Visualizzazioni totali

http://avvlucaconti.blogspot.it/

La mia foto
Italy
DIRITTO CIVILE - DIRITTO DI FAMIGLIA - SEPARAZIONI E DIVORZI - DIRITTI DELLE PERSONE - RESPONSABILITA' SANITARIA - DIRITTI DEI CONSUMATORI - CONTRATTUALISTICA - PRATICHE DI RISARCIMENTO DANNI - RECUPERO CREDITI - SUCCESSIONI - VERTENZE CONDOMNIALI - CIRCOLAZIONE DI VEICOLI, IMBARCAZIONI E NATANTI - APPALTI - DIFESA PENALE

Cerca nel blog (approfondimenti, formulari, pareri legali)

martedì 18 dicembre 2018

IL BILANCIO DEL CONDOMINIO TRA PREVENTIVO, CONSUNTIVO E CRITERIO DI CASSA







ASPETTI CONTABILI E RISVOLTI LEGALI DEL BILANCIO CONDOMINIALE 


Tra i doveri dell’amministratore di condominio rientra quello di rendere conto ai condomini del proprio operato e della gestione contabile del condominio.

Il documento contabile, che chiude l’esercizio di gestione e che comprende tra l’altro la ripartizione delle spese tra i condomini, l’ammontare dei contributi riscossi e delle spese sostenute verso i fornitori, è il CONSUNTIVO DI GESTIONE.

Al termine della gestione annuale, che di solito coincide con l’anno solare, l'amministratore redige il RENDICONTO o CONSUNTIVO DI GESTIONE e lo presenta all’assemblea dei condomini per l’approvazione. 

L'assemblea deve essere convocata entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio di gestione: oltre alla CONVOCAZIONE l’amministratore allega il consuntivo dell’esercizio appena trascorso ed il PREVENTIVO DI GESTIONE per l’esercizio seguente. 

L’assemblea con la maggioranza prevista dall’art.1136 c.c. valuta ed approva il documento (in seconda convocazione col voto favorevole della maggioranza degli intervenuti a loro volta rappresentativi di almeno 1/3 dell’intero valore millesimale dell’edificio).

La legge, riferendosi alla contabilità condominiale, non fa mai menzione della parola “bilancio”, sicché se ne desume che lo stesso andrà redatto senza l’osservanza dei principi contabili richiesti per il bilancio di società.  

Ciò non di meno, il RENDICONTO DI GESTIONE deve essere redatto secondo criteri di chiarezza e veridicità utilizzando il criterio "di cassa", così da renderlo facilmente intellegibile ai condomini.

Come detto sopra, il CONSUNTIVO DI GESTIONE deve esprimere con chiarezza tutte le spese sostenute dall’amministratore nel corso della propria gestione, le somme che sono transitate in entrata ed in uscita dal c/c condominiale (che - lo ricordiamo - deve essere separato e distinto da quello dell’amministratore), le spese sostenute nei confronti dei fornitori (ad esempio, per la fornitura della corrente elettrica, dell’acqua potabile, per lo smaltimento dei rifiuti, per le pulizie delle aree comuni, per gli interventi di manutenzione degli impianti, etc.) e le somme che sono state riscosse nei confronti dei condomini, compresi quelli morosi. 

Il rendiconto contiene - altresì - il PIANO DI RIPARTO DELLE SPESE, ossia la ripartizione delle spese condominiali tra tutti i condomini in base alle tabelle millesimali o ad altri criteri d’imputazione (ad esempio, gli addebiti particolari per richieste d’intervento del singolo condomino e le spese di giustizia sostenute nei confronti dei morosi).

Il rendiconto approvato dall’assemblea con il relativo piano di riparto è la condizione necessaria per ottenere dall'Autorità Giudiziaria un DECRETO INGIUNTIVO DI PAGAMENTO IMMEDIATAMENTE ESECUTIVO nei confronti dei condomini morosi. 

A questo riguardo, è bene ricordare che un altro dovere previsto per legge in capo all’amministratore è il recupero dei contributi non versati, da effettuarsi entro sei mesi dalla chiusura dell’ultimo esercizio.

Oltre al CONSUNTIVO DI GESTIONE, l’assemblea vota anche il PREVENTIVO DI GESTIONE, ossia il documento che sintetizza le spese stimate per la gestione successiva a quella appena conclusa e le ripartisce tra i condomini secondo un piano di riparto desumibile dal rendiconto di gestione.

