RESPONSABILITA' SANITARIA: ASL E MEDICO DI BASE RISPONDONO IN SOLIDO DEI DANNI AL PAZIENTE
A.S.L. E MEDICO DI BASE RISPONDONO IN SOLIDO
DEI DANNI CAUSATI AL PEZIENTE
La
responsabilità medica conseguente “medical malpractice” trae origine dal “contratto
atipico di spedalità” che lega il paziente al professionista e/o alla struttura
sanitaria (pubblica o privata) cui si è rivolto in cerca di cure.
Sussiste responsabilità
medica ogni volta che viene dimostrato il nesso causale tra la lesione del
diritto alla salute del paziente e la condotta dolosa, colposa od omissiva
dell'operatore sanitario, in concomitanza o meno con le inefficienze e carenze
di una struttura sanitaria.
Quando gli
effetti di una cura non sono quelli desiderati ovvero quando gli operatori hanno
colposamente violato i protocolli sanitari per la cura di una determinata
patologia, sorge nel paziente il diritto ad essere risarcito dei danni sofferti.
Le norme che
regolano la responsabilità medica (da ultimo citiamo la legge “Gelli”
n.24/2017) si applicano tanto nei confronti di operatori sanitari e strutture
private, quanto nei confronti di soggetti pubblici, medici di base e A.S.L.
L'A.S.L.,
infatti, è responsabile ai sensi dell’art. 1228 c.c. (responsabilità per il
fatto degli ausiliari) del fatto illecito commesso dal medico di base con essa
convenzionato, nell'esecuzione di prestazioni curative che siano comprese tra
quelle assicurate e garantite dal S.S.N. in base ai livelli stabiliti dalla
legge: è questo il principio enunciato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.6243 del
27/03/2015 la
quale ha ritenuto responsabili in solido tanto l'azienda sanitaria locale
quanto il medico di base per i danni cagionati al paziente a causa della
negligenza del proprio convenzionato.
Più
precisamente, la Corte di Cassazione ha ritenuto che “la A.S.L. è
responsabile civilmente, ai sensi dell'articolo 1228 del c.c., del fatto
illecito che il medico con essa convenzionato per l'assistenza medico-generica,
abbia commesso in esecuzione della prestazione curativa, ove resa nei limiti in
cui la stessa è assicurata e garantita dal S.S.N. in base ai livelli stabiliti
secondo la legge”.
Infatti
l'obbligo
di erogare la prestazione curativa di tipo generico per quanto coperto
dal S.S.N. sussiste
solo in capo all'azienda sanitaria locale, che per svolgerlo si avvale anche dei medici di base
convenzionati.
A
nulla rileva che la scelta del medico di base sia operata dal paziente, dal
momento che l'obbligatorietà della prestazione compete solo ed esclusivamente
sulla A.S.L., mentre il rapporto di convenzionamento coi medici di base serve
soltanto a coordinare l'azione delle strutture operative a gestione diretta con
i medici di "medicina generale" cui è affidata l'assistenza primaria,
ivi compresa la continuità assistenziale garantita a livello ambulatoriale e
domiciliare dai medici di guardia.
La
responsabilità
che
ricade sulla A.S.L. per il fatto dei propri ausiliari è dunque di tipo contrattuale e trova il proprio
fondamento nell'obbligatorietà dei livelli essenziali di assistenza medica
stabiliti dalla legge.
Sulla
stessa linea si pone anche una successiva pronuncia della Corte di Cassazione che con la sentenza n.6436 del
31/03/2015
aveva ritenuto fondata la responsabilità solidale tanto della A.S.L. quanto del
medico convenzionato, in un caso di richiesta risarcitoria promossa da due
genitori per i danni cagionati al proprio figlio, un neonato colpito da
meningite a causa delle carenze igienico / strutturali della struttura
sanitaria.
In
precedenza, tuttavia, va segnalato l'orientamento diametralmente opposto della
giurisprudenza di legittimità, laddove la stessa Corte di Cassazione con la sentenza n.41982 del
25/10/2012 aveva
negato la sussistenza dell'invocata responsabilità solidale in capo alla A.S.L.
nel caso di un paziente deceduto per una emorragia cerebrale cagionata della
negligenza del proprio medico, che aveva omesso di prescrivergli un esame
emocromocitometrico stante la gravità della patologia di cui soffriva.
