiale di un nuovo ingresso a favore di un appartamento privato: l'apertura nell'androne condominiale di un nuovo ingresso a favore dell'immobile di un condomino è legittima ai sensi dell'art. 1102 c.c. in quanto pur realizzando un utilizzo più intenso del bene da parte di quel condomino, non esclude il diritto degli altri di farne parimenti uso e non altera la destinazione del bene stesso (si veda Cass. civ. Sez. VI dd. 14/11/2014 n.24295).
Il quarto caso, questa volta affrontato da una corte territoriale, riguarda l'apertura di un foro nel muro perimetrale per collegare il tubo di scolo di un condizionatore nel pluviale condominiale: atteso che a norma degli artt. 1102 e 1120 comma II c.c. ciascun condomino può apportare al bene comune ed a proprie spese eventuali modifiche purché non ne alteri la destinazione, la sicurezza, il decoro e la stabilità architettonica e consenta altresì agli altri condomini di farne parimenti uso, deve essere senz'altro qualificata come modifica l'apertura di un foro nel muro perimetrale comune per consentire al tubo di un condizionatore di immettersi nel tubo pluviale condominiale per scaricare l'acqua di condensa. In particolare, mentre l'apertura di un piccolo foro nel muro perimetrale costituisce una modifica senz'altro ammissibile, al contrario l'immissione del tubo portante la condensa proveniente da un condizionatore nello scarico del pluviale condominiale ne altera di fatto la destinazione, che è unicamente quella di raccogliere le acque meteoriche, risultando pertanto vietata (si veda Tribunale di Potenza Sez. I dd. 22/02/2011 n.352).
Il quinto caso riguarda l'appoggio al muro perimetrale di una canna fumaria al servizio di una singola unità abitativa: la sostituzione di una canna fumaria pertinente ad una unità immobiliare di proprietà esclusiva non reca di per sè danno alla cosa comune (la faccia dell'edificio) già utilizzata per l'appoggio, non dovendo alterare tuttavia il decoro architettonico del fabbricato alla luce del combinato di sposto degli artt. 1102, 1120 comma II e 1122 c.c. (si veda Cass. civ. Sez. II dd. 31/07/2013 n.18350).
Il sesto ed ultimo caso riguarda, invece, la trasformazione di una porzione del tetto condominiale in una terrazza al servizio di una singola unità abitativa: il condomino proprietario dell'appartamento posto al piano sottostante il tetto condominiale può effettuarne la parziale trasformazione in terrazza a proprio uso esclusivo, purché risulti che sia salvaguardata mediante opere adeguate la funzione di copertura e di protezione svolta dal tetto ed che gli altri condomini non siano privati della reale possibilità di farne uso (si veda Cass. civ. sez. VI dd. 04/02/2013 n.2500).
Alla luce di quanto appena esposto, pare chiaro che non è da escludersi a priori un utilizzo particolare o più intenso del bene comune da parte di un singolo condomino, mentre occorre distinguere caso per caso a seconda che tale utilizzo pregiudichi i diritti degli altri condomini ovvero pregiudichi la destinazione del bene comune in pregiudizio dell'intero edificio, avuto riguardo del regolamento di condominio che può imporre limitazioni più rigorose rispetto a quelle individuate dal codice civile.
Chiarisce
meglio il punto una recente sentenza della Corte di Cassazione: l'art. 1102
c.c. nel prescrivere che ciascun condomino può servirsi della cosa comune e non
impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, non pone una norma
inderogabile, con la conseguenza che i suddetti limiti posso essere resi più
rigorosi dal regolamento condominiale o da delibere assembleari adottate con il
quorum prescritto dalla legge (si veda Cass. civ.
sez. II dd. 04/12/2013 n.27233).
§3. LE INNOVAZIONI: IL MECCANISMO DEL DOPPIO BINARIO
PER L'APPROVAZIONE DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI.
Le
innovazioni in un condominio sono quelle opere, impianti o manufatti destinati
a migliorare l'uso ed il godimento delle parti comuni dell'edificio.
Per quanto riguarda le innovazioni, queste sono regolate dagli articoli 1120 e 1121 c.c.
L'art. 1120 c.c. è stato quasi interamente riformato dalla legge n.220/2012, di cui si riporta il testo aggiornato:
[I] I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'articolo 1136 (50%+1 dei partecipanti al condominio e 2/3 del valore dell'intero edificio), possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni.
[II]. I condomini, con la
maggioranza indicata dal secondo comma dell'articolo 1136 (50%+1 degli
intervenuti in assemblea in rappresentanza di almeno 500
millesimi) possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della
normativa di settore, hanno ad oggetto:
1) le opere e gli interventi volti a migliorare
la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;
2) le opere e gli interventi previsti per
eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo
energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle
unità immobiliari o dell'edificio, nonché per la produzione di energia mediante
l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque
rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso
un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea
superficie comune;
3) l'installazione di impianti centralizzati
per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di
flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti
fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che
non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune
e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto.
[III]. L'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea entro
trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato
all'adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La richiesta deve
contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione
degli interventi proposti. In mancanza, l'amministratore deve invitare senza
indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni.
