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DIRITTO CIVILE - DIRITTO DI FAMIGLIA - SEPARAZIONI E DIVORZI - DIRITTI DELLE PERSONE - RESPONSABILITA' SANITARIA - DIRITTI DEI CONSUMATORI - CONTRATTUALISTICA - PRATICHE DI RISARCIMENTO DANNI - RECUPERO CREDITI - SUCCESSIONI - VERTENZE CONDOMNIALI - CIRCOLAZIONE DI VEICOLI, IMBARCAZIONI E NATANTI - APPALTI - DIFESA PENALE

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mercoledì 14 novembre 2012

L'INTERVERSIONE DEL POSSESSO


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CENNI SULLA DETENZIONE, SUL POSSESSO E SUL MUTAMENTO DA
DETENZIONE IN POSSESSO NELL'AZIONE EX ART. 1168 c.c.
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FATTISPECIE 
Nel 2010 TIZIO conviene in un giudizio possessorio CAIO, radicando nei suoi confronti un'azione ex art. 1168 c.c. per la reintegrazione nel possesso di un immobile (appartamento) di proprietà dello stesso TIZIO, del quale egli deduce di essere stato spogliato in modo violento per fatto e colpa addebitabili allo stesso CAIO.
Deduce TIZIO che CAIO, già in possesso delle chiavi della porta d'ingresso dal 2008, dopo avere goduto dell'appartamento con animus detinendi e previo permesso del legittimo proprietario, successivamente nel 2010 richiesto di riconsegnare chiavi ed appartamento, aveva opposto a TIZIO il proprio rifiuto ed anzi aveva sostituito il cilindretto della porta d'accesso; ragione che induceva TIZIO a promuovere un'azione possessoria contro CAIO, deducendo la cd. interversio possessionis.
Costituendosi in giudizio, CAIO eccepisce la decadenza di TIZIO dall’azione possessoria per lo spirare del termine annuale previsto dall’art.1168 c.c. Deduce, infatti, CAIO che, se di spoglio si tratta visto che nel caso di specie egli aveva già il possesso delle chiavi dal 2008, questo sarebbe comunque maturato due anni prima dal radicamento dell'azione possessoria, posto che - appunto - dal 2008 lo stesso CAIO aveva il "possesso" delle chiavi e dell'immobile. Ragione per la quale a detta di CAIO l'azione possessoria sarebbe  di fatto improponibile nel 2010.
*****
SOLUZIONE AL PROBLEMA
A fondamento della tempestività dell'azione, deduce TIZIO che CAIO, contrariamente a quanto ex adverso riferito, era ritenuto esclusivamente detentore delle chiavi e dell'appartamento sino a quando, con lettera manoscritta nel 2010, aveva manifestato all'esterno ed in particolare allo stesso TIZIO la propria intenzione di disporre del bene come se fosse proprio, escludendo il legittimo proprietario, non restituendo chiavi ed appartamento di cui era stato a propria volta richiesto, ed anzi sostituendo il cilindretto.
A conferma di quanto precede, TIZIO produceva in giudizio un manoscritto di CAIO risalente ancora al 2008, in cui egli riconosceva il "permesso" del legittimo proprietario a disporre delle chiavi e dell'appartamento, ma soprattutto riconosceva la proprietà di TIZIO sul bene e la dipendenza della sua detenzione da siffatto diritto.
Tanto premesso, non si può non considerare cosa distingue la detenzione dal possesso, vale a dire l’animus detinendi e l’animus possidendi, giacché tanto la detenzione quanto il possesso sono caratterizzati da un elemento comune: la materiale disponibilità del bene o corpus.
La detenzione può definirsi, dunque, come un potere di fatto sulla cosa non accompagnato dall'intenzione di esercitare un’attività corrispondente ad un diritto reale. 
Nel detentore concorrono la materiale disponibilità della cosa e la consapevolezza di disporne nel rispetto del diritto altrui, ossia la consapevolezza ed il riconoscimento di una preminente posizione di altri ed in qualche caso di una propria dipendenza da essa.
Al contrario, possessore è colui che ha la materiale disponibilità del bene e si comporta con riferimento al bene come se ne fosse proprietario, con esclusione di qualsiasi altro.
Sulla base di quanto precede, è proprio il manoscritto imputabile a CAIO a togliere ogni dubbio sulla legittimità e sulla tempestività del ricorso possessorio di TIZIO promosso nel 2010.
Infatti, CAIO riconoscendo la posizione preminente di TIZIO sull’appartamento, dal momento che riferisce espressamente di un permesso e di appartamento di proprietà di Tizio esprime un evidente animus detinendi.
A questo punto è chiaro che solo col rifiuto opposto nel 2010 di restituire le chiavi in Suo possesso ed anzi sostituendo il cilindretto, CAIO ha manifestato per la prima volta un animus possidendi, maturando la cd. interversio possessionis.
La Giurisprudenza di merito afferma: l’interversio possessionis non può aver luogo mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia cessato di esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui e abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, sostituendo al precedente animus detinendi dell'animus rem sibi habendi. Tale manifestazione deve essere rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi sia posto in grado di rendersi conto dell'avvenuto mutamento (Trib. di Roma, Sez. VI, dd. 06/06/2011, n. 12707).
Qundi il dies a quo per computare il termine annuale nei confronti di CAIO deve coincidere necessariamente con l'anno 2010, quando per la prima volta egli manifestava all'esterno il proprio animus possidendi.
L’azione è, dunque, assolutamente tempestiva.
Esplicativa al riguardo è la pronuncia della Suprema Corte dd. 27/01/2004, n.1426: in tema di azioni possessorie, configura un atto di spoglio la sostituzione della serratura della porta di accesso all'immobile da parte dei detentori se ad essa non sia seguita la consegna di copia delle chiavi ai proprietari che ne avevano fatto richiesta, qualificandosi tale azione come privazione del possesso fino ad allora esercitato dai proprietari e, al tempo stesso, come primo inequivoco atto di interversione del possesso compiuto dai detentori.
Ed ancora: deve essere riconosciuta tutela possessoria per lo spoglio subìto da uno dei coniugi ad opera dell'altro coniuge, relativo ad un immobile di proprietà esclusiva dello spoliator, ma utilizzato come seconda casa (nel caso di specie, il coniuge, proprietario esclusivo di un casale, ha modificato i codici di apertura dei cancelli e ha sostituito tutte le serrature dell'immobile, impedendo alla moglie di continuare ad accedervi, Tribunale di Arezzo, dd. 04/03/2010).

