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lunedì 18 novembre 2019

DECADENZA DALL'ASSEGNAZIONE DELLA DIMORA FAMIGLIARE








CHI ABBRACCIA UNA NUOVA RELAZIONE
MORE UXORIO PERDE IL DIRITTO AL GODIMENTO
DELLA DIMORA FAMIGLIARE

In tema di ASSEGNAZIONE DELLA CASA FAMIGLIARE nell’ambito dei procedimenti per separazione o per divorzio, ovvero ancora nei procedimenti di MODIFICA DELLE CONDIZIONI assunte in sede di SEPARAZIONE O DIVORZIO, l’art. 337 sexies c.c. afferma che il godimento della casa famigliare è attribuito tenendo conto dell’interesse prioritario dei figli; dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi considerato l’eventuale titolo di proprietà; il godimento della casa famigliare viene meno nel caso in cui l’assegnatario:
a)     cessi di abitare stabilmente nella stessa dimora;
b)    abbracci stabilmente una nuova convivenza more uxorio;
c)     contragga nuove nozze.
Dalla lettura della norma in esame sembrerebbe a prima vista che una nuova convivenza more uxorio comporti automaticamente la revoca del provvedimento di assegnazione della casa; al contrario, non è sempre così.
Infatti, per espressa volontà del legislatore l'assegnazione della casa famigliare è sempre e comunque subordinata ad una valutazione del primario interesse dei figli (minorenni o maggiorenni ma non ancora economicamente autosufficienti) a permanere nella casa dove sono nati e cresciuti; per logica conseguenza, se da un lato il non abitare più nella stessa dimora ovvero l’aver contratto nuove nozze comporta indefettibilmente la revoca del provvedimento di assegnazione in precedenza adottato, limitatamente al caso della CONVIVENZA MORE UXORIO la pronuncia di decadenza non è automatica, mentre spetterà al giudice di riesaminare il caso nel suo complesso, avendo sempre e comunque come primo e principale parametro l’interesse dei figli a restare nella stessa casa insieme al genitore presso il quale sono prevalentemente allocati.
Su questo punto si veda, in particolare, la sentenza della Corte Costituzionale n.308 del 30/07/2008, la quale richiesta di un parare di legittimità costituzionale dell’art. 155 quater c.c. (oggi sostituito dall’art. 337 sexies c.c.) in relazione agli artt. 2, 3, 29 e 30 cost. ha ritenuto che il senso della norma succitata vada interpretato nel senso che il diritto di godimento della casa famigliare non viene meno di diritto al verificarsi della convivenza more uxorio, ma che ciò sia subordinato ad un giudizio di conformità all’interesse del minore.

ALTRI RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI

Tribunale Palermo, Sez. I, Ordinanza dd. 29/12/2016
In tema di assegnazione della casa familiare, la mera circostanza dell'instaurazione di una convivenza more uxorio non può reputarsi elemento sufficiente a giustificare alcun automatismo a scapito del diritto di godimento della casa familiare, essendo la revoca dell'assegnazione subordinata ad un giudizio di conformità all'interesse del minore.

Tribunale Modena, Decreto dd. 18/04/2007
La prova (nella specie incompleta) della convivenza "more uxorio" della madre assegnataria della casa familiare non determina l'automatica cessazione del relativo diritto. In linea con un'interpretazione complessiva e costituzionalmente orientata della norma si impone una nuova valutazione in ordine all'effettiva sussistenza dell'interesse del figlio a mantenere il radicamento della propria dimora in tale ambiente.

Tribunale Salerno, Sez. I, decreto dd. 26/03/2015
Deve ritenersi che il disposto di cui all'art. 337 sexies del Codice Civile, proprio in considerazione del rinvio operato dall'art. 337 bis del ridetto codice, possa applicarsi anche in caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio, dal momento che condizione essenziale ed indefettibile perché vi sia il provvedimento di assegnazione è l'interesse dei figli, siano minorenni o maggiorenni non autosufficienti, essendo finalità della norma non è più l'affidamento dei figli minori bensì la tutela della prole in genere e la conservazione dell'ambiente domestico e degli affetti.