[IV]. Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio
alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro
architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili
all'uso o al godimento anche di un solo condomino.
Tra le
innovazioni espressamente previste dalla Legge di Riforma del 2012 vanno
annoverate quelle che concernono l'abbattimento delle cd. "barriere
architettoniche", e più in generale le innovazioni di particolare
interesse sociale.
La Legge di
Riforma ha dunque introdotto un "doppio binario" per le innovazioni.
Ci sono quelle "generiche" previste dal I comma, e quelle
previste dal II comma che riguardano in particolare la sicurezza, la salubrità,
l'abbattimento delle barriere architettoniche, il contenimento dei consumi energetici,
i parcheggi, lo sfruttamento delle energie rinnovabili, l'utilizzo di antenne
satellitari ed adsl , che possono essere validamente deliberate col voto
favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea condominiale
(50%+1), che a loro volta rappresentino almeno 500/000 (cinquecento millesimi
del valore dell'edificio).
Sempre
secondo la legge di riforma del condominio, quando l'innovazione comporta una
spesa eccessivamente gravosa ovvero essa è voluttuaria (e dunque non
necessaria) rispetto alle reali necessità del condominio, la delibera non
vincola i condomini dissenzienti a partecipare alle spese, sempre che (condicio
sine qua non) si tratti di opere per loro natura suscettibili di un
godimento separato o diverso da condomino a condomino: si pensi al caso
dell'ascensore, il cui godimento compete maggiormente ai condomini che dimorano
ai piani più alti.
Rispetto
alla normativa previgente, è stato abbassato il quorum richiesto per la
validità della delibera assembleare nel caso in cui l'innovazione proposta
abbia un particolare rilievo sociale (ad esempio, l'abbattimento delle barriere
architettoniche, il contenimento dei consumi energetici, l'utilizzo di fonti di
energia rinnovabili, l'installazione di impianti di videosorveglianza, etc.).
Infatti, con
l'entrata in vigore della legge n.220/2012, per deliberare le innovazioni di
particolare interesse sociale sarà sufficiente la sola maggioranza (50%+1)
degli intervenuti in assemblea in rappresentanza di almeno 500 millesimi di
valore dell'edificio.
Per tutte le
altre innovazioni, invece, sarà valida la delibera assembleare che sia
rappresentativa della maggioranza degli intervenuti in assemblea (50% +1) a
propria volta rappresentativi di 666,67 millesimi di valore
dell'edificio.
Qualora,
invece, si trattasse di "innovazioni gravose o voluttuarie" ma
destinate a tutti (ad esempio, opere ornamentali sulla facciata) queste saranno
vietate, salvo che i condomini favorevoli ne sostengano per intero le spese.
Sono espressamente vietate le innovazioni che pregiudicano la stabilità dell'intero
edificio, che ne alterano il decoro architettonico, ovvero che rendono talune
parti comuni inservibili all'uso.
§4. LA NOMINA E LA REVOCA DELL'AMMINISTRATORE DI
CONDOMINIO.
Un altro
aspetto d'interesse della riforma riguarda la nomina e la revoca dell'amministratore.
A questo
provvede il riformato art. 1129 c.c. di cui si riporta il testo nella nuova
formulazione:
[I]. Quando i condomini sono più di otto, se l'assemblea non vi
provvede, la nomina dell'amministratore è fatta dall'autorità giudiziaria su
ricorso di uno o più condomini, o dell'amministratore dimissionario.
[II]. Contestualmente all'accettazione della nomina e ad ogni
rinnovo dell'incarico, l'amministratore comunica i propri dati anagrafici e
professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede
legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri
6) e 7) dell'articolo 1130, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato,
previa richiesta all'amministratore, può prenderne gratuitamente visione e
ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata.
[III]. L'assemblea può subordinare la nomina dell'amministratore
alla presentazione ai condomini di una polizza individuale di assicurazione per
la responsabilità civile per gli atti compiuti nell'esercizio del mandato.
[VI]. L'amministratore è tenuto altresì ad adeguare i massimali
della polizza se nel periodo del suo incarico l'assemblea deliberi lavori
straordinari. Tale adeguamento non deve essere inferiore all'importo di spesa deliberato
e deve essere effettuato contestualmente all'inizio dei lavori. Nel caso in cui
l'amministratore sia coperto da una polizza di assicurazione per la
responsabilità civile professionale generale per l'intera attività da lui
svolta, tale polizza deve essere integrata con una dichiarazione dell'impresa
di assicurazione che garantisca le condizioni previste dal periodo precedente
per lo specifico condominio.
[V]. Sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune,
accessibile anche ai terzi, è affissa l'indicazione delle generalità, del
domicilio e dei recapiti, anche telefonici, dell'amministratore.
[VI]. In mancanza dell'amministratore, sul luogo di accesso al
condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa
l'indicazione delle generalità e dei recapiti, anche telefonici, della persona
che svolge funzioni analoghe a quelle dell'amministratore.
[VII]. L'amministratore è obbligato a far transitare le somme
ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi
titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente,
postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite
dell'amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie
spese, della rendicontazione periodica.