(Avv. Luca Conti).

sabato 3 novembre 2012

OPPOSIZIONE A DEC. ING. IMMEDIATAMENTE ESECUTIVO






RIFERIMENTI NORMATIVI
E FORMULARIO


     Art. 645 c.p.c. (forma dell'opposizione a decreto ingiuntivo).  
L'opposizione si propone davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione notificato al ricorrente nei luoghi di cui all'art. 638 c.p.c. Contemporaneamente l'ufficiale giudiziario deve notificare avviso dell'opposizione al cancelliere affinché ne prenda nota sull'originale del decreto.
In seguito all'opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito. L'anticipazione di cui all'art. 163 bis terzo comma c.p.c., deve essere disposta fissando udienza per la comparizione delle parti non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine minimo a comparire.

Art. 647 c.p.c. (esecutorietà del D.I. per mancata opposizione). 
Se non è stata fatta opposizione nel termine stabilito, oppure l'opponente non si è costituito, il giudice che ha pronunciato il decreto, su istanza anche verbale del ricorrente, lo dichiara esecutivo. Nel primo caso il giudice deve ordinare che sia rinnovata la notificazione, quando risulta o appare probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza del decreto.
Quando il decreto è stato dichiarato esecutivo a norma del presente articolo, l'opposizione non può essere più proposta né proseguita, salvo il disposto dell'art. 650 c.p.c. e la cauzione eventualmente prestata è liberata.

