L'EVOLUZIONE DELLA RESPONSABILITA' SANITARIA ALLA LUCE DELLA LEGGE BALDUZZI
LA DEPENALIZZAZIONE
DELLA RESPONSABILITA' DELL'OPERATORE SANITARIO IN CASO DI COLPA LIEVE
INTRODUZIONE
Di seguito si riportano
le linee guida dell'evoluzione della responsabilità professionale
dell'operatore sanitario alla luce dell'art.3 del D.L. n.158/2012 meglio nota come "legge
Balduzzi".
L'elemento più
innovativo del D.L. n.158/2012 riguarda la DEPENALIZZAZIONE dei reati di LESIONI COLPOSE ed OMICIDIO COLPOSO in danno del
paziente per COLPA LIEVE DELL'OPERATORE SANITARIO, il quale - operando - si sia
ispirato alle buone pratiche terapeutiche avallate dalla comunità scientifica,
con la conseguente limitazione della responsabilità penale ai soli casi
di IMPRUDENZA
ed IMPERIZIA. Sembrerebbe,
dunque, che si stia tornando all'originaria impostazione della cd. RESPONSABILITA' AQUILIANA
o EXTRACONTRATTUALE ed al diritto del risarcimento del danno
sofferto dal paziente (patrimoniale e non patrimoniale) solo ai
sensi dell'art.2043 c.c.
IL RITORNO
ALL'APPLICAZIONE DELL'ART. 2043 c.c.
Dispone l'art.3 del D.L.
n.158/2012: l'esercente
la professione sanitaria, che nello svolgimento della propria attività si
attiene alle linee guida ed alle buone pratiche accreditate dalla comunità'
scientifica, non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi
resta comunque fermo l'obbligo (di risarcimento, n.d.r.) di
cui all'art.2043 c.c.
Il giudice, anche nella
determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della
condotta di cui al primo periodo.
Dunque, il D.L. n.158/2012 rimanda
espressamente alla norma sulla responsabilità extracontrattuale o aquiliana, da
intendersi quale NORMA SANZIONATRICE PRIMARIA del divieto di neminem
laedere, idonea ad accertare la responsabilità del medico a prescindere, e
dunque indipendentemente, dal rilievo penalistico della condotta incriminata.
A questo riguardo si
riportano le più recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione:
Per effetto dell'art.3
della legge 8 novembre 2012, n. 189, è stata operata una parziale abolizione
della fattispecie di omicidio colposo, essendo stata esclusa la rilevanza
della colpa lieve nel caso in cui il sanitario si attenga alle
linee guida ed alle buone pratiche terapeutiche (nella specie, la Corte ha
annullato con rinvio la sentenza di condanna emessa a carico di
un medico chirurgo, che, nel corso dell'esecuzione, in una clinica privata,
di intervento di ernia discale recidivante, aveva leso la vena e l'arteria
iliaca del paziente, causandone la morte, in ragione della novella costituita
dalla l. n. 189/2012 che in punto di responsabilità professionale ha
escluso la rilevanza penale delle condotte determinate
da colpa lieve del sanitario). Cass. pen., Sez. IV, dd.
29/01/2013, n.16237.
Ai fini
dell'accertamento della responsabilità del medico per i
reati di omicidio colposo o di lesioni colpose, le linee-guida contengono solo
regole di perizia, e sono, pertanto, prive di rilievo nei casi
di colpa per negligenza o imprudenza. (In applicazione del principio,
la Suprema Corte ha escluso, con riguardo alla fattispecie esaminata - nella
quale all'imputato era stata contestata una ipotesi di colpa professionale
per negligenza e imprudenza - la rilevanza del novum normativo di cui all'art.
3, l. n. 189 del 2012, che limita la responsabilità in caso
di colpa lieve). Cass. pen., Sez. IV, dd. 24/01/2013,
n.11493.
La relazione terapeutica
tra sanitario e paziente comporta l'investimento in capo al primo di una
posizione di garanzia - sub specie di obblighi impeditivi - in favore del
secondo. Ciò fa sì che si abbia omicidio colposo in caso di decesso del feto
derivante da grave insufficienza respiratoria, verificatosi per l'omissione da
parte dei sanitari dell'esecuzione delle azioni doverose (nel caso de quo:
parto cesareo). Cass. pen., Sez. IV, dd. 29/01/2013, n.7967.
Tanto premesso, occorre
chiarire quali sono gli effetti pratici dell'art.3 D.L. n.158/2012 sul
contratto atipico di spedalità, sull'esercizio dell'azione risarcitoria e sulla
ripartizione dell'onus probandi tra paziente (attore in
giudizio) ed operatore / struttura sanitaria (convenuti in giudizio).
IL
CONTRATTO ATIPICO DI SPEDALITA'
De iure condito il contratto che lega il paziente alla struttura sanitaria è un contratