RESPONSABILITA' SANITARIA: LA RIFORMA GELLI
L'EVOLUZIONE DELLA RESPONSABILITA' SANITARIA
ALLA LUCE DELLA RIFORMA GELLI
(Legge n.24 del 08/03/2017)
La
responsabilità sanitaria derivante da “medical malpractice” trae origine dal contratto
atipico di spedalità o da "contatto sociale" e sussiste ogni
volta che viene dimostrato il NESSO DI CAUSALITA' tra la LESIONE DEL DIRITTO ALLA SALUTE del paziente e la CONDOTTA (commissiva od omissiva) DOLOSA O COLPOSA dell'operatore sanitario,
in concomitanza o meno con le inefficienze e carenze di una struttura
sanitaria.
Il concetto
di responsabilità sanitaria si riferisce alle azioni ovvero alle omissioni di un
sistema più o meno complesso di persone, in cui il SOGGETTO CONTRATTUALMENTE DEBOLE è il paziente, ossia colui che è destinatario di prestazioni mediche di ogni tipo (diagnostiche,
preventive, ospedaliere, terapeutiche, chirurgiche, estetiche, assistenziali,
ecc.) svolte da SOGGETTI CONTRATTUALMENTE FORTI, ossia da medici e personale sanitario con diversificate qualificazioni, quali
infermieri, assistenti sanitari, tecnici di radiologia medica, tecnici di
riabilitazione e così via.
Quando gli
effetti di una cura non sono quelli sperati ovvero quando gli operatori hanno dolosamente o colposamente (per negligenza, imprudenza o imperizia) violato i protocolli sanitari per la cura di una determinata
patologia, sorge nel paziente il diritto ad essere risarcito dei danni
sofferti, che possono essere di varia natura: dal danno biologico (temporaneo o
permanente), al danno estetico, al danno morale per le sofferenze causate
dall’aggravamento di una patologia, ed infine a tutti i danni patrimoniali che
ne sono diretta conseguenza (ulteriori spese mediche, perdita della capacità
lavorativa, ecc.).
In data 01/04/2017 è entrata in vigore la legge n.24/2017 del
08/03/2017 meglio nota come "Legge Gelli", che contiene
nuove disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona
assistita, nonché in materia di responsabilità professionale per gli esercenti
le professioni sanitarie.
Scopo della legge è quello riorganizzare, attraverso una nuova e
più uniforme disciplina (valida sia per le strutture pubbliche sia per quelle private), la sicurezza delle cure mediche quale corollario del
diritto alla salute (art.1), determinando nuovi criteri per la prevenzione del
rischio, introducendo nuovi principi di trasparenza e la cartella clinica
digitale (art.4), ed infine riformando le norme penali col proposito di
limitare il più possibile la responsabilità penale degli esercenti le
professioni sanitarie ai soli casi di dolo e colpa grave (art.5).
TRASPARENZA DEI DATI E CARTELLA CLINICA
Il primo aspetto di particolare interesse della riforma attiene
alla "trasparenza dei dati" del paziente, disciplinata dall'art. 4 della Legge n.24/2017.
Ai sensi dell'art.4 "(...) le prestazioni
sanitarie erogate dalle strutture pubbliche e da quelle private sono soggette
all'obbligo di trasparenza (...) entro sette giorni dalla richiesta il paziente
ha diritto di ricevere tutta la documentazione sanitaria, preferibilmente in
formato elettronico, mentre le eventuali integrazioni devono essere fornite al
paziente entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta (...)".
DEPENALIZZAZIONE IN CASO DI IMPERIZIA
IL SUPERAMENTO DEL DISTINGUO TRA COLPA GRAVE E COLPA LIEVE
Il secondo aspetto di rilievo attiene, invece, alla
DERESPONSABILIZZAZIONE PENALE degli esercenti la professione medica,
introducendo nel codice penale l'art. 590 sexies c.p.: (...)
se i fatti di cui agli artt. 589 e 590 c.p. (omicidio colposo e
lesioni personali colpose) sono commessi nell'esercizio della professione
sanitaria, si applicano le pene ivi previste, salvo quanto disposto dal II
comma. Qualora l'evento dannoso si sia verificato a causa di imperizia, la
punibilità è esclusa se sono state rispettate le linee guida come definite e
pubblicate ai sensi di legge, ovvero in mancanza di queste se sono state
rispettate le buone pratiche clinico assistenziali (...).
L'introduzione nel Codice Penale dell'art. 590 sexies c.p. equivale
a limitare ai soli casi di dolo o colpa grave la responsabilità
penale del medico, il quale se si è attenuto alle linee guida della comunità
scientifica ovvero se ha agito in conformità alla buona prassi clinico /
assistenziale, risponderà per i danni cagionati al paziente solo in sede civile ed ai sensi dell'art. 2043 c.c. (responsabilità extracontrattuale).