Art. 648 c.p.c. (esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione).  
Il giudice istruttore, se l'opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione, può concedere, provvedendo in prima udienza, con ordinanza non impugnabile, l'esecuzione provvisoria del decreto, qualora non sia già stata concessa a norma dell'art. 642 c.p.c. Il giudice concede l'esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo opposto limitatamente alle somme non contestate, salvo che l'opposizione sia proposta per vizi procedurali. Deve in ogni caso concederla, se la parte che l'ha chiesta offre cauzione per l'ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni.

BREVI ANNOTAZIONI
L'atto di citazione va redatto su un documento informatico firmato digitalmente (nomefile.pdf.p7m) e deve essere notificato tramite p.e.c. all'indirizzo di posta elettronica comunicato dall'avvocato del creditore ricorrente. Nella busta telematica vanno accluse la procura alle liti e la relazione di notifica anch'esse firmate digitalmente.
All'atto dell'iscrizione deve essere assolta la marca da bollo da € 27,00 per le opposizioni di valore superiore ad € 1.033,00 mentre il valore del C.U. varia seconda del valore dichiarato della causa, ridotto della metà e tenuto conto di eventuali domande riconvenzionali.



TRIBUNALE DI ... omissis ...

ATTO DI CITAZIONE IN OPPOSIZIONE A D.I.
E PEDISSEQUA ISTANZA ex art.649 c.p.c. 
 

Nell'interesse di: TIZIO, nato a ... omissis ... il ... omissis ... e residente a ... omissis ... in Via / P.zza ... omissis ..., C.F. ... omissis ... rappresentato e difeso dall'Avv. ... omissis ... (C.F. ... omissis ...) presso il cui Studio Legale a ... omissis ... è elettivamente domiciliato, giusta procura alle liti rilasciata in calce al presente atto su separato documento informatico ai sensi dell'art. 83 comma III c.p.c., 

nei confronti di

impresa / società GAMMA, in persona del legale rappresentante p.t. ... omissis ... con sede legale a ... omissis ... p.i. ... omissis ... elettivamente domiciliata presso lo Studio Legale dell'Avv. ... omissis ... giusta procura alle liti rilasciata in calce al ricorso per ingiunzione di pagamento di data … omissis … valida anche in fase di opposizione.

Oggetto: opposizione a D.I. n. ... omissis ... di data ... omissis ... sub RG ... omissis ...

Per comunicazioni di cancelleria e notificazioni: ai sensi degli artt. 125 comma 1 e 136 c.p.c. si chiede di ricevere ogni comunicazione / notificazione all’indirizzo di posta elettronica certificata ... omissis ...

PREMESSE IN FATTO

1) L'attore / opponente ha stipulato con l'impresa GAMMA un contratto d'appalto avente ad oggetto le seguenti opere ... omissis ... 

2) Le opere appaltate non sono mai state ultimate, né collaudate, né accettate dal committente, tanto che in corso d'opera sono stati contestati i seguenti inadempimenti (ovvero) i seguenti vizi  / difetti delle opere appaltate ... omissis ...

4) Il prezzo pattuito per la realizzazione a regola d'arte delle opere era stato concordato nella somma di € ... omissis ... oltre i.v.a. al ... omissis ... %.

5) A lavori non ancora ultimati l'impresa GAMMA  ha emesso le seguenti fatture ... omissis .... di cui ha preteso il pagamento.

6) Ad oggi difetta il pagamento delle fatture... omissis ... motivato dal fatto che la convenuta / opposta non ha ultimato i lavori (ovvero) le opere presentano gravi vizi e difetti regolarmente denunciati per iscritto e non ancora sanati (ovvero) non ha rilasciato le relative certificazioni di conformità delle opere eseguite ai sensi di Legge.

7) Nonostante l'inadempimento dell’impresa appaltatrice, questa ha notificato al committente dei lavori il D.I. n. ... omissis ... di data ... omissis ... munito di formula esecutiva rilasciata in data ... omissis ... ai sensi e per gli effetti dell’art. 642 c.p.c., unitamente a pedissequo atto di precetto di data ... omissis ...