Tanto il RENDICONTO DI GESTIONE quanto il PREVENTIVO DI GESIONE diventano documenti ufficiali del condominio solo con l’approvazione dell'assemblea. 

In difetto di approvazione, le quote di spesa dovranno essere ripartite e versate dai condomini secondo l'ultimo preventivo di gestione approvato, e soprattutto non si potrà procedere con i conguagli di fine gestione.

Il condomino non è tenuto ad approvare il consuntivo di gestione ed il piano di riparto se li ritiene errati nei conteggi, oppure se gli vengono addebitate spese non di sua competenza: in questo caso il condomino esprime voto contrario all’approvazione, dandone adeguata motivazione a verbale; ma se il consuntivo viene approvato lo stesso, il condomino presente che ha espresso voto contrario può impugnarlo, ricorrendo all’Autorità Giudiziaria - previo esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria - per chiedere l’annullamento della delibera che ha approvato il consuntivo. Il termine per impugnare - per i condomini presenti e dissenzienti - è di 30 gg. dalla data dell’assemblea.

Al contrario, il condomino assente in assemblea può parimenti impugnare il verbale che ha approvato il consuntivo, ma il termine di 30 gg. non decorre dalla data dell’assemblea (come per i presenti), ma dalla data di ricezione del verbale stesso. In ogni caso, per impugnare il verbale ed il consuntivo occorre esperire preliminarmente il TENTATIVO DI MEDIAIZONE OBBLIGATORIA c/o un Organismo a ciò preposto; la domanda di mediazione sospendere il decorso del termine di 30 gg. per adìre all’Autorità Giudiziaria. Se il tentativo di mediazione fallisce, allora il condomino potrà promuovere l’azione di impugnazione in Tribunale rispettando sempre il termine di 30 gg. di cui sopra, che tornerà a decorrere dalla data del verbale di mediazione negativo; l’atto introduttivo del giudizio deve essere necessariamente un ATTO DI CITAZIONE e non un ricorso, sotto pena di INAMMISSIBILITA’.

Se il bilancio condominiale è falso o redatto in modo da occultare delle somme allo scopo di sottrarle al condominio o ai singoli partecipanti si può ricorrere alla magistratura per dimostrarne la nullità. Il ricorso per nullità richiede la presenza di vizi gravi, ma è possibile da parte di chiunque e in qualsiasi tempo.
Tornando agli ERRORI che potrebbero inficiare la validità del RENDICONTO DI GESTIONE, oltre alla non corretta imputazione delle spese sui singoli condomini in base alle tabella millesimali, ricorre spesso la non corretta tenuta della contabilità, ossia l’inserimento a bilancio delle “entrate” e delle “uscite” secondo criteri errati: e sebbene non ci sia un’espressa previsione normativa in tema di criteri da usare, per costante giurisprudenza si ritiene che il CRITERIO da preferire sia quello “DI CASSA”, perché è il migliore a rendere intellegibile lo stato patrimoniale del condominio. Pertanto, laddove l'assemblea abbia approvato un consuntivo che non sia improntato al CRITERIO DI CASSA e, quindi, violi i diritti dei condomini ad avere un quadro preciso dello stato patrimoniale, lo stesso ben potrà essere dichiarato illegittimo (si veda Tribunale di Roma, Sez. V, 02/10/2017).

A riprova di quanto sopra, la Corte di Cassazione ha ritenuto che “(…) in tema di condominio degli edifici, per la validità della delibera di approvazione del bilancio preventivo non è necessario che la relativa contabilità sia tenuta dall'amministratore con rigorose forme analoghe a quelle previste per i bilanci delle società, essendo invece sufficiente che essa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione (…)”, (si veda Cass. civ., Sez. II, dd. 11/01/2017, n.454).

Infine, deve ritenersi nulla la delibera condominiale di approvazione del bilancio, qualora la contabilità presentata dall’amministratore del condominio NON SIA IDONEA a rendere intelligibili ai condomini le voci di entrata e di uscita. Infatti, se è indubbio che il bilancio condominiale può essere redatto con forme meno rigorose di quello sociale, è altrettanto indubbio che lo stesso deve consentire comunque ai condomini di conoscere le singole voci di entrata e di uscita attraverso l’utilizzo del criterio di cassa (si veda Tribunale di Arezzo, 11/02/2011).

