IL DIRITTO ALLA PROVVIGIONE DELL'AGENTE IMMOBILIARE







 L'AGENTE IMMOBILIARE HA DIRITTO ALLA PROVVIGIONE IN RELAZIONE ALL'AFFARE CONCLUSO PER EFFETTO DELLA SUA MEDIAZIONE

Il mediatore professionale è colui che mette in relazione due o più parti per la conclusionale di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da un rapporto di collaborazione, di dipendenza e/o di rappresentanza (art.1754 c.c.).

Per l’attività di mediazione in relazione all’affare concluso (art. 1351 c.c.), il mediatore ha diritto ad un compenso detto “provvigione”, che è posto equamente a carico di tutte le parti contraenti; la misura della provvigione è determinata secondo gli accordi stipulati tra mediatore, promissario acquirente e promittente venditore, oppure in mancanza di tale accordo la misura del compenso è stabilita dalle tariffe professionali, dagli usi oppure - in ultima soluzione - da un giudice secondo equità (art. 1755 c.c.).
La provvigione è, dunque, la retribuzione spettante al mediatore consistente nella percentuale sull’importo lordo dell’affare che si è concluso per effetto e conseguenza della sua attività: altrimenti detto, per la maturazione del diritto alla provvigione è sufficiente che il mediatore abbia messo in contatto le parti e che queste abbiano concluso l’affare.
Ai sensi dell’art. 2950 c.c. il diritto alla provvigione si prescrive in un anno dalla conclusione dell’affare: ossia il mediatore deve agire nei confronti delle parti contraenti per la riscossione del proprio compenso entro un anno dalla conclusione dell’affare (art. 1351 c.c.), decorso il quale la provvigione non sarà più esigibile.
Tanto premesso, un problema che spesso si pone ai mediatori è quello legato alla riscossione della provvigione, quando le parti contraenti - dopo essere state messe in contatto dal mediatore - vanno a rogito autonomamente, ossia si accordano in proprio scavalcando la figura del mediatore.
In questi casi il diritto al compenso è ugualmente dovuto da entrambe le parti in egual misura, se la conclusione dell’affare è riconducibile - ossia in rapporto di causalità - all’attività di intermediazione.
Il Tribunale Roma, Sezione X, con la Sentenza del 9 ottobre 2017 n. 18972 ha stabilito che: “(…) il diritto del mediatore alla corresponsione della provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'attività intermediatrice, senza che sia richiesto un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l'attività del mediatore e la conclusione dell'affare, essendo sufficiente, che il mediatore, pur in assenza di un suo intervento in tutte le fasi della trattativa ed anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo, abbia messo in relazione le stesse, sì da realizzare l'antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata. Dunque, al fine dell'effettiva maturazione, in capo al mediatore, del diritto al compenso provvigionale, è necessario verificare se il medesimo, con la sua opera, abbia realizzato l'antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione del contratto. Grava sul mediatore l'onere di provare l'esistenza dell'incarico di mediazione oltre che dell'utile e valido contributo causale tra la propria attività e la conclusione dell'affare (…)”.
Sulla stessa linea si è pronunciato il Tribunale Bari, Sezione II civile, che con la Sentenza del 17 luglio 2015 n. 3307 ha ritenuto che: “(…) in tema di contratto di mediazione e diritto alla provvigione, è sufficiente perché il mediatore ed il procacciatore abbiano diritto al compenso che i medesimi abbiano posto in contatto i soggetti interessati e che l'affare, per effetto del loro intervento, si sia concluso. Ciò in quanto detto contratto si caratterizza per la prestazione di una attività di intermediazione finalizzata a favorire fra terzi la conclusione degli affari (…)”.
Particolarmente interessante è anche una sentenza della Corte di Cassazione, Sezione III, che con la sentenza del 07.04.2005 n. 7251 ha stabilito che: “(…) l'attività di mediazione e la maturazione del diritto alla provvigione sono frutto e conseguenza dell'incontro delle volontà dei soggetti interessati e dell'utile messa in contatto delle parti. Pertanto il mediatore, interponendosi in maniera neutra ed imparziale fra le parti, ha solo l'onere di metterli in contatto fra loro, appianarne eventuali divergenze e farli pervenire alla conclusione dell'affare concordato ed il suo diritto alla provvigione nasce dall'adempimento di questi oneri, a prescindere dalla identità dei soggetti coinvolti nella trattativa (…)”.
Si può - pertanto - concludere che con la stipula del contratto di mediazione le parti interessate ad un certo affare non necessariamente s’impegnano a portarlo a termine, ma certamente s’impegnano a pagare il compenso al mediatore qualora l'affare stesso venga concluso.
Ne deriva che, in tema di mediazione immobiliare, la mancata conclusione del contratto di vendita integra una mancata realizzazione di una condizione essenziale (condicio sine qua non) per la validità del contratto e pertanto fa venire meno il diritto del mediatore al compenso, anche quando tale evento si sia verificato per cause non direttamente riconducibili alla sua attività.  Il compenso non è dovuto solo nel in caso di mancata conclusione dell'affare, mentre è dovuto tutte le volte che la conclusione dell’affare si ponga in rapporto di causalità con l’attività del mediatore, salvo che la conclusione dello stesso sia frutto di iniziative del tutto nuove ed autonome delle parti, non riconducibili in alcun modo all'attività del mediatore.

(a cura di Avv. Luca Maria Conti)


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