[VIII]. Alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto
alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al
condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di
evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi.
[IX]. Salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea,
l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme
dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale
il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'articolo 63, primo comma,
delle disposizioni per l'attuazione del presente codice.
[X]. L'incarico di amministratore ha durata di un anno e si
intende tacitamente rinnovato per eguale durata. L'assemblea convocata per la
revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore.
[XI]. La revoca dell'amministratore può essere deliberata in ogni
tempo dall'assemblea con la maggioranza prevista per la sua nomina (50%+1 degli intervenuti in
assemblea in rappresentanza di almeno 500 millesimi di valore dell'edificio,
n.d.r.) oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. Può
altresì essere disposta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun
condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell'articolo 1131, se non
rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità. Nei casi
in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto
disposto dal numero 3) del dodicesimo comma del presente articolo, i condomini,
anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far
cessare la violazione e revocare il mandato all'amministratore. In caso di
mancata revoca da parte dell'assemblea, ciascun condomino può rivolgersi
all'autorità giudiziaria; in caso di accoglimento della domanda, il ricorrente,
per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti del condominio, che a
sua volta può rivalersi nei confronti dell'amministratore revocato.
[XII]. Costituiscono gravi irregolarità, tra le altre:
1) l'omessa convocazione dell'assemblea per
l'approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare
l'assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli
altri casi previsti dalla legge;
2) la mancata esecuzione di provvedimenti
giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell'assemblea;
3) la mancata apertura ed utilizzazione del
conto di cui al settimo comma;
4) la gestione secondo modalità che possono
generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il
patrimonio personale dell'amministratore o di altri condomini;
5) l'aver acconsentito, per un credito
insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri
immobiliari a tutela dei diritti del condominio;
6) qualora sia stata promossa azione
giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l'aver omesso
di curare diligentemente l'azione e la conseguente esecuzione coattiva;
7) l'inottemperanza agli obblighi di cui
all'articolo 1130, numeri 6), 7) e 9);
8) l'omessa, incompleta o inesatta
comunicazione dei dati di cui al secondo comma del presente articolo.
[XIII]. In caso di revoca da parte
dell'autorità giudiziaria, l'assemblea non può nominare nuovamente
l'amministratore revocato.
[XIV].
L'amministratore, all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo,
deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa,
l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta.
[XV]. Per
quanto non disciplinato dal presente articolo si applicano le disposizioni di
cui alla sezione I del capo IX del titolo III del libro IV.
[XVI]. Il
presente articolo si applica anche agli edifici di alloggi di edilizia popolare
ed economica, realizzati o recuperati da enti pubblici a totale partecipazione
pubblica o con il concorso dello Stato, delle regioni, delle province o dei
comuni, nonché a quelli realizzati da enti pubblici non economici o società
private senza scopo di lucro con finalità sociali proprie dell'edilizia
residenziale pubblica.
Dalla norma
appena richiamata, emerge con chiarezza che l'obbligatorietà di nomina
dell'amministratore scatta quando all'interno del condominio i condomini sono
più di otto.
Di particolare interesse i commi X e XI, i quali per un verso stabiliscono che l'ufficio di amministratore dura un anno ed è tacitamente rinnovabile per identica durata, per altro verso stabiliscono che l'amministratore può essere revocato dall'Autorità Giudiziaria su ricorso di ciascun condomino se non tiene il rendiconto della sua gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità gestionali o contabili.
Le gravi irregolarità gestionali che giustificano la revoca dell'amministratore sono indicate analiticamente dal XII comma.
Qualora alla
scadenza del mandato l'assemblea non provveda a nominare un nuovo
amministratore, quello precedentemente in carica continua nell'esercizio delle
sue funzioni per l'ordinaria amministrazione, finché non viene sostituito dal
nuovo amministratore; l'assemblea può revocare in qualsiasi momento la
fiducia all'amministratore, anche senza che ricorra una giusta causa, se viene
meno il rapporto fiduciario.
Per deliberare la nomina e la revoca dell'amministratore, secondo il riformato art. 1129 c.c. sono valide sia in prima sia in seconda convocazione, le delibere che rappresentino la maggioranza (50% +1) degli intervenuti in assemblea, a propria volta rappresentativi di almeno 500 millesimi.
Ai fini
della valida costituzione dell'assemblea, si ricordi che ai sensi della Legge
n.220/2012 l'assemblea è validamente costituita in prima convocazione con la
presenza della maggioranza (50%+1) dei condomini a loro volta rappresentativi
di almeno i 2/3 del valore millesimale dell'edificio, mentre in seconda
convocazione l'assemblea è regolarmente costituita con la presenza di almeno
1/3 dei partecipanti al condominio, a loro volta rappresentativi di almeno 1/3
del valore millesimale dell'intero edificio.
Chi può essere nominato amministratore di condominio?
L'amministratore
deve godere dei diritti civili; non deve avere riportato condanne penali per
delitti contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della
giustizia, la fede pubblica, il patrimonio e/o per ogni altro delitto per cui è
prevista la pena della reclusione nel minimo non inferiore a due anni e nel
massimo a cinque anni; non deve essere interdetto o inabilitato; deve avere
conseguito un diploma di scuola secondaria di secondo grado; deve avere
frequentato un corso di formazione iniziale e svolgere attività di formazione
periodica in materia di amministrazione condominiale.