Cass. civ., Sez. VI, Ordinanza dd. 13/12/2018, n. 32231
In tema di separazione dei coniugi il godimento della casa familiare è attribuito tenendo conto dell'interesse dei figli e questo risponde all'esigenza, che ne costituisce al contempo l'unica ragione, di consentire ai figli di genitori separati di conservare l'habitat domestico, da intendersi come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare.

Cass. civ. Sez. VI - 1 Ord., 07/02/2018, n. 3015
In tema di separazione e divorzio, il provvedimento di assegnazione della casa coniugale è subordinato alla presenza di figli, minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, conviventi con i genitori: tale "ratio" protettiva, che tutela l'interesse dei figli a permanere nell'ambiente domestico in cui sono cresciuti, non è configurabile in presenza di figli economicamente autosufficienti, sebbene ancora conviventi, verso cui non sussiste alcuna esigenza di speciale protezione.


Cass. civ., Sez. VI, Ordinanza dd. 07/02/2018, n. 3015
Il provvedimento di assegnazione della casa coniugale in sede di divorzio, come desumibile dall'art. 6, comma 6, della legge n. 898 del 1970 - analogamente a quanto previsto, in materia di separazione, dagli artt. 155 e, poi, 155 quater c.c., introdotto dalla legge n. 54 del 2006, ed ora 337 sexies c.c., introdotto dall'art. 55 del d.lgs. n. 154 del 2013 -, è subordinato alla presenza di figli, minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, conviventi con i genitori: tale "ratio" protettiva, che tutela l'interesse dei figli a permanere nell'ambito domestico in cui sono cresciuti, non è configurabile in presenza di figli economicamente autosufficienti, sebbene ancora conviventi, verso cui non sussiste alcuna esigenza di speciale protezione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 05/06/2015)

(a cura di Avv. Luca Conti)

martedì 12 novembre 2019

LA TUTELA DEL CREDITO ATTRAVERSO L'AZIONE REVOCATORIA SEMPLIFICATA





L’AZIONE REVOCATORIA SEMPLIFICATA
(art. 2929 bis c.c.)

In un momento storico complesso, caratterizzato da una crisi congiunturale diffusa, la tutela del credito è una delle attività più ricorrenti dello Studio Legale, che passa - anzitutto - attraverso uno screening del soggetto debitore ed una valutazione sulla fattibilità del recupero del credito insoluto.
Attraverso lo strumento dell’ingiunzione di pagamento telematica, si ottiene in tempi rapidi dall’Autorità Giudiziaria un provvedimento che permette al creditore di espropriare i beni utilmente pignorabili del debitore, per trasformare in denaro contante il diritto di credito scritto su carta.
Può tuttavia capitare che il debitore, pur di non incappare in un’espropriazione, sottragga i propri beni al creditore, simulandone l’alienazione titolo gratuito ovvero assoggettandoli ad un vincolo di indisponibilità (trust).
Il rimedio contro questo genere di atti fraudolenti è rappresentato dall’azione revocatoria semplificata.
L’azione revocatoria semplificata, regolata dall’art. 2929 bis c.c., è stata introdotta dal legislatore nel codice civile per garantire una più efficace e rapida tutela del credito contro atti di alienazione a titolo gratuito e/o vincoli di indisponibilità tesi a diminuire le garanzie patrimoniali in capo al debitore.

L’art. 2929 bis c.c. e la Sezione cui esso appartiene sono stati inseriti nel codice civile dall'art.12 del D.L. 83/2015 in vigore dal 27.06.2015 e trova applicazione esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del citato decreto con decorrenza dal 21.08.2015.
L’ultima modifica alla norma, ed in particolare ai commi II, III e IV, è stata apportata dall'art. 4 comma I bis del D.L. n.59/2016.