(a cura di Avv. Luca Conti)


 


lunedì 17 dicembre 2018

L'ABBATTIMENTO DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE NEI CONDOMINI








LE BARRIERE ARCHITETTONICHE  NEI CONDOMINI: LA REALIZZAZIONE DI UN ASCENSORE FINALIZZATO AD ABBATTERLE (a chi compete e chi ne deve sostenere i relativi costi)


LA DELIBERA ASSEMBLEARE PER LA REALIZZAZIONE DI UN ASCENSORE CONDOMINIALE.
In ambito condominiale, l'installazione di un ascensore all’interno di un’area comune ad un edificio che ne sia sprovvisto, finalizzata ad eliminare le barriere architettoniche, costituisce un'innovazione che - ai sensi dell’art.2, commi 1 e 2, della legge n. 13/1989 nonché dell’art.1120 comma 2 n.2 c.c. - va approvata dall'assemblea condominiale con la maggioranza prescritta dall' art. 1136, commi 2 e 3, c.c.

a)    in prima convocazione l’assemblea è regolarmente costituita con la presenza di almeno i 2/3 del valore dell’intero edificio e la delibera per l’installazione di un ascensore è valida se riporta il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in rappresentanza di almeno 500 millesimi;
b)    in seconda convocazione l’assemblea è regolarmente costituita con la presenza di almeno 1/3 del valore dell’intero edificio, mentre la delibera è valida se riporta il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 333,33 millesimi.


LA RICHIESTA DEL CONDOMINO ALL’AMMINISTRATORE.
Il/i condomini interessato/i alla realizzazione di un ascensore per abbattere le barriere architettoniche deve farne richiesta scritta all’amministratore, che entro 30 gg. è tenuto a convocare l’assemblea. Alla richiesta deve essere allegato il progetto ed il relativo preventivo di spesa; in difetto l’amministratore, prima di convocare l’assemblea, deve invitare il/i condomino/i ad integrare la documentazione mancante.
Se la delibera non ottiene i voti sufficienti per l’approvazione dell’intervento, l’ascensore può comunque essere realizzato dal/i condomino/i dal portatore/i di handicap ma a proprie spese, e con l'osservanza dei limiti imposti dagli artt. 1120 e 1121 c.c.

DIVIETI DA OSSERVARE NELL’ESECUZIONE DELL’OPERA.
Ne consegue che l’installazione di un ascensore sarà vietata nei seguenti casi:

a)    se altera il decoro architettonico dell’edificio;
b)    se può recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza dell’intero edificio;
c)     se può rendere talune parti dell’edificio inservibili al godimento anche di un solo condomino.

LA FACOLTA’ ANCHE DI UN SOLO CONDOMINO DI REALIZZARE A PROPRIE SPESE UN ASCENSORE.
Fatta eccezione per le ipotesi sopra descritte, non può essere inibito al/i condomino/i portatore/i di handicap di installare, anche a proprie spese, un ascensore, in quanto detto manufatto è indispensabile ai fini dell'accessibilità dell'edificio e della reale abitabilità dell'appartamento. Sarebbe, pertanto, nulla la disposizione contenuta nel regolamento di condominio che facesse divieto anche ad un solo condomino di avvalersi di tale facoltà. Altrimenti detto: l'installazione di un ascensore e la conseguente modifica delle parti comuni non possono essere impediti per una disposizione del regolamento condominiale che subordini l'esecuzione dell'opera stessa all'autorizzazione del condominio; fermo restando l’assoggettabilità dell’opera al vaglio dell’assemblea, anche in caso di voto contrario il singolo condomino potrà comunque realizzarla assumendosene interamente il costo, purché questa non violi le disposizioni di cui agli artt. 1120 e 1121 c.c. sopra descritte.