8) L'opponente TIZIO eccepisce la carenza dei presupposti ex lege  per l'emissione di un'ingiunzione di pagamento in forma immediatamente esecutiva in difetto dei presupposti del fumus boni iuris e/o del periculum in mora a danno dell'asserita creditrice.

9) Sulla base di quanto sopra esposto, è necessario impugnare il D.I. e chiederne la revoca, anche per tutte le seguenti

MOTIVAZIONI DI DIRITTO

1) Insussistenza dei presupposti di legge per l'emissione di un D.I. in forma immediatamente esecutiva.
Il primo motivo di opposizione riguarda la violazione dell'art. 642 c.p.c., perché il D.I. non poteva essere emesso nella forma immediatamente esecutiva, come di seguito precisato, in difetto sia di un riconoscimento di debito scritto da parte del debitore ingiunto, sia del fumus boni iuris / periculum in mora rispetto alle pretese dell’appaltatrice: ... esposizione delle motivazioni in punto di diritto per cui ricorre la violazione dell'art. 642 c.p.c. ...

2) Nel merito dell'opposizione e del contratto d’appalto.  
Quanto alle opere commissionate a GAMMA si ribadisce quanto già dedotto nelle “premesse”.
Gli accordi prevedevano, infatti, la realizzazione di quanto segue: ... omissis ...
I lavori però non sono mai stati ultimati, senza giustificato motivo (ovvero) presentano gravi difetti che sono stati ritualmente denunciati all'odierna convenuta.
... esposizione dei fatti su cui si fonda l'opposizione in punto an debeatur ed in punto quantum ...

Tutto ciò premesso e considerato, l'attore TIZIO come in epigrafe meglio generalizzato, ut supra rappresentato, difeso ed elettivamente domiciliato

C I T A

l'impresa GAMMA, in persona del legale rappresentante p.t. ... omissis ..., nonché elett. dom. presso lo Studio Legale dell’Avv. ... omissis ... sito a ... omissis ... giusta procura alle liti rilasciata in calce al ricorso per ingiunzione di pagamento di data ... omissis ..., a comparire avanti il

TRIBUNALE DI ... omissis ...

all'udienza fissata per il giorno … / … / 2019 ore di rito 

ovvero ad altra e successiva udienza fissata ai sensi dell’art. 168 bis c.p.c., con invito a costituirsi in giudizio almeno 20 gg. prima della fissata udienza ai sensi dell’art. 166 c.p.c., con avvertimento che in difetto si procederà comunque in sua contumaci, che l’emananda sentenza sarà considerata come resa in regolare contraddittorio e che la ritardata costituzione in giudizio comporta le decadenze previste dagli artt. 38 e 167 c.p.c., per ivi sentire accogliere le seguenti

C O N C L U S I O N I

Piaccia al Tribunale di ... omissis ... in persona del Giudice designato alla procedura, contrariis rejectis, così giudicare.

In via preliminare: previo accertamento dell'inesistenza dei presupposti ex art. 642 c.p.c. per l'emissione del decreto ingiuntivo in forma immediatamente esecutiva, ricorrendone gravi motivi, disporre inaudita altera parte la sospensione della provvisoria esecutorietà con ordinanza non impugnabile.

Nel merito ed in via principale: previo accertamento degli inadempimenti contrattuali come meglio descritti in narrativa, per l’effetto revocare l’impugnato decreto ingiuntivo, tenendo indenne l’opponente da qualsivoglia pretesa creditizia avversaria.

Nel merito ed in via subordinata: nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della domanda formulata in via principale, revocare comunque l’impugnato decreto ingiuntivo nella misura dei lavori eventualmente eseguiti dall’impresa appaltatrice, riducendo in termini di Giustizia il credito ex adverso azionato, tenuto conto anche dei vizi / difetti dell’opera contestati all’appaltatrice.

In via istruttoria: ammettersi la prova per interpello formale nella persona del legale rappresentante dell’impresa GAMMA e per testimoni sui fatti di causa, da meglio articolarsi per separati capitoli nelle successive memorie autorizzate. Indicazione dei testimoni riservata nei termini di Legge.