L’azione revocatoria regolata dall’art. 2929 bis c.c. si va ad affiancare, ma non a sostituire, all’azione revocatoria ordinaria regolata invece dall’art. 2901 c.c., che al contrario di quella semplificata prevede tempi molto più lunghi essendo soggetta al rito civile ordinario: si contano mediamente fino a 1372 gg. per ottenere solo una pronuncia di primo grado.

Nella prassi accade che il creditore, il quale rischia di essere pregiudicato da un atto fraudolento del debitore può procedere ad esecuzione forzata sia contro il debitore (espropriazione diretta presso il debitore) sia contro terzi (espropriazione indiretta presso terzi) munito solo del titolo esecutivo, ancorché non abbia preventivamente ottenuto una sentenza dichiarativa di inefficacia dell’atto pregiudizievole, ed a condizione che trascriva l’atto di pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto pregiudizievole è stato a propria volta trascritto.

Se il bene oggetto di pignoramento è stato trasferito ad un terzo per effetto dell’atto pregiudizievole, il creditore promuoverà l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario.

Al contrario dell’azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.) che s’introduce con atto di citazione a giudizio e sottostà al rito ordinario, l’azione revocatoria semplificata s’introduce direttamente con l’atto di pignoramento a cura del creditore procedente munito del solo titolo esecutivo che ne consacra il credito. 

Un’altra differenza con l’azione revocatoria ordinaria sta nel fatto che quella semplificata si prescrive in un anno da quando l’atto pregiudizievole è stato trascritto nei pubblici registri, mentre quella prevista dall’art. 2901 c.c. si prescrive in cinque anni.

Ed ancora: mentre l’azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.) non consente al creditore di aggredire subito il bene alienato, occorrendo prima ottenere una sentenza passata in giudicato, la revocatoria semplificata consente di aggredire subito con pignoramento il bene alienato o sottoposto a vincolo.

Oggetto dell’atto pregiudizievole, e per conseguenza dell’azione revocatoria semplificata, sono i beni immobili e quelli mobili iscritti nei pubblici registri appartenuti al patrimonio debitore.

La donazione - di regola - costituisce il tipico atto a titolo gratuito che può essere aggredito con l’azione revocatoria semplificata, ma non solo: può trattarsi - ad esempio - della cessione di un bene immobile da un coniuge all’altro nell’ambito di un giudizio di separazione o di divorzio; oppure ancora l’atto costitutivo di un fondo patrimoniale o di un trust (sia “auto-dichiarato” dove c’è coincidenza tra istitutore del trust e trustee, sia “puro” dove non c’è coincidenza tra istitutore del trust e trustee); o ancora dell’atto costitutivo di una ipoteca volontaria su un bene immobile.

Le condizioni per l’esperimento dell’azione regolata dall’art. 2929 bis c.c. sono:

Che il credito sia consacrato da un titolo esecutivo;

Che l’atto del debitore crei un vincolo di indisponibilità o di alienazione a titolo gratuito su un proprio bene immobile o mobile iscritto nei pubblici registri;

Che l’atto effettivamente rechi un pregiudizio alle ragioni del creditore, il quale per effetto di quell’atto rischia di perdere le garanzie che aveva di recuperare il proprio credito (pericolo reale ed attuale);

Che l’atto di pignoramento, col quale si dà corso all’azione esecutiva, sia trascritto nei pubblici registri entro dodici mesi da quando è stato trascritto l’atto pregiudizievole che s’intende impugnare.

Il debitore ed il terzo (che ha ricevuto il bene a titolo gratuito) assoggettati all’espropriazione forzata possono contestare il fondamento ed i presupposti dell’azione revocatoria semplificata coltivata dal creditore attraverso le opposizioni regolate dal Titolo V Libro III del codice di procedura civile (opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. / opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c.): per effetto dell’opposizione incomberà sul soggetto creditore, sebbene convenuto a giudizio, di fornire in giudizio la prova della fondatezza della revocatoria intrapresa.