La perdita
dei citati requisiti comporta la cessazione dell'incarico; in tale situazione
ciascun condomino può convocare senza alcuna formalità l'assemblea per
deliberare la nomina di un nuovo amministratore.
Poiché il rapporto che lega l'amministratore al condominio è essenzialmente fiduciario, il venir meno del rapporto fiduciario può comportare la revoca dello stesso dal suo incarico.
Inoltre,
rispetto a quanto precedentemente previsto, secondo la legge di riforma
l'amministratore può essere revocato se non rende conto della propria
amministrazione anche per solo un anno (secondo la normativa prossima ad essere
abrogata l'omessa rendicontazione doveva riguardare almeno due annualità
consecutive, se commette gravi irregolarità, ovvero se non informa
tempestivamente l'assemblea di una citazione a giudizio per atti che esorbitano
dalle sue funzioni.
Costituiscono
GRAVI IRREGOLARITA' GESTIONALI che possono giustificare la revoca
dell'amministratore di condominio ai sensi dell'art. 1129 comma XII c.c.:
a) l'omessa
convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale;
b) la
mancata esecuzione delle delibere assembleari, dei provvedimenti giudiziari ed
amministrativi;
c) la
mancata apertura di un c/c dedicato al condominio;
d) la
gestione del condominio secondo modalità che possono generare confusione tra il
patrimonio del condominio e quello personale dell'amministratore;
e) l'avere
omesso o ritardato di seguire diligentemente le azioni giudiziarie promosse per
recuperare somme dovute al condominio;
f) l'avere
acconsentito, per un credito insoddisfatto (che riguardi il condominio) alla
cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei
diritti del condominio.
Con particolare riguardo all'obbligo nascente dal § d) si ricordi che il condominio, pur essendo privo di personalità giuridica perfetta, è munito di una propria titolarità fiscale, ad esso è attribuito un C.F. ed è obbligo dell'amministratore di aprire un c/c dedicato al condominio del tutto distinto da quello personale dell'amministratore; quanto precede al fine di non creare confusione tra la gestione patrimoniale del condominio e quella dell'amministratore.
§5. LA COSTITUZIONE DELL'ASSEMBLEA E
L'APPROVAZIONE DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI
Ai sensi
dell'art. 1136 c.c., nella formulazione previgente la legge del 2012,
l'assemblea era regolarmente costituita in prima convocazione con la
partecipazione di almeno i 2/3 dei condomini, a propria volta rappresentativi
dei 2/3 del valore dell'intero edificio, mentre erano ritenute valide le
delibere approvate dalla maggioranza degli intervenuti in assemblea (50% +1) a
propria volta rappresentativi di almeno il 50% del valore dell'intero edificio.
In seconda
convocazione l'art. 1136 c.c. non prevedeva un quorum costitutivo,
mentre le delibere erano ritenute valide se riportavano il voto favorevole di
almeno 1/3 dei partecipanti al condominio ed almeno 1/3 del valore dell'intero
edificio.
Secondo la
legge n.220/2012 l'assemblea condominiale è regolarmente costituita:
IN PRIMA CONVOCAZIONE con la presenza della maggioranza dei condomini (50%+1) a loro volta rappresentativi dei 2/3 del valore millesimale dell'intero edificio, mentre le delibere sono valide se riportano il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea a loro volta rappresentativi di almeno 500 millesimi dell'intero edificio.
IN SECONDA CONVOCAZIONE con la presenza di almeno 1/3 dei partecipanti al condominio, a loro volta rappresentativi di almeno 1/3 del valore dell'intero edificio, mentre le delibere sono valide se riportano il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea a loro volta rappresentativi di almeno 1/3 del valore millesimale dell'intero edificio.
Di seguito si riporta il testo dell'art.1136 c.c. nella nuova formulazione:
[I]. L'assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita
con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore
dell'intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio.
[II]. Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti
che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore
dell'edificio.
[III]. Se l'assemblea in prima convocazione non può deliberare per
mancanza di numero legale, l'assemblea in seconda convocazione delibera in un
giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni
dalla medesima. L'assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita
con l'intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del
valore dell'intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. La
deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un
numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio.
[IV]. Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca
dell'amministratore o le liti attive e passive relative a materie che
esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore medesimo, le deliberazioni
che concernono la ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie di
notevole entità e le deliberazioni di cui agli articoli 1117-quater, 1120,
secondo comma, 1122-ter nonché 1135, terzo comma, devono essere sempre
approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente articolo.
[V]. Le deliberazioni di cui all'articolo 1120, primo comma, e
all'articolo 1122-bis, terzo comma, devono essere approvate dall'assemblea con
un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i
due terzi del valore dell'edificio.
[VI]. L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli
aventi diritto sono stati regolarmente convocati.
[VII]. Delle riunioni dell'assemblea si redige processo verbale da
trascrivere nel registro tenuto dall'amministratore.