IL RISARCIMENTO DEL DANNO IN SEDE CIVILE
Si viene - così - al terzo aspetto di rilievo della riforma:
l'inquadramento sotto il profilo civilistico della responsabilità di strutture
sanitarie (pubbliche e private) e degli esercenti le professioni sanitarie (medici, chirurghi, etc.) per i danni cagionati al paziente, disciplinata dall'art. 7 della legge n.24/2017.
Ai sensi dell'art. 7 (...) la struttura sanitaria pubblica
o privata che nell'adempimento della propria obbligazione si avvale di
esercenti la professione sanitaria - ancorché scelti dal paziente e non
dipendenti dalla struttura stessa - risponde delle loro condotte dolose o
colpose ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c. (...) l'esercente
la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell'art.
2043 c.c., salvo che abbia agito nell'adempimento di un'obbligazione contrattuale
assunta col paziente. Il giudice, nella determinazione del risarcimento, tiene
conto della condotta dell'esercente la professione sanitaria ai
sensi dell'art. 5 e dell'art. 590 sexies c.p. (...) il danno conseguente
all'attività della struttura sociosanitaria pubblica o privata e dell'operatore
sanitario è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli artt. 138 e 139
del codice delle assicurazioni [D. Lgs. 209 del 07/09/2005].
Dalla norma che precede si possono trarre i seguenti insegnamenti:
a) il rapporto che lega il paziente alla struttura sanitaria (indipendentemente
dalla natura pubblicistica o privatistica della stessa) è sempre di natura
contrattuale, sicché la stessa risponde dei danni al paziente sotto forma
di inadempimento contrattuale ai sensi degli artt. 1218 c.c. (inadempimento contrattuale) e art. 1228 c.c. (responsabilità per il fatto degli ausiliari).
b) il rapporto che lega il paziente al singolo operatore sanitario all'interno
di una struttura complessa non è mai di natura contrattuale, sicché egli
risponde civilmente ai sensi del solo art. 2043 c.c.
c) nella determinazione dell'entità del danno il Giudice deve
tenere conto della condotta dell'operatore sanitario, ossia se questi si sia
conformato o meno alle buone pratiche mediche ed alle linee guida avallate
dalla comunità scientifica o in mancanza dalla prassi.
d) nella determinazione del risarcimento il Giudice si deve
attenere alle tabelle previste dagli artt. 138 e 139 del codice delle
assicurazioni.
IL TENTATIVO DI MEDIAZIONE OBBLIGATORIA
Ai sensi dell'art.8 della legge n.24/2017 prima di
esperire l'azione risarcitoria in giudizio, il paziente che lamenta un danno
da medical malpractice deve attivare la procedura di cui
all'art. 696 bis c.p.c. (consulenza tecnica preventiva ai
fini della composizione della lite) o in alternativa il tentativo di
mediazione obbligatoria previsto dall'art. 5 D. Lgs. n.28/2010 (tentativo di mediazione
obbligatoria): in entrambi i casi, l'esperimento di questi due strumenti
deflattivi del contenzioso civile (alternativi tra loro) è condizione di
procedibilità della successiva causa civile; tocca al convenuto eccepire
non oltre la prima udienza la violazione dell'art.8 della presente legge,
oppure può essere rilevato d'ufficio.
Allorché il giudice civile accerti che la procedura prevista dall'art.
696 bis c.p.c. non è stata espletata ovvero che non si è
ancora conclusa, concede alle parti un termine di 15 gg. per la
presentazione del ricorso innanzi a sè, ovvero per il completamento della
procedura; solo con la mancata conciliazione (che in ogni caso deve essere
tentata dal C.T.U. prima del deposito della relazione) ovvero con la mancata
conclusione della procedura entro sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda
risarcitoria diviene procedibile. Viceversa, nel caso di deposito della
consulenza sono salvi gli effetti della domanda, se viene depositato il ricorso ex art.
702 bis c.p.c. avanti lo stesso giudice che ha trattato
la procedura il procedimento di cui al comma I.
Dalla lettura dell'art.8 si possono trarre i seguenti
insegnamenti:
a) prima di procedere in giudizio col deposito della domanda
risarcitoria occorre sempre tentare la conciliazione;
b) la consulenza tecnica preventiva di cui all'art. 696 bis c.p.c.
o il tentativo di mediazione di cui all'art. 5 D. Lgs. 28/2010 sono condizioni
di procedibilità della causa di risarcimento danni;
c) il consulente tecnico d'ufficio deve sempre tentare la
conciliazione;
d) se la conciliazione non riesce, la domanda giudiziale diventa
procedibile;
e) se è stata espletata la procedura di consulenza tecnica
preventiva, il successivo passo - in caso di mancata conciliazione - sarà il
deposito del ricorso ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c.