IL RIFERIMENTO NORMATIVO

Art. 2929 bis c.c. (espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito):
Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, ad esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, interviene nell’esecuzione da altri promossa.
Quando il bene, per effetto o in conseguenza dell’atto, è stato trasferito a un terzo, il creditore promuove l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario ed è preferito ai creditori personali di costui nella distribuzione del ricavato. Se con l’atto è stato riservato o costituito alcuno dei diritti di cui al primo comma dell’articolo 2812, il creditore pignora la cosa come libera nei confronti del proprietario. Tali diritti si estinguono con la vendita del bene e i terzi titolari sono ammessi a far valere le loro ragioni sul ricavato, con preferenza rispetto ai creditori cui i diritti sono opponibili.
Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all’esecuzione di cui al titolo V del libro terzo del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma o che l’atto abbia arrecato pregiudizio alle ragioni del creditore o che il debitore abbia avuto conoscenza del pregiudizio arrecato.
L’azione esecutiva di cui al presente articolo non può esercitarsi in pregiudizio dei diritti acquistati a titolo oneroso dall’avente causa del contraente immediato, salvi gli effetti della trascrizione del pignoramento.


(a cura di Avv. Luca Conti).




giovedì 7 novembre 2019

LA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA






LA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA


1) Introduzione alla "mediazione obbligatoria": la formulazione originaria dell'art. 5 del Decreto Legge n.28/2010.

2) La nuova mediazione obbligatoria dopo il Decreto Legge "del fare".

3) Altre novità introdotte dal Decreto Legge “del fare”.


*****

1) La formulazione originaria dell'art. 5 D.L. 28/2010.
1. Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente ad esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal D. Lg.s dd. 8/10/2007 n.179 ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al D. Lgs. 1/9/1993 n.385 e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'art. 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non e' stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37 e 140, nonché 140 bis del Codice del Consumo.

2. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio  di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può invitare le stesse a procedere alla mediazione. L'invito deve essere rivolto alle parti prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non e' prevista, prima della discussione della causa. Se le parti aderiscono all'invito, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'art. 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.

3. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, ne' la trascrizione della domanda giudiziale.

4. I commi 1 e 2 non si applicano:
a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'art. 667 c.p.c.
c) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'art. 703 comma III c.p.c.
d) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata;
e) nei procedimenti in camera di consiglio;
f) nell'azione civile esercitata nel processo penale.

5. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, se il contratto, lo statuto ovvero l'atto costitutivo dell'ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o l'arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'art. 6. Allo stesso modo il giudice o l'arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi. La domanda è presentata davanti all'organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti ad un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di cui all'art. 4 comma I. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all'atto costitutivo, l'individuazione di un diverso organismo iscritto.

6. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'art. 11 presso la segreteria dell'organismo.



2) La nuova mediazione obbligatoria dopo il Decreto Legge "del fare".
Tra i vari interventi legislativi del Governo Letta in favore del processo civile, il Decreto Legge n.69/13 meglio noto come il D.L. "del fare" ha introdotto importanti novità per quanto riguarda la mediazione obbligatoria, già disciplinata dall'art. 5 del D.L. n.28/2010, successivamente abrogata ed ora ripristinata con alcune novità.

La mediazione obbligatoria è stata ripristinata decorsi trenta giorni dall'approvazione delle Legge di conversione del Decreto Legge "del fare" a propria volta approvata nei sessanta giorni successivi al 22/06/2013, corrispondente alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del testo del decreto.

Il Decreto Legge "del fare" ha apportato una rilevante modifica al testo dell'art. 5 comma I del D.L. n.28/2010: infatti, sono state escluse dalla mediazione obbligatoria le cause di risarcimento del danno provocato dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, contrariamente a quanto previsto nell'originaria formulazione (vedi sopra).

Pertanto, ad oggi la mediazione obbligatoria quale condizione di procedibilità per l'esperimento dell'azione in giudizio è limitata alle controversie in materia di: 

1) condominio; 
2) diritti reali; 
3) divisione; 
4) successione ereditaria; 
5) patti di famiglia;
6) locazione; 
7) comodato; 
8) affitto di azienda; 
9) responsabilità sanitaria; 
10) diffamazione a mezzo stampa; 
11) contratti assicurativi, bancari e finanziari.