Le attribuzioni dell'assemblea condominiale sono individuate dall'art. 1135 c.c.:
1) nominare
/ revocare l'amministratore, e provvedere alla determinazione della sua
retribuzione;
2) approvare
il preventivo di gestione e la ripartizione delle spese tra i condomini;
3) approvare
il consuntivo annuale di gestione e determinare come impiegare l'eventuale
residuo di gestione;
4)
provvedere alle opere di manutenzione straordinaria ed alle innovazioni,
costituendo un fondo speciale ad hoc.
L'amministratore di condominio è tenuto a convocare l'assemblea ordinaria entro 180 giorni dalla data di chiusura dell'esercizio annuale per l'approvazione del consuntivo di bilancio e del preventivo di spesa per l'anno successivo.
Le delibere assembleari regolarmente approvate vincolano anche la minoranza dissenziente (art. 1137 comma I c.c.).
Contro le
delibere contrarie alla legge ovvero al regolamento di condominio, i condomini
assenti, dissenzienti o astenuti possono fare ricorso all'autorità giudiziaria
nel termine di decadenza di 30 giorni (art. 2964 c.c.), che decorrono per i
dissenzienti e gli astenuti dalla data della delibera, mentre per gli assenti
dalla data di comunicazione della delibera (art. 1137 c.c.).
Viceversa l'azione
di nullità delle delibere assembleari (cui il condomino può fare ricorso quando
l'assemblea ha deliberato al di fuori delle proprie attribuzioni, art. 1135
c.c.) è imprescrittibile e può essere richiesta da ogni condomino in qualsiasi
tempo.
Per costante
Giurisprudenza sono da considerarsi nulle le delibere adottate
dall'assemblea, allorché non siano state rispettate tutte le formalità per la
convocazione dei condomini: quindi, anche l'omessa convocazione di un solo
condomino, può avere come conseguenza la nullità delle delibere adottate
dall'assemblea.
Quanto alla partecipazione dei condomini in assemblea, con la legge n.220/2012 diventa obbligatoria la DELEGA SCRITTA e nei condomini con più di 20 partecipanti il delegato non potrà rappresentare più di 1/5 dei partecipanti al condominio, a loro volta rappresentativi di non oltre 1/5 del valore millesimale dell'intero edificio.
§6. LA RISCOSSIONE DEI CONTRIBUTI CONDOMINIALI
NEI CONFRONTI DEI CONDOMINI MOROSI
Un altro
aspetto di sicuro interesse della riforma riguarda la riscossione dei
contributi non versati dai condomini morosi, secondo il piano di riparto
stabilito nella rendicontazione condominiale.
Secondo
l'art. 63 delle disp. att. del Codice Civile l'amministratore di condominio è
tenuto ad attivarsi per la riscossione dei contributi non versati entro i sei
mesi successivi alla chiusura dell'esercizio di gestione nel corso del quale i
contributi non versati sono maturati.
Dunque l’amministratore
non è “obbligato” bensì è “tenuto” ad agire per la riscossione coattiva nei
confronti dei condomini morosi; la violazione di questa previsione può
comportare che l’amministratore venga sollevato dal proprio incarico per mala gestio.
Dal momento
che la riscossione dei contributi scaduti e non versati rientra tra i doveri
del buon amministratore, non serve la
preventiva autorizzazione dell'assemblea, trattandosi di un'attività collegata
alla conservazione ed alla tutela del patrimonio condominiale.
L'amministratore
è tenuto a richiedere all'autorità giudiziaria un decreto ingiuntivo di
pagamento immediatamente esecutivo nei confronti dei condomini morosi; i
creditori del condominio, invece, non possono agire nei confronti dei condomini
in regola coi pagamenti, se non dopo avere escusso preventivamente i condomini
morosi.
Nel caso di
una vertenza condominiale tra condomini, ovvero tra condomini e condominio, il
foro competente è quello del luogo dove si trova il condominio (art.23 c.p.c.).
Nel caso in
cui la mora del singolo condomino si sia protratta per un intero semestre,
l'amministratore può sospendere il singolo condomino dalla fruizione dei
servizi comuni che siano suscettibili di un godimento separato.
Infine, chi
subentra nei diritti di un condomino (l’acquirente di un appartamento) è
solidalmente obbligato col venditore al pagamento dei contributi relativi
all'anno in corso ed all'esercizio precedente.
L'assemblea
condominiale può anche deliberare una sanzione pecuniaria da mettere a bilancio
a carico dei condomini morosi fino ad un massimo di € 200,00 mentre per i
condomini recidivi sino ad un massimo di € 800,00.
§7. I PRECEDENTI DI GIURISPRUDENZA
FRAZIONAMENTO
DI UN FABBRICATO - TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETA' A PIU' SOGGETTI -
COSTITUZIONE DEL CONDOMINIO.
Con il frazionamento della proprietà di un edificio a seguito del
trasferimento della proprietà di ciascuna singola unità immobiliare a soggetti
diversi si determina una situazione di condominio, per effetto della quale
rimangono in comunione pro indiviso, tutte quelle parti dell'edificio che per
ubicazione e struttura funzionale risultino destinate a soddisfare esigenze
generali e fondamentali del condominio, salvo che non risulti una chiara
univoca volontà contraria delle parti contraenti (Cass. civ., Sez. II, dd.