In ogni caso: con vittoria di spese documentate e compensi liquidati ai sensi del D.M. n.55/2014, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%, c.p.a. 4%, i.v.a. 22% e successive spese occorrende.

Elenco delle produzioni documentali:
1) D.I. immediatamente esecutivo n. … di data …;
2) ... omissis ... 

Dichiarazione di valore: ai sensi del d.p.r. 115/2002 e ss. mm. il valore della presente opposizione rientra nello scaglione per valore di fascia ... omissis ... e sconta un C.U. pari ad € ... omissis ...

Milano, lì … / … / 2019.
Avv. ________________      

*Seguono su separati documenti informatici firmati digitalmente la procura alle liti e la relazione di notifica da accludere alla busta telematica.   


(a cura di Avv. Luca Conti)   



sabato 13 ottobre 2012

LA RESPONSABILITA' SANITARIA E LA LEGGE BALDUZZI






L'ORIENTAMENTO DELLA CORTE DI CASSAZIONE IN MATERIA DI RISARCIMENTO DEL DANNO ALLA SALUTE DA MEDICAL MALPRACTICE 
E LE NOVITA' LEGISLATIVE DEL SETTORE
 

[responsabilità sanitaria - risarcimento del danno conseguente ad errato trattamento medico - onere della prova - prova liberatoria a carico dell’operatore sanitario]
Cassazione Civile, Sent. n.9290 del 08/06/2012: il paziente che lamenta danni cerebrali per un errato intervento di routine alla testa, ha diritto al risarcimento del danno alla salute e deve limitarsi ad allegare l'evento infausto, che è conseguenza dell'errato trattamento sanitario, mentre l'operatore sanitario andrà esente da responsabilità per colpa, solo se riuscirà a dimostrare l'assenza del nesso causale tra evento infausto e trattamento sanitario (l'onere della prova liberatoria è sempre a carico dell'operatore sanitario).

[responsabilità sanitaria - risarcimento del danno conseguente ad errato trattamento medico - onere della prova - ricorso alle presunzioni semplici]
Cassazione Civile, Sent. n.9927 del 18/06/2012: nelle cause aventi ad oggetto il risarcimento del danno per erroneo trattamento sanitario, l'onere della prova è sempre a carico della struttura / operatore sanitario. Il Giudice può trarre il proprio convincimento anche da presunzioni semplici purché gravi, precise e concordanti, vigendo nel processo civile la regola del "più probabile che non", a differenza del processo penale, dove vige la regole del "oltre ogni ragionevole dubbio".


[responsabilità sanitaria - feto malformato - nascita indesiderata - omessa diagnosi da parte del medico curante - inesatto adempimento della prestazione sanitaria richiesta - violazione del principio di autodeterminazione all’aborto - diritto al risarcimento del danno per la madre e per i prossimi congiunti]
Cassazione Civile, Sent. n.16754 del 02/10/2012: una madre 28enne, prima del parto, chiede al medico curante di fare un test approfondito per escludere il rischio di malformazioni del nascituro. Nel caso di specie la donna aveva manifestato preventivamente la volontà di esercitare il diritto all'aborto in caso di nascituro malformato; il medico curante prescrive solo un "tri-test", omettendo però esami più approfonditi. Il nascituro, dopo il parto, presenta gravi malformazioni; la madre, il padre ed i fratelli del nascituro esercitano l'azione di risarcimento del danno nei confronti della struttura e dell'operatore sanitario, che vengono condannati per inesatto adempimento della prestazione sanitaria; in particolare, afferma la Suprema Corte che l'operatore avrebbe dovuto svolgere tutti gli esami richiesti dalla paziente, anche i più invasivi, per escludere possibilità di malformazioni. Viene liquidato un danno alla donna per violazione del principio di autodeterminazione, posto che ella avrebbe potuto esercitare il diritto all'aborto, se avesse saputo delle malformazioni del nascituro; anche quest'ultimo infatti ha diritto di essere risarcito, statuendo la Suprema Corte che anche per un bimbo malformato deve essere riconosciuto un danno in conseguenza della nascita con malformazioni.