Restano, dunque, escluse le sole controversie in materia di risarcimento del danno provocato dalla circolazione di veicoli e natanti: una scelta che se per un verso potrebbe anche apparire un bene, considerata la delicatezza e per molti aspetti il tecnicismo della materia (essendo capitato non di rado di imbattersi in organismi di mediazione non sempre competenti), per un altro verso sembrerebbe  invece una scelta dannosa, considerata la mole di cause di questo tipo che intasano le aule di giustizia. A questo punto, vista la scelta opinabile del Legislatore, per la stessa ragione sarebbe stato preferibile escludere dalla mediazione obbligatoria anche le controversie in materia di "responsabilità sanitaria".

Curiosamente, però, restano assoggettate alla mediazione obbligatoria le controversie aventi per oggetto i contratti assicurativi: una scelta che a prima vista sembrerebbe un controsenso rispetto alla scelta sopra descritta, essendo queste controversie pur sempre attinenti alla materia della R.C. auto ed alle cause di risarcimento del danno provocato dalla circolazione di veicoli e natanti. 

Si pensi - ad esempio - ad una causa di risarcimento danni conseguenti ad un sinistro stradale, che vedesse quale contraddittore processuale anche la Compagnia di Assicurazione del responsabile, citata non solo dal danneggiato ma anche (ed appositamente) dal responsabile del sinistro per inadempimento contrattuale: una chiamata in causa giustificata per ipotesi all'omessa ovvero all'insufficiente manleva del sinistro.

Nel caso appena citato, la causa civile dovrebbe seguire necessariamente due strade: il giudizio afferente l'accertamento del danno in punto an debeatur ed in punto quantum dovrebbe seguire il normale iter giudiziale, mentre il contenzioso tra l'assicurato (e responsabile del sinistro) e l'assicuratore dovrebbe seguire preliminarmente la via della mediazione obbligatoria. Le conseguenti difficoltà di questa scelta improvvida del Legislatore appaiono evidenti: il Giudice, non potendo scindere la causa e le relative domande, dovrebbe sospendere il giudizio civile di accertamento/risarcimento promosso dal danneggiato, in attesa che sia definito preliminarmente il contenzioso tra il responsabile del sinistro e la compagnia di assicurazione.

Un altro aspetto importante della riforma riguarda la cd. "mediazione ex officio" relativa a tutte quelle controversie in cui non è prevista la mediazione obbligatoria: nel testo originario dell'art. 5 si prevedeva che il Giudice potesse suggerire alle parti il percorso della mediazione, le quali parti però dovevano prestare il loro consenso.

Al contrario, oggi col Decreto Legge "del fare" l'adesione o consenso delle parti al suggerimento del Giudice sparisce del tutto: in qualsiasi momento il Giudice (prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni) può deferire le parti davanti ad un organismo di mediazione per tentare la conciliazione della lite, senza dover raccogliere il loro preventivo consenso; in tal caso la mediazione ex officio diviene condizione di procedibilità.

Tra le procedure sottratte alla mediazione obbligatoria restano quelle per ingiunzione di pagamento, almeno finché in sede di opposizione a d.i. (art. 645 c.p.c.) non siano stati adottati i provvedimenti previsti dall'art. 648 c.p.c. nel corso della prima udienza.
Quanto precede vale anche per il recupero forzoso (tramite ricorso per ingiunzione di pagamento) delle spese condominiali non assolte dai condomini: anche queste controversie, però, saranno assoggettate a mediazione obbligatoria nel momento in cui il condomino moroso impugnasse l'ingiunzione con lo strumento dell'opposizione ex art. 645 c.p.c. e dopo l'adozione dei provvedimenti previsti dall'art. 648 c.p.c.

Altrettanto dicasi per la procedura di convalida di sfratto.