22/06/1982, n. 3787).
COSTITUZIONE
DEL CONDOMINIO - APPROVAZIONE DEL REGOLAMENTO CONDOMINIALE.
Il condominio esiste per la sola presenza di un edificio in cui vi
sia una separazione della proprietà per piani orizzontali, indipendentemente
dall'approvazione di un regolamento e dalla validità del medesimo (Cass. civ., Sez. II, dd.
04/06/2008, n. 14813).
FRAZIONAMENTO
DEL FABBRICATO - CONSITUZIONE DEL CONDOMINIO - PRESUNZIONE DI CONDOMINIALITA'
DEI BENI E SERVIZI COMUNI.
Con
l'avvenuta costituzione del condominio si trasferiscono ai singoli acquirenti
dei piani o porzioni di piano anche le corrispondenti quote delle parti comuni,
di cui non è più consentita la disponibilità separata a causa dei concorrenti
diritti degli altri condomini, a meno che non emerga dal titolo, in modo chiaro
ed inequivocabile, la volontà delle parti di riservare al costruttore
originario o ad uno o più dei condomini la proprietà esclusiva di beni che, per
loro struttura ed ubicazione dovrebbero considerarsi comuni. La presunzione di
condominialità di beni e servizi comuni non può essere superata per via
induttiva o per fatti concludenti (Cass. civ. Sez. II, dd. 19/02/2004, n.
3257).
CONDOMINIO E
SUPERCONDOMINIO - COSTITUZIONE DEL SUPERCONDOMINIO - BENI E SERVIZI IN COMUNE
TRA PIU FABBRICATI.
Ai fini della costituzione di un supercondominio non è
necessaria né la manifestazione di volontà dell'originario costruttore, né
quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio,
venendo il medesimo in essere ipso iure et facto, se il titolo o il
regolamento condominiale non dispongono altrimenti. Si tratta di una
fattispecie legale, in cui una pluralità di edifici, costituiti o meno in
distinti condomini, sono ricompresi in una più ampia organizzazione
condominiale, legati tra loro dall'esistenza di talune cose, impianti e
servizi comuni (quali il viale di accesso, le zone verdi, l'impianto di
illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, ecc.) in
rapporto di accessorietà con i fabbricati, cui si applicano in pieno le norme
sul condominio, anziché quelle sulla comunione (Cass. civ. Sez. II dd.
14/11/2012, n.19939).
CONDOMINIO -
INNOVAZIONI - DIVIETO DI OPERE ESEGUITE SULLA PROPRIETA' ESCLUSIVA IN
PREGIUDIZIO DEL DECORO ARCHITETTONICO.
In tema di condominio, devono considerarsi vietate ai sensi
dell'art. 1122 c.c., le opere realizzate dal condomino nella proprietà
esclusiva che comportino una lesione del decoro architettonico dell'edificio,
non trovando al riguardo applicazione la norma dettata dall'art. 1120 c.c. in
tema d'innovazione delle parti comuni. (Cass. civ., Sez. II, dd. 11/02/2005, n. 2743).
CONDOMINIO -
PARTI COMUNI - INNOVAZIONI VIETATE - LESIONE DEI DIRITTI DEI PARTECIPANTI AL
CONDOMINIO.
Poiché l'art. 1102 c.c., nel vietare le
innovazioni pregiudizievoli alle parti comuni dell'edificio, fa
riferimento non soltanto al danno materiale, inteso come modificazione esterna
o della intrinseca natura della cosa comune, ma a tutte le opere che elidono o
riducono in modo apprezzabile le utilità da essa detraibili, anche se di ordine
edonistico, devono ritenersi vietate tutte quelle modifiche che comportino
un peggioramento del decoro architettonico del fabbricato; al riguardo, il
decoro è correlato non solo all'estetica - che è data dall'insieme delle linee
e delle strutture che connotano il fabbricato imprimendogli una determinata
armonia complessiva - ma anche all'aspetto dei singoli elementi o di singole
parti dell' edificio che abbiano una sostanziale e formale autonomia o siano
suscettibili per sè di considerazione autonoma (Cass. civ. Sez. II, dd.
19/01/2005, n. 1076).
CONDOMINIO -
PARTI COMUNI - INNOVAZIONI - OPERE VIETATE - MUTAMENTO DELLA DESTINAZIONE
ECONOMICA - REALIZZAZIONE NEL SOTTOSUOLO DI UN IMPIANTO DI RISCALDAMENTO
AUTONOMO.
In tema di condominio negli edifici, ai fini della
distinzione tra innovazioni consentite ed innovazioni vietate, non basta che la
nuova opera incida sull'entità materiale della cosa comune ma occorre che ne
alteri la sostanza, con mutamento dell'essenza funzionale e strutturale o ne
muti la destinazione (impressavi dalla volontà dei compartecipanti ed espressa
dal titolo: regolamento di condominio, deliberazione assembleare, o
gradatamente dall'uso o dalla natura stessa della cosa). Nella specie, in base
all'enunciato principio la Corte suprema ha annullato la decisione del merito
che aveva ritenuto innovazione vietata l'utilizzazione parziale del sottosuolo
del giardino condominiale per un impianto autonomo di riscaldamento, per cui
era rimasta accertata la mancata alterazione della cosa comune e l'inesistenza
di impedimento all'uso degli altri condomini (Cass. civ. Sez. II, dd. 14/01/1988, n.
