AZIONE POSSESSORIA E OPPOSIZIONE DEL TERZO ALL'ESECUZIONE
RICORSO PER LA REINTEGRAZIONE DEL POSSESSO
ED OPPOSIZIONE DI TERZO ALL'ESECUZIONE
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FATTISPECIE: CAIO, possessore illegittimo di un immobile di proprietà esclusiva di TIZIO che ne assume lo spoglio in proprio danno, viene convenuto a giudizio dallo stesso TIZIO, chee ne domanda la reintegrazione. Il ricorso possessorio di TIZIO viene accolto dal Tribunale, che condanna CAIO a reintegrarlo nel possesso dell'immobile, libero da persone e cose. SEMPRONIA, convivente more uxorio di CAIO rimasta estranea al giudizio possessorio tra TIZIO e CAIO, ricorre al Giudice dell'Esecuzione per bloccare nei propri confronti l'attuazione dell'ordinanza di reintegrazione ottenuta da TIZIO, notificandogli un atto di
opposizione ai sensi dell'art. 615 comma 1 c.p.c.
SEMPRONIA, per resistere all'attuazione dell'ordinanza di reintegrazione, non deduce la lesione di un diritto reale, bensì una situazione di mero fatto o signoria collegata al rapporto di more uxorio con CAIO.
SEMPRONIA, per resistere all'attuazione dell'ordinanza di reintegrazione, non deduce la lesione di un diritto reale, bensì una situazione di mero fatto o signoria collegata al rapporto di more uxorio con CAIO.
QUESITO: è ammissibile l'opposizione ex art. 615 c.p.c. della terza SEMPRONIA (convivente di CAIO) per tutelare la propria "signoria" rispetto all'immobile che forma l'oggetto della reintegrazione in favore di TIZIO?
La risposta è negativa, come recentemente statuito dal Tribunale di Roma, VII Sezione Civile.
Nel caso che precede è chiaro che se il terzo opponente nulla prova in ordine alla legittimità del proprio rapporto col bene immobile che è oggetto di reintegrazione ai sensi dell'art. 1168 c.c., ossia se non deduce in giudizio quale sia il diritto che lo lega al bene e che richia di essere pregiudicato per effetto e conseguenza della reintegrazione, l’opposizione non può essere accolta.
Un'opposizione di questo tipo, vale a dire non suffragata dal riferimento ad un diritto autonomo dell'opponente, si palesa del tutto inammissibile; oltre a ciò, rileva anche il fatto che, essendo l'ordinanza di reintegrazione resa tra i soli TIZIO e CAIO, la convivente more uxoreio SEMPRONIA - formalmente non destinataria dell'ordine di reintegrazione (semmai destinataria di fatto) non è legittimata ad opporla per difetto di identità tra soggetto intimato e soggetto opponente.
Infatti, l’opposizione all’esecuzione promossa da SEMPRONIA ai sensi dell’art. 615 comma 1 c.p.c. introduce un giudizio ordinario che dovrebbe vedere, come legittimato attivo, il soggetto contro cui l’esecuzione è stata intrapresa, e come oggetto la contestazione del diritto dell’istante a procedere all’esecuzione.
Ad avviso dello scrivente avvocato, considerato che nel frattempo l'ordinanza di reintragzione del possesso è destinata ad acquisire l’efficacia di giudicato, qualora non venga reclamata ovvero qualora venga rigettato il reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c., e non essendo ormai più prevista come necessaria la struttura bi-fasica del giudizio possessorio, SEMPRONIA dovrebbe radicare ben altro tipo di azione, non certamente l’opposizione all’esecuzione e, semmai, promuovere prima un intervento ad adiuvandum nella causa possessoria, oppure promuovere una opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c.
Infatti,
CONCLUSIONE: secondo il prudente giudizio dello scrivente avvocato, avallato anche dall'orienjtamento della corte territoriale capitolina, il terzo opponente rimasto estraneo al giudizio possessorio svoltosi tra il propriaerio TIZIO ed il possessore di malafede CAIO, il quale terzo vanta esclusivamente una situazione di mero possesso o signoria rispetto al bene oggetto di reintegrazione, per contrapporsi all'attuazione dell'ordinanza può proporre solo l'opposizione ai sensi dell'art. 404 c.p.c. una volta che l'ordinanza di accoglimento del ricorso abbia acquisito gli effetti del "giudicato"; viceversa, in pendenza di reclamo promosso ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c. dal soccombente CAIO, lo strumento a tutela del terzo è quello dell'opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c., ma solo se l'opponente sia in grado di dedurre e provare la lesione / compromissione di un proprio "autonomo diritto" meritevole di tutela da opporre alle ragioni dell'istante.
Milano, lì 17 gennaio 2013.
Avv. Luca Conti
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