Tra le materie, viceversa, comprese nella mediazione obbligatoria c'è l'impugnazione delle delibere assembleari. 
In questo caso, poiché il termine per promuovere la causa giudiziale è di appena trenta giorni dall'adozione della delibera ovvero dalla sua comunicazione al condomino assente, per evitare decadenze si suggerisce di promuovere comunque la causa, fissando un termine di comparizione per il convenuto superiore a quello minimo previsto dall'art.163 bis c.p.c. (ad esempio di 120 gg. o più) e nel frattempo promuovere la procedura di mediazione: il vantaggio di questa soluzione consiste nel fatto che già in occasione della prima udienza l'attore potrà dare atto al Giudice dell'intervenuta cessazione della materia del contendere, perché nel frattempo si è perfezionato l'accordo conciliativo, ovvero esibire il verbale di conciliazione negativo, per superare l'eccezione di improcedibilità sollevata ex officio dal Giudice ovvero dalla controparte.
Resta inteso, tuttavia, che in pendenza di mediazione il termine di trenta giorni per promuovere l'azione giudiziale resta sospeso.

Un'altra novità riguarda il termine per il completamento della procedura di mediazione, che diminuisce da quattro a tre mesi. 

Prima di iniziare la procedura di mediazione, il mediatore dà comunicazione all'altra parte della domanda di mediazione e domanda se intende aderire; se l'altra parte dichiara di non aderire alla proposta di mediazione, se ne redige un verbale negativo che l'attore (nel giudizio civile) potrà utilizzare per superare l'eccezione preliminare della condizione di procedibilità.

E per venire incontro alle richieste di certa avvocatura, poco incline ad aderire alla mediazione e perdere così i propri privilegi nel giudiziale (da qui il noto adagio "causa che pende causa che rende") il legislatore ha previsto espressamente che il verbale di conciliazione, per essere omologato, debba essere sottoscritto oltre che dalle parti anche dai rispettivi avvocati.

In vero, il D.L. n.69/2013 non prevede espressamente che le parti debbano essere assistite dai propri Legali dinnanzi all'organismo di mediazione; ma la presenza necessaria degli avvocati si desume implicitamente proprio dall'espressa previsione di omologazione del verbale con le loro firme.

Un'altra novità importante riguarda la proprio categoria degli avvocati, che sono stati equiparati a  "mediatori di diritto". Definizione quanto mai criptica quella che precede, visto che non è previsto un aggiornamento obbligatorio costante e l'avvocato che intendesse fare il mediatore non potrebbe farlo autonomamente, ma dovrebbe iscriversi ad un organismo ad hoc e seguire un corso di formazione professionale.

Resta fermo invece l'obbligo di far sottoscrivere alla parte assistita, all'atto del conferimento dell'incarico professionale, la nota informativa sulla mediazione obbligatoria già prevista dal D.L. n.28/2010.

In sede giudiziale, il mancato esperimento del tentativo di mediazione (nelle materie soggette a mediazione obbligatoria) deve essere eccepito dal Giudice ovvero dalla parte convenuta entro e non oltre la prima udienza: se il Giudice rileva il mancato esperimento della mediazione, dichiara l'improcedibilità della causa.

Nelle cause di opposizione a decreto ingiuntivo il mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria può avere gravissime conseguenze per l'opponente: infatti, se si rientra in quelle materie per cui ex lege la mediazione è obbligatoria, l'opponente oltre a promuovere la causa di opposizione deve anche tentare la conciliazione; in difetto, il Giudice potrebbe rilevare d'ufficio il vizio e dichiarare improcedibile l'opposizione, con la conseguenza che il decreto ingiuntivo diventerebbe definitivo.

Per altro verso, anche nelle materie non ricomprese tra quelle previste dall'art. 5 comma I D.L. 28/2010, la mediazione può diventare condizione di procedibilità della causa giudiziale attraverso lo strumento della cd. mediazione ex officio: se il Giudice decide di rimettere le parti dinnanzi ad un organismo di mediazione e queste non provvedono, all'atto della ripresa della causa, egli potrebbe anche dichiarare l'improcedibilità del contenzioso. Una modifica, quella che precede, che non pare affatto in sintonia con le finalità della mediazione, visto che le parti potrebbero essere del tutto esautorate dalla facoltà di poter disporre o meno della mediazione anche in quelle materie non ricomprese nell'art. 5 comma I.