LA PARTECIPAZIONE DEGLI ALTRI CONDOMINI ALLA REALIZZAZIONE DELL’IMPIANTO: COSTI DI ESECUZIONE E DI MANUTENZIONE.
Resta in ogni caso fermo il limite imposto dall’art. 1121 c.c. a proposito delle innovazioni “eccessivamente gravose”: pertanto, ove l’impianto comporti costi di realizzazione eccessivamente gravosi ovvero sia suscettibile di utilizzazione separata, a sostenerne il costo saranno soltanto i condomini favorevoli all’intervento e che intendono farne uso. Nulla vieta, però, agli altri partecipanti al condominio di cambiare idea in qualunque momento e di avvantaggiarsi dell’innovazione, contribuendo però sia alle spese di esecuzione sia a quelle di manutenzione.
Da quanto precede, emerge che l’ascensore realizzato dopo la costruzione dell’edificio, per iniziativa di una parte dei condomini e a spese di questi ultimi, non rientra nella proprietà comune di tutti i condomini, ma appartiene in proprietà comune solo a quelli che l’abbiano impiantato a proprie spese:  questo manufatto dà luogo ad una particolare comunione parziale dei proprietari dell’ascensore, una comunione che è distinta dal condominio stesso, almeno fino a quando tutti i condomini non abbiano deciso di parteciparvi. Infatti, l’art. 1121, comma 3, c.c. consente agli altri condomini che inizialmente non hanno partecipato alla realizzazione dell’impianto di parteciparvi in epoca successiva, divenendo partecipi della comproprietà dell’opera con l’obbligo di pagarne pro quota le spese impiegate per l’esecuzione, aggiornate al valore attuale, ed ovviamente contribuendo alle spese di manutenzione.

L’ABBATTIMENTO DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE NEI CONDOMINI: NON SPETTA SOLO AI DISABILI.
Con riferimento all’abbattimento delle barriere architettoniche si è pronunciato anche il Consiglio di Stato, secondo il quale “(…) la richiesta di abbattimento delle barriere architettoniche può essere richiesta non solo dai disabili, ma anche da chi ha disagi fisici e/o motori o da chi può ricevere una potenziale visita da questi soggetti. Interessa anche gli edifici sottoposti a vincolo e l'autorizzazione può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato (…)” (nel caso all’esame del Consiglio di Stato, un'anziana condomina di uno stabile soggetto a vincolo di particolare interesse culturale aveva chiesto alla Sovraintendenza l'autorizzazione per installare nella corte interna un ascensore esterno, che le era stato illegittimamente negato).

CONSIDERAZIONI FINALI
L’installazione di un ascensore in un edificio che ne sia sprovvisto è sempre possibile, ed anzi è incentivata dal legislatore, a condizione che non siano violati i divieti di cui agli artt. 1120 u.c. e 1121 c.c.
Il condomino o i condomini che intendono procedere alla realizzazione dell’opera devono farne richiesta scritta (debitamente documentata) all’amministratore, che entro 30 gg. deve convocare l’assemblea per la relativa delibera.
Se la delibera non incontra il voto favorevole dell’assemblea secondo le maggioranze previste dall’art. 1136 c.c., l’opera potrà comunque essere realizzata, ma con spese ad esclusivo carico di chi ne faccia richiesta e fermi restando i divieti previsti dall’art. 1120 u.c. e 1121 c.c.
I condomini dissenzienti potranno sempre avvalersi in un secondo momento dell’impianto, a condizione che ne sopportino pro quota le spese di realizzazione e quelle successive di manutenzione.
Fino a quando tutti i condomini non avranno aderito all’opera, l’impianto non entra a far parte delle parti comuni dell’edificio.
E’ nulla ed improduttiva di effetti la disposizione del regolamento condominiale che impedisca al singolo condomino di avvalersi della facoltà prevista dall’art. 1120 c.c. (realizzazione di un impianto per abbattere le barriere architettoniche), facoltà riservata non solo ai disabili, manche a coloro che siano vittime di disagi fisici e/o motori.

GIURISPRUDENZA DI RIFERIMENTO
Cass. civ. Sez. VI, dd. 09/03/2017, n.6129; Cass. civ. Sez. VI, dd. 14/09/2017, n.21339; Cass. civ. Sez. II, dd. 04/09/2017, n.20713; Cass. civ. Sez. II, dd. 04/09/2017, n.20713; Cass. civ. Sez. II, dd. 28/03/2017, n. 7938; Cass. civ.  Sez. II, dd. 05/12/2018, n. 31462; Consiglio di Stato Sez. VI, dd. 18/10/2017, n.4824; Cass. civ. Sez. VI, dd. 14/09/2017, n.21339 .

(a cura di Avv. Luca Conti)