6146).
CONDOMINIO -
PARTI COMUNI - LIMITAZIONI ALL'UTILIZZO DA PARTE DEI SINGOLI CONDOMINI -
ALTERAZIONE DEL DECORO ARCHITETTONICO - ALTERAZIONE DELLA DESTINAZIONE
ECONOMICA - REALIZZAZIONE DI UN PASSO CARRABILE AL SERVIZIO DI UN SOLO
APPARTAMENTO NEL CORTILE CONDOMINIALE.
In tema di condominio di edifici, ciascuno condomino può
servirsi delle parti comuni a condizione che non ne alteri la naturale
destinazione, che non pregiudichi la stabilità, la sicurezza e il decorso
architettonico del fabbricato e che non arrechi danno alle singole proprietà
esclusive e non impedisca, infine, agli altri partecipanti, di farne parimenti
uso secondo il loro diritto; con la conseguenza che devono ritenersi vietate le
innovazioni alla cosa comune che ne mutino la sostanza e la forma,
incidendo sull'entità materiale della cosa, alterandone in tutto o in parte la
consistenza, la conformazione o la destinazione impressavi dalla volontà dei
compartecipanti ed espressa dal titolo (regolamento di condominio deliberazioni
assembleari o gradatamente dall'uso o dalla natura stessa della cosa) o che
arrechino limitazioni o danno all'uso degli altri condomini in guisa da turbare
l'equilibrio tra i concorrenti interessi dei medesimi. In applicazione del principio
di cui in massima, è stata ritenuta vietata la costruzione nel cortile comune
di uno scivolo per accedere ad una unità immobiliare sita ad un livello più
alto, attraverso una finestra trasformata in accesso carrabile, in quanto
determinante modificazione della scrittura e della destinazione del cortile,
adibito al servizio di passo carrabile e di area di parcheggio del traffico
veicolare a servizio dell'unità immobiliare utilizzata non più ad uso
abitativo, bensì commerciale (Cass. civ., Sez. II, dd. 10/03/1983, n. 1789).
CONDOMINIO - PARTI COMUNI - MURI PERIMETRALI - MURI PORTANTI - OPERE VIETATE - ATTRAZIONE DELLA COSA COMUNE NELLA PROPRIETA' ESCLUSIVA DI UN SOLO CONDOMINO.
Dall'ambito delle attività consentite a norma dell'art. 1102
c.c. vanno escluse quelle che si risolvono nell'attrazione della cosa
comune o di una sua parte nella sfera di disponibilità esclusiva di un singolo,
cosa che avviene - ad esempio - allorché si diminuisce la consistenza
originaria di un muro maestro e si ingloba il volume vuoto così ottenuto in una
porzione immobiliare di proprietà individuale, in quanto se ne altera la
destinazione e se ne impedisce un uso paritario da parte degli altri condomini (Cass. civ., Sez. II, dd.
09/03/2006, n. 5085).
CONDOMINIO - PARTI COMUNI - MURO PERIMETRALE - APERTURA DI UN VARCO AL SERVIZIO DI UNA SINGOLA UNITA' IMMOBILIARE.
In tema di condominio il principio della comproprietà
dell'intero muro perimetrale legittima il singolo condomino ad apportare ad
esso tutte le modificazioni che gli consentono di trarre dal bene in comunione
una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri
condomini, a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione
dell'esercizio dell'uso del muro comune e di non alterarne la normale
destinazione, e sempre che tali modificazioni non pregiudichino la stabilità ed
il decoro architettonico del fabbricato (Cass. civ., Sez. II, dd. 21/12/2011, n.
28025).
CONDOMINIO - PARTI COMUNI - APERTURA DI UN NUOVO INGRESSO NELL'ANDRONE CONDOMINIALE.
L'apertura nell'androne condominiale di un nuovo ingresso a favore
dell'immobile di un condomino è legittima ai sensi dell'art. 1102 c.c. in
quanto pur realizzando un utilizzo più intenso del bene da parte di quel
condomino, non esclude il diritto degli altri di farne parimenti uso e non
altera la destinazione del bene stesso (Cass. civ., Sez. VI, dd. 14/11/2014, n.
24295).
CONDOMINIO - PARTI COMUNI - MURO PERIMETRALE - FACCIATA - DECORO ARCHITETTONICO - ALLACCIO DI UN TUBO DI SCOLO DELL'ACQUA AL PLUVIALE CONDOMINIALE - OPERE VIETATE.