Come si è detto, il termine per ultimare la mediazione è di tre mesi. La mancata adesione di una delle parti alla mediazione ovvero il mancato accoglimento senza giustificato motivo (da intendersi come motivo oggettivo) della soluzione proposta dal mediatore, può costituire argomento di prova da parte del Giudice, che in funzione di quanto precede ha il potere di condannare il soccombente anche al pagamento di una ulteriore somma corrispondente all'importo del C.U.


3) Le altre novità del Decreto Legge “del fare”.
Sono state inserite alcune modifiche al codice di procedura civile, e segnatamente (tra le tante) agli artt. 185 bis e 645-648 c.p.c.

L'art. 185 bis c.p.c. è una norma del tutto nuova, che fa seguito all'art. 185 c.p.c.: grazie a questo articolo s'introduce nel codice di procedura civile l'obbligo per il Giudice di formulare sin dalla prima udienza e fino all'udienza di precisazione delle conclusioni una proposta di conciliazione che deve essere messa a verbale; anche in questo caso, la mancata adesione senza giustificato motivo alla proposta di conciliazione formulata dal Giudice può essere valutata come argomento di prova ai fini della decisione finale; all'udienza fissata per la discussione della proposta non è obbligatoria la presenza delle parti, basta la presenza degli avvocati, che però devono avere ricevuto procura in tal senso.


All'art. 645 c.p.c. è ora previsto che, qualora l'opponente abbia fissato una prima udienza molto in là nel tempo e ben oltre i termini minimi di legge (con evidenti intenti dilatori) il convenuto / opposto può chiedere al Giudice (Presidente del Tribunale ovvero al G.I. se già nominato) l'anticipazione della prima udienza, ed il Giudice è tenuto a fissargliela non oltre il 30° giorno dal termine minimo a comparire (dunque entro e non oltre 120 gg. dalla notifica dell'atto di opposizione).

All'art. 648 c.p.c. è ora previsto obbligatoriamente che il provvedimento sulla richiesta di provvisoria esecutorietà del D.I. opposto deve essere adottato direttamente nel corso della prima udienza di trattazione dell'opposizione, cosa che imporrà ai Giudici di leggere attentamente le carte processuali già dai primissimi atti introduttivi, senza possibilità di avvalersi della cd. "riserva".

(a cura di Avv. Luca Conti)





L'ISTANZA DI VENDITA / ASSEGNAZIONE DEI BENI PIGNORATI





RIFERIMENTI NORMATIVI E FORMULARIO


Art. 529 c.p.c. (istanza di vendita o di assegnazione).
Decorso il termine di cui all'art. 501 c.p.c., il creditore pignorante ed ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo (art. 474 c.p.c.) possono chiedere la distribuzione del denaro e la vendita di tutti gli altri beni.
Dei titoli di credito e delle altre cose, il cui valore risulta dal listino di borsa o di mercato, possono chiedere anche l'assegnazione.
Al ricorso si deve unire il certificato d'iscrizione dei privilegi gravanti sui mobili pignorati.