[responsabilità sanitaria - responsabilità della struttura sanitaria ai sensi dell’art.1228 c.c. per il fatto dei propri dipendenti - responsabilità personale del primario e dell’assistente ospedaliero per la propria condotta colposa o dolosa - contratto atipico di spedalità]
Cassazione Civile, Sent. n.8023 del 21/05/2012: l'assistente ospedaliero è responsabile, parimenti al primario, di qualsiasi danno sofferto dal paziente nel corso della degenza in ospedale, posto che fin dal momento in cui entra in contatto col paziente ne diviene responsabile per effetto del rapporto contrattuale che lo lega alla struttura sanitaria: la struttura risponde a titolo di responsabilità oggettiva del fatto dei propri ausiliari (siano essi primari o assistenti ospedalieri, art.1228 c.c.) mentre l'operatore sanitario risponde sempre personalmente per colpa ovvero per dolo.


[responsabilità sanitaria - responsabilità della struttura sanitaria per il malfunzionamento delle apparecchiature mediche - responsabilità dell’operatore sanitario per omessa vigilanza]
Cassazione Civile, Sent. n.10616 del 26/06/2012: la struttura sanitaria risponde in solido con gli operatori sanitari dei danni cagionati ai pazienti dal malfunzionamento degli strumenti; infatti, l'operatore sanitario è tenuto a vigilare sul corretto funzionamento di qualsiasi macchinario / strumentazione che utilizza per curare il paziente.


LA LEGGE BALDUZZI (D.L. n.158/2012)
Col nuovo decreto legge meglio conosciuto come "legge Balduzzi" è stato introdotto nell'ordinamento italiano l'obbligo per le strutture e per gli operatori sanitari di stipulare una polizza assicurativa professionale: lo scopo della norma è quello di ridurre quanto più possibile i costi della sanità pubblica legati alle sempre più crescenti cause di risarcimento del danno alla salute promosse dai pazienti vittime di medical malpractice.
La responsabilità sanitaria si appresta così a diventare un sottosistema della così detta "R.C. auto" con criteri di liquidazione altrettanto certi sia in punto "an" sia in punto "quantum".
In forza dell'art.3 del D.L. 158/2012 vengono applicate alla responsabilità sanitaria le tabelle risarcitorie previste per l'R.C. auto: in virtù di questo richiamo il danno alla salute è risarcibile in base agli artt. 138-139 del D. Lgs. 209/2005.
Il diritto al risarcimento comprenderà in un'unica voce di danno sia quello biologico alla salute, sia quello morale soggettivo per le sofferenze ed i patimenti subiti.
Di seguito si riportano schematicamente le novità introdotte dal D.L. n.158/2012 in materia di risarcimento del danno da responsabilità sanitaria:
>> RESPONSABILITA' OGGETTIVA DELLA STRUTTURA SANITARIA PER IL FATTO DEI PROPRI DIPENDENTI E PERSONALE DELL'OPERATORE CONSEGUENTE A MEDICAL MALPRACTICE.
>> OBBLIGO DI STIPULARE UNA POLIZZA ASSICURATIVA PER LE STRUTTURE SANITARIE PUBBLICHE E PRIVATE, E PER GLI OPERATORI SANITARI. 
>> OBBLIGO DI DENUNCIA ALLA CORTE DEI CONTI IN CASO DI AZIONI RISARCITORIE NEI CONFRONTI DELLA STRUTTURA SANITARIA PUBBLICA PER MEDICAL MALPRACTICE. 
>> DIRITTO AL RISARCIMENTO DEL DANNO ALLA SALUTE IN FAVORE DEL PAZIENTE QUALE CONSEGUENZA MEDICAL MALPRACTICE. 
>> DIRITTO AL RISARCIMENTO DEL DANNO MORALE SOGGETTIVO PER I PROSSIMI CONGIUNTI DEL PAZIENTE QUALE CONSEGUENZA MEDICAL MALPRACTICE. 
>> DETERMINAZIONE DELLA SOMMA DOVUTA A TITOLO DI RISARCIMENTO IN UN'UNICA VOCE COMPRENSIVA DI DANNO BIOLOGICO E DI MORALE SOGGETTIVO.