Atteso che a norma degli
artt. 1102 e 1120 comma II c.c. ciascun condomino può apportare al bene
comune ed a proprie spese eventuali modifiche purchè non ne alteri la
destinazione, la sicurezza, il decoro e la stabilità architettonica e consenta
altresì agli altri conomini di farne parimenti uso, deve essere senz'altro
qualificata come modifica l'apertura di un foro nel muro perimetrale comune per
consentire al tubo di un condizionatore di immettersi nel tubo pluviale condominiale
per scaricare l'acqua di condensa. In particolare, mentre l'apertura di un
piccolo foro nel muro perimetrale costituisce una modifica senz'altro
ammissibile, al contrario l'immissione del tubo portante la condensa
proveniente da un condizionatore nello scarico pluviale condominiale ne altera
di fatto la destinazione, che è unicamente quella di raccogliere le acque
meteoriche, risultando pertanto vietata (Tribunale di Padova, Sez. I, dd. 22/02/2011,
n. 352).
CONDOMINIO - PARTI COMUNI - APPOGGIO DI UNA CANNA FUMARIA ALLA FACCIATA - DECORO ARCHITETTONICO.
La sostituzione di una canna fumaria pertinente ad una unità
immobiliare di proprietà esclusiva non reca di per sè danno alla cosa comune
(la faccia dell'edificio) già utilizzata per l'appoggio, non dovendo alterare
tuttavia il decoro architettonico del fabbricato alla luce del combinato di
sposto degli artt. 1102, 1120 comma II e 1122 c.c. (Cass. civ., Sez. II, dd.
31/07/2013, n.18350).
CONDOMINIO - PARTI COMUNI - TETTO - TRASFORMAZIONE DEL TETTO IN TERRAZZA AL SERVIZIO DI UNA SINGOLA UNITA' ABITATIVA.
Il condomino proprietario dell'appartamento posto al piano
sottostante il tetto condominiale può effettuarne la parziale trasformazione in
terrazza a proprio uso esclusivo, purché risulti che sia salvaguardata mediante
opere adeguate la funzione di copertura e di protezione svolta dal tetto ed che
gli altri condomini non siano privati della reale possibilità di farne uso (Cass. civ., Sez. VI, dd.
04/02/2013, n.2500).
CONDOMINIO - AMMINISTRATORE - GRAVI IRREGOLARITA' - RENDICONTO CONDOMINIALE - REVOCA DELL'AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO.
Costituisce grave irregolarità tale da determinare la revoca
dell'incarico, il comportamento dell'amministratore di condominio che
omette o trascura o ritarda per lungo tempo la presentazione del rendiconto
della gestione, anche se limitatamente a singoli aspetti o settori o parti
di essa (Tribunale
di Messina dd. 29/11/2011).
CONDOMINIO -
AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO - RISCOSSIONE DEI TRIBUTI - CONTO CORRENTE CONDOMINIALE
- GRAVI IRREGOLARITA' GESTIONALI.
L'amministratore - pur in assenza di specifiche norme
che ne facciano obbligo - è tenuto a far affluire i versamenti delle quote
condominiali su un apposito e separato conto corrente intestato al
condominio da lui amministrato, pertanto, la mancata adozione da parte
dell'amministratore di un conto corrente apposito per la gestione
condominiale costituisce perciò "ex se" irregolarità di tale gravità
da comportare la revoca del mandato (Tribunale di Salerno dd. 03/05/2011).
CONDOMINIO -
ASSEMBLEA CONDOMINIALE - DELIBERE ASSEMBLEARI - DELIBERE ANNULLABILI - DELIBERE
NULLE.
Nell'ambito della categoria delle delibere contrarie alla legge o
al regolamento condominiale, sono da ritenersi annullabili le delibere affette
da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali,
regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o
di informazione dell'assemblea; quelle genericamente affette da irregolarità nel
procedimento di convocazione; le delibere viziate da eccesso
di potere o da incompetenza, che invadono cioè il campo riservato
all'amministratore; le delibere che violano norme che richiedono qualificate
maggioranze in relazione all'oggetto. Detti principi non hanno subito
rivisitazioni con la sentenza a Sezioni Unite della Corte di Cassazione n.
4806 del 2005 che si è limitata ad operare una ricognizione delle cause
di nullità e di quelle di annullabilità delle delibere delle
assemblee condominiali, confermando, peraltro, un indirizzo giurisprudenziale
già affermatosi a partire dal 2000 (Tribunale di Roma Sez. V dd. 20/07/2009, n.16013).
CONDOMINIO -
AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO - GRAVI IRREGOLARITA' - POTERE DI REVOCA - REVICA
GIUDIZIALE - PROCEDIMENTO.
In tema di ricorso per la revoca dell'amministratore,
promosso da alcuni condomini adducendo "fondati sospetti di gravi
irregolarità individuati nel non avere l'amministratore medesimo
convocato l'assemblea per "la discussione sulla realizzazione di box-auto
nel sottosuolo condominiale", stante il carattere non contenzioso del
procedimento di volontaria giurisdizione, deve ritenersi inammissibile
ogni statuizione inerente alla proprietà del sottosuolo oggetto dell'intervento
realizzativo delle autorimesse, presupponendo essa l'utilizzo - piuttosto -
della via contenziosa, giacché destinata ad incidere sulla estensione dei
diritti individuali dei partecipanti al condominio (Tribunale di Salerno, Sez. I,
dd. 30/10/2007).
(a cura di avv. Luca Conti).
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