Art. 530 c.p.c. (provvedimento per l'assegnazione o per l'autorizzazione della vendita). 
Sull'istanza di cui all'articolo precedente il giudice dell'esecuzione fissa l'udienza per l'audizione delle parti.
All'udienza le parti possono fare osservazioni circa l'assegnazione e circa il tempo e le modalità della vendita e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), se non sono già decadute dal diritto di proporle.
Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l'accordo delle parti comparse, il giudice dell'esecuzione dispone con ordinanza l'assegnazione o la vendita.
Se vi sono opposizioni il giudice dell'esecuzione le decide con sentenza e dispone con ordinanza l'assegnazione o la vendita.
Qualora ricorra l'ipotesi prevista dal secondo comma dell'art. 525 c.p.c. e non siano intervenuti creditori fino alla presentazione del ricorso, il giudice dell'esecuzione provvederà con decreto per l'assegnazione o la vendita; altrimenti provvederà a norma dei commi precedenti, ma saranno sentiti soltanto i creditori intervenuti nel termine previsto dal secondo comma dell'art. 525 c.p.c.
Il giudice dell'esecuzione può stabilire che il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara tra gli offerenti e l'incanto, ai sensi degli artt. 532, 534 e 534 bis c.p.c., nonché il pagamento del prezzo, siano effettuati con modalità telematiche.
In ogni caso il giudice dell'esecuzione può disporre che sia effettuata la pubblicità prevista dall'art. 490 secondo comma c.p.c., almeno dieci giorni prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte o della data dell'incanto.




TRIBUNALE DELLE ESECUZIONI DI ... omissis ...
G.E. dott. ... omissis ...

Istanza di vendita (o di assegnazione) dei beni pignorati


Nell'interesse di: TIZIO, nato a ... omissis ... il ... omissis ... e residente a ... omissis ... in proprio (ovvero) in qualità di legale rappresentante p.t. della società ... omissis ... con sede legale a ... omissis ... c.f. / p.i. ... omissis ... rappresentato e difeso dall’avvocato ... omissis ... del Foro di ... omissis ...  presso il cui Studio Legale a ... omissis ... è elettivamente domiciliato, giusta procura alle liti rilasciata in calce al presente atto su separato documento informatico ai sensi dell’art.83 comma III c.p.c.

Debitore esecutato: CAIO, nato a ... omissis ... il ... omissis ... e residente a ... omissis in proprio (ovvero) in qualità di legale rappresentante p.t. della società ALPHA avente sede legale a ... omissis ... c.f. / p.i. ... omissis ... 

*****
                                                       
Ill.mo Signor Giudice del Tribunale delle Esecuzioni di ... omissis ...

PREMESSO

1) che in data ... omissis ... veniva notificato al debitore esecutato un atto di precetto dd. ... omissis ... recante l’intimazione di pagare il credito complessivamente precettato pari ad € ... omissis ... in forza del titolo esecutivo costituito da ... omissis ...;

2) che nessun pagamento ha fatto seguito alla notifica del precetto;

3) che in data ... omissis ... veniva eseguito in località ... omissis ... un pignoramento mobiliare diretto sui beni del debitore;

4) che venivano assoggettati a pignoramento i beni mobili meglio descritti nell'allegato verbale di pignoramento dd. … omissis … per un valore complessivo stimato di € ... omissis ... ;

5) che per la soddisfazione del credito complessivamente precettato, oltre alla rifusione delle spese della procedura esecutiva, occorre procedere alla vendita dei beni pignorati.

*****

Tutto ciò premesso, il sottoscritto procuratore nella Sua qualità ut supra e ad istanza del creditore procedente come in atti meglio generalizzato, visti gli artt. 529 e ss. c.p.c. rivolge

ISTANZA

alla S.V. Ill.ma affinché, previa fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti dinnanzi a Sé, voglia disporre la vendita dei beni pignorati, con espressa riserva di chiederne in quella sede l’assegnazione al creditore istante, previa verifica dello stato di conservazione / condizioni e stato di funzionamento dei suddetti.

Si allegano alla presente istanza:

1) Titolo esecutivo in originale;

2) Atto di precetto in originale;

3) Verbale di pignoramento mobiliare in originale.

Con riserva di ulteriormente dedurre produrre ed eccepire.

Per comunicazioni di Cancelleria e notificazioni: per ogni comunicazione si indica il numero di fax (+39) ... omissis ... ovvero l'indirizzo di posta elettronica certificata ... omissis ...

Con Osservanza.

Milano, lì ___ / ___ / 2019.

Avv. _________________

(a cura di Avv. Luca Conti)