Così
si esprimeva ai tempi la Corte di Cassazione con la sentenza n.41982 /2012: “in tema di colpa
medica, la A.S.L. non risponde quale responsabile civile dei danni, conseguenza
di reato, arrecati da un medico generico convenzionato (cosiddetto medico di
base), posto che il rapporto tra essi, pur sostanziandosi nella prestazione di
un'opera professionale che ha i connotati della collaborazione coordinata e continuativa,
non è caratterizzato dal controllo da parte dell'ASL circa il contenuto o la
qualità della prestazione stessa né può essere definito di pubblico impiego”.
Ancor
prima, sempre la Corte
di Cassazione con
la sentenza
n.36502 del 11/04/2008 (ex multis si veda anche Cass. pen., sez. IV,
n.34460 del 14/08/2003) aveva
negato che dalla condotta negligente del medico di base in danno del paziente
potesse ricavarsi una qualche forma di responsabilità solidale della A.S.L. ai
sensi degli artt. 1228 c.c. (responsabilità per il fatto degli ausiliari) e/o
2049 c.c. (responsabilità dei padroni e dei committenti): “in ordine ai
danni arrecati dal medico convenzionato a un paziente, deve escludersi che
possa esserne chiamata a rispondere, quale responsabile civile, la Asl. Una
responsabilità della Asl, infatti, non può ravvisarsi in base agli articoli
1218 e 2043 del codice civile, visto che la prestazione sanitaria è fornita
direttamente dal medico, che è unico debitore del «servizio sanitario», con
esclusione di qualunque relazione fra l'azienda sanitaria e il paziente. Né la
responsabilità della Asl può essere ipotizzata invocando il disposto degli
articoli 1228 e 2049 del codice civile, giacché non ricorre né un rapporto di
immedesimazione organica né di ausiliarietà fra l'azienda sanitaria e il medico
convenzionato, che va considerato alla stregua di un libero professionista del
tutto autonomo, scelto dal paziente in piena libertà. Del resto, la Asl, in
concreto, non esercita alcun potere di vigilanza, controllo e direzione sul
medico convenzionato, il quale è del tutto libero sia nella predisposizione
dell'organizzazione che mette a disposizione del paziente, sia nella scelta
delle cure da praticare”.
Dunque,
con la sentenza
n.6243/2015
la Corte di Cassazione ha compiuto un deciso balzo in avanti a maggior tutela
del paziente, ribaltando diametralmente l'orientamento fatto proprio in
precedenza, arrivando ad affermare i seguenti principi:
a)
il primo ed unico titolare dell'obbligatorietà delle prestazioni sanitarie
essenziali è la A.S.L. e non il medico di base;
b)
il medico di base nell'attuare le prestazioni sanitarie essenziali coperte dal
S.S.N. non opera come libero professionista, bensì come longa manus della
stessa A.S.L.;
c)
la prestazione eseguita dal medico di base costituisce soltanto il momento
esecutivo di una prestazione obbligatoria e preesistente per legge a protezione
del paziente;
d)
il meccanismo del convenzionamento assicura esclusivamente il coordinamento tra
le varie strutture sanitarie e la A.S.L. che è titolare dell'obbligazione;
e)
a nulla rileva che la scelta del medico di base sia effettuata dal paziente,
dal momento che il medico viene scelto tra quelli iscritti in apposti registri
tenuti ed aggiornati proprio dalla A.S.L.
Ne
segue che l'azienda sanitaria locale in quanto destinataria del precetto
costituzionale stabilito dall'art. 32 della Costituzione (tutela della salute
quale diritto fondamentale di ogni individuo) è tenuta ad eseguire correttamente
le
prestazioni coperte dal S.S.N. (ossia le prestazioni assistenziali minime), rispondendo del danno
procurato al paziente in caso di inadempimento ovvero di inesatto adempimento
della prestazione dovuta ai sensi dell'art. 1218 c.c.; laddove per eseguire
detta prestazione si sia avvalsa dei medici di base convenzionati, in virtù del
rapporto di preposizione e di coordinamento continuativo tra A.S.L. ed il
medico convenzionato, la
A.S.L. risponde solidalmente con quest'ultimo ai sensi dell'art. 1228 c.c. del
danno cagionato al paziente da medical malpractice.
(a
cura di Avv. Luca Conti).
Commenti
Posta un commento