LA RESPONSABILITA' SANITARIA 
NEGLI INTERVENTI DI ROUTINE
Anzitutto, ci si deve porre il seguente quesito: quando un intervento medico / chirurgico può essere definito "di routine"?
Un intervento è “di routine” quando è di facile esecuzione, acquisito in modo definitivo dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale, che comporta a carico dell'operatore sanitario l'assunzione di una "obbligazione di risultato" anziché "di mezzi" nei confronti del paziente.
Nel caso di evento infausto conseguente ad un intervento “di routine”, il paziente esercitando il diritto al risarcimento del danno alla salute dovrà limitarsi ad allegare l'evento infausto e l'intercorso rapporto contrattuale (contratto atipico di spedalità) con la struttura / operatore sanitario, mentre l'operatore per andare esente da responsabilità dovrà dimostrare l'assenza del nesso eziologico o causale tra l'intervento e l'evento infausto che ne è conseguito: dunque, l'operatore dovrà riuscire nell'intento di dimostrare che l'evento dannoso è dipeso da una causa assorbente del tutto estranea alla sua sfera di controllo, oppure che esso è dovuto ad una patologia già preesistente nell'organismo del paziente.
Trattasi all'evidenza di una fattispecie di responsabilità aggravata a carico dell'operatore sanitario, che si spinge oltre la semplice condotta dolosa o colposa, e che si fonda su di una presunzione di responsabilità per il mancato conseguimento di un'obbligazione di risultato.
Ne segue che il diritto al risarcimento del danno alla salute in favore del paziente non può mai essere escluso, se l'operatore sanitario non riesce nell'intento di provare l'assenza del nesso eziologico tra danno ed intervento.


LA TENUTA DELLA CARTELLA CLINICA
ED IL SUO VALORE PROBATORIO DI ATTO PUBBLICO 
La cartella clinica è quel documento pubblico, che fa testo sul percorso di cura del paziente durante la sua permanenza nella struttura sanitaria, da quando viene accettato e sino a quando viene dimesso.
Più precisamente la cartella è una certificazione amministrativa con valore di atto pubblico ex art. 2700 c.c. che fa piena prova delle attestazioni in essa contenute fino a querela di falso, idonea a fondare una presunzione juris tantum della corrispondenza al vero di quanto ivi contenuto con riguardo alle attività espletate nel corso di un intervento o di una terapia.
In altre parole, la corretta tenuta della cartella clinica costituisce una presunzione grave, precisa e concordante del corretto adempimento della prestazione sanitaria; al contrario, le lacune della cartella clinica, che impediscono di risalire al percorso di cura del paziente, sono indice presuntivo della responsabilità dell'operatore sanitario idonee ad integrare il nesso eziologico tra l'evento infausto e l'intervento sanitario.
In altre parole, la cattiva tenuta della cartella clinica è fonte di responsabilità per inadempimento contrattuale per violazione del dovere di diligenza richiesto all'operatore sanitario ex art. 1176 c.c.
Riguardo al valore di prova della cartella clinica si segnala una pronuncia dirimente della Suprema Corte di Cassazione: le attestazioni contenute in una cartella clinica sono riferibili al rango di una certificazione amministrativa per quanto attiene alle attività espletate nel corso di una terapia o di un intervento, mentre le valutazioni, le diagnosi o comunque le manifestazioni di scienza o di opinione in essa contenute non hanno alcun valore probatorio privilegiato rispetto ad altri elementi di prova; in ogni caso, le attestazioni della cartella clinica, ancorché riguardante fatti avvenuti alla presenza di un pubblico ufficiale o da lui stesso compiuti (e non la valutazione dei suddetti fatti) non costituiscono prova piena a favore di chi le ha redatte, in base al principio secondo il quale nessuno può precostituire prova a favore di se stesso (Cass. Civ. Sez. III dd. 27/09/1999, n.10695).

(a cura di Avv. Luca Conti del foro di Trento)