[processo sommario di cognizione];
f) se, viceversa, si è tentata la via della mediazione civile
prevista dall'art.5 D. Lgs. 28/2010, il successivo passo in caso di mancato
accordo sarà l'instaurazione di un giudizio ordinario.
L’AZIONE DIRETTA NEI CONFRONTI DELL’ASSICURAZIONE
Con la "Riforma Gelli" viene introdotta, inoltre, l'azione
diretta del paziente danneggiato nei confronti dell'assicurazione della
struttura sanitaria, mentre l'operatore sanitario che lavora alle dipendenze della struttura risponderà per danni al paziente solo nei limiti dell'art. 2043
c.c. (responsabilità extracontrattuale).
Ai sensi dell'art.12 della legge n.24/2017 "(...)
il soggetto danneggiato ha diritto di agire direttamente nei confronti
dell'impresa assicuratrice che presta la copertura assicurativa alla struttura
sanitaria pubblica o privata, ovvero all'esercente la professione sanitaria
(...) nel giudizio promosso nei confronti dell'impresa assicuratrice della
struttura è litisconsorte necessaria la struttura stessa; nel
giudizio promosso nei confronti dell'impresa assicuratrice dell'esercente la professione
sanitaria è litisconsorte necessario l'esercente stesso (...)
l'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'impresa di assicurazione è
soggetta al termine di prescrizione pari a quello dell'azione promossa nei
confronti della struttura o dell'esercente la professione sanitaria (...)".
Per effetto delle norme che precedono, il rapporto tra il singolo operatore sanitario o medico (dipendente di struttura ospedaliera sia privata che pubblica) ed il paziente è stato
riequilibrato nell'ottica di limitare il più possibile il proliferare di
cause risarcitorie in danno dei medici ed è tornato ad essere di natura extracontrattuale,
inquadrato come un'obbligazione di mezzi e non più di risultato: stante la
legge GELLI e visto che l'operatore sanitario risponderà per danni solo ai
sensi dell'art. 2043 c.c., spetterà al paziente danneggiato allegare le prove
della responsabilità del medico.
Inoltre, sono stati calmierati i parametri risarcitori che vengono
importati dalla RC auto (artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni).
Per effetto di questo nuovo quadro normativo, permane di natura
contrattuale solo il rapporto che lega il paziente alla struttura sanitaria
complessa, la quale è tenuta ad assicurarsi e ad assicurare gli operatori che
lavorano alle sue dipendenze, mentre il singolo medico (all'interno della
struttura complessa) risponderà solo a titolo di responsabilità aquiliana.
In ottica risarcitoria: la determinazione dell'entità del
risarcimento dovuto al paziente potrà essere subordinata da parte del giudice
civile ad una valutazione postuma dell'operato del medico ed in
quest'ottica diminuita oppure aumentata a seconda che l'operatore
sanitario si sia o meno uniformato alle linee guida avallate dalla comunità
scientifica ovvero, in mancanza di esse, alla buona prassi medico
assistenziale.
Per quanto riguarda, infine, la cosiddetta "azione di
rivalsa o di responsabilità amministrativa" disciplinata dall'art.9
della legge n.24/2017 nei confronti dell'esercente la prestazione
sanitaria per danno erariale, questa competerà al pubblico ministero presso la CORTE
DEI CONTI e sarà limitata ai soli casi di dolo / colpa grave del
medico: sarà - pertanto - valutata la condotta dell'operatore sanitario
rispetto alle linee guida ed alla prassi nosocomiale di cui si è detto sopra,
tenuto anche conto di eventuali difficoltà organizzative della struttura
sanitaria.
Se l'operatore sanitario non è stato parte del giudizio o della
procedura di mediazione svoltasi solo tra paziente, struttura sanitaria e
compagnia di assicurazione, l'azione di rivalsa nei suoi confronti potrà essere
esercitata solo a seguito del pagamento del danno ed a pena di
decadenza entro un anno dal suo pagamento. In ogni caso, la sentenza del
giudice civile che ha definito il contenzioso tra paziente, struttura e impresa
di assicurazione non fa stato nel giudizio di rivalsa nei confronti
dell'esercente la professione sanitaria che non vi abbia preso parte; nel
giudizio di rivalsa ed in quello di responsabilità amministrativa il
giudice può desumere argomenti di prova dalle prove assunte nel giudizio
instaurato dal danneggiato contro la struttura sanitaria, solo se l'esercente è
stato parte di quel giudizio. L'eventuale transazione intervenuta tra paziente
danneggiato, struttura sanitaria ed impresa di assicurazione non è mai
opponibile all'operatore sanitario nel giudizio di rivalsa.
(a cura di avv. Luca Conti)
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