APPELLO CIVILE: FILTRO E INAMMISSIBILITA'
LA RIFORMA DEL CODICE DI PROCEDURA CIVILE
IL FILTRO DI INAMMISSIBILITA'
DELL'APPELLO CIVILE
Introduzione
all'art. 54 D.L. n.83/2012.
Con
decorrenza 11 settembre 2012, è entrato in vigore l'art.54 del cd.
"decreto sviluppo" D.L. n.83/2012 che apporta alcune modifiche
al codice di procedura civile ed in particolare all'art. 348 c.p.c.
L'art. 348 c.p.c. è la norma che disciplina la cd. "improcedibilità dell'appello": l'appello è dichiarato improcedibile, anche d'ufficio, se l'appellante non si costituisce nei termini, ovvero nel caso di costituzione tempestiva se l'appellante non compare in prima udienza, né tanto meno alla seconda udienza a ciò fissata dal collegio.
A questa norma sono stati aggiunti gli artt. 348 bis e ter c.p.c. che regolano invece "l'inammissibilità dell'appello" per ragioni di merito e che di fatto introducono nel sistema delle impugnazioni un generalizzato "filtro" che si pone quale nuovo strumento deflattivo per ridurre il carico dei contenziosi pendenti.
Art.
348 bis c.p.c.: fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con
sentenza l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, l'impugnazione è
dichiarata inammissibile dal Giudice competente, quando non ha una ragionevole
probabilità d'essere accolta.
Il
primo comma dell'art. 348 bis c.p.c. non si applica
quando: a) l'appello è proposto relativamente a una delle cause di
cui all'articolo 70 primo comma c.p.c. (trattasi dei procedimenti in cui è
obbligatorio l'intervento del P.M.); b) l'appello è proposto a norma
dell'art. 702 quater c.p.c. (trattasi in buona sostanza delle
cause promosse secondo il rito della cognizione sommaria)
Ciò
significa che a partire dal 11/09/2012 e con particolare riguardo alle sentenze
pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto, gli avvocati che intendessero
promuovere appello dovranno indefettibilmente indicare nell'atto introduttivo
del giudizio i profili sostanziali che dovrebbero garantire un probabile
accoglimento del gravame.
Si tratta dunque di un filtro, che nel tempo dovrebbe ridurre il numero dei contenziosi in secondo grado di giudizio, portando così il giudizio civile a due soli gradi, anziché tre come ora: in previsione futura, dunque, l'appello diventerà una sorta di eccezione processuale, esattamente come negli altri stati europei dove il grado d'appello non costituisce la regola, ma solo l'eccezione.
L'intenzione del Legislatore è evidentemente quella di limitare il più possibile gli appelli promossi con intento meramente dilatorio e di sensibilizzare gli operatori del diritto (giudici ed avvocati) sul modo di intendere e di trattare una controversia giudiziaria.
La conseguenza diretta
della riforma per i Giudici sarà l'obbligo per questi ultimi di studiarsi gli
atti ed i documenti di causa già in occasione della prima udienza, cosa che
consentirà loro di delibare sulla inammissibilità o meno dell'appello. La
prognosi del Giudice sarà dunque imperniata non tanto su questioni preliminari
di diritto quanto piuttosto sugli elementi di fatto della causa che,
a suo giudizio (sindacabile), possono determinare immediatamente una pronuncia
di inammissibilità (ordinanza su questioni di fatto per infondatezza della
causa).
Non è chiaro, poi, per quale ragione il filtro dell'appello non si applichi alle cause in cui è obbligatorio l'intervento del P.M. (quelle in materia di diritto di famiglia) ed a quelle promosse col rito alternativo della cognizione sommaria (art. 348 bis lett. a) e b) c.p.c.). Almeno, per quanto riguarda questi ultimi procedimenti regolati dagli artt. 702 bis e ss. c.p.c. l'intento del Legislatore sembrerebbe essere quello di garantire all'appellante (soccombente in primo grado a cognizione sommaria) un gravame non pregiudizialmente sincopato dal filtro, così incentivando indirettamente anche l'utilizzo dei procedimenti di cognizione sommaria, che ad oggi non incontrano un particolare gradimento da parte degli operatori del diritto.
Occorre,
infine, evidenziare l'estrema genericità della locuzione adottata dal
Legislatore "ragionevole probabilità di essere accolta": infatti,
pare sin troppo evidente che si tratta di un parametro rimesso ad una
valutazione eccessivamente discrezionale del Giudice d'appello, il quale anche
per ragioni di tempo e di praticità potrebbe, in assenza di una specifica
eccezione da parte dell'appellato, evitare di dover decidere subito, rimettendo
comunque il tutto alla sentenza finale. In definitiva, troppo generico e troppo
vago è il riferimento a questa "ragionevole probabilità".
Art.
348 ter c.p.c.: all'udienza di cui all'articolo 350 c.p.c. -
udienza di trattazione - il giudice, prima di procedere alla trattazione,
dichiara inammissibile l'appello, a norma dell'articolo 348-bis, primo
comma, c.p.c. con ordinanza succintamente motivata, anche mediante il
rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il
riferimento a precedenti conformi.
Il giudice, quindi, provvede sulle spese a norma dell'articolo
91 c.p.c. L'ordinanza di inammissibilità è pronunciata solo quando, sia
per l'impugnazione principale che per quella incidentale di cui all'articolo 333 c.p.c., ricorrono i presupposti di cui al
primo comma dell'articolo 348-bis. c.p.c.
Un elemento di riflessione circa l'applicazione dell'art. 348 ter c.p.c. riguarda il meccanismo di controllo dell'ordinanza che pronuncia l'inammissibilità dell'appello: qual è il regime d'impugnazione di quest'ordinanza?
Come
si legge nella norma poc'anzi riportata, non sta scritto da nessuna parte che
l'ordinanza d'inammissibilità non sia impugnabile, ma nello stesso tempo il
meccanismo di controllo non è espressamente previsto.
Prima facie pare di potersi escludere il rimedio dell'impugnazione straordinaria per Cassazione a norma dell'art. 111 VII comma della Costituzione. Invece, pare assai più plausibile che il meccanismo di controllo sull'ordinanza de qua sia soddisfatto col ricorso ex art. 360 c.p.c. avverso la sentenza di primo grado, laddove la parte processualmente interessata a contrastarla (la parte soccombente) sia nella condizione di poter dedurre col ricorso in Cassazione a norma dell'art. 360 c.p.c. non solo la violazione di norme di diritto da parte del Giudice di prime cure, ma anche e contestualmente la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 348 bis e ter c.p.c. da parte del Giudice d'appello; diversamente, se così non fosse, si dovrebbe concludere che il Legislatore ha indirettamente creato un Giudice (quello dell'appello) del tutto immune da censure.
Altrimenti detto,
quando è pronunciata l'inammissibilità dell'appello, contro il
provvedimento di primo grado può essere proposto a norma dell'articolo 360
c.p.c. il ricorso per cassazione nei limiti dei motivi specifici esposti
con l'atto di appello.
Quando,
invece, l'inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle
questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per
cassazione di cui al comma precedente può essere proposto esclusivamente
per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell'articolo 360 c.p.c.
Anche
in questo caso, per evitare inutili e fuorvianti ricorsi per cassazione ed un
ingiustificato aggravio delle liti pendenti dinnanzi alla magistratura
superiore, sarebbe stato più opportuno - intanto - rendere espressamente
obbligatoria la pronuncia preliminare sull'inammissibilità dell'appello, e -
poi - escludere in radice la ricorribilità per cassazione dell'ordinanza:
in altre parole, sarebbe stato sufficiente legiferare nel senso che l'ordinanza
prevista dall'art. 348 ter c.p.c. fosse espressamente "inimpugnabile"
giusto per porre un freno alla prassi sin troppo dilagante di proporre motivi
d'impugnazione, al solo scopo di rinviare sine die l'esito finale di una
lite.
*****
Ambito
di applicazione ed entrata in vigore delle nuove norme.
2.
Le disposizioni di cui al comma 1, lettere a), c), d) ed e) si applicano
ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di
cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo
a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto.
3.
La disposizione di cui al comma 1, lettera b), si applica alle sentenze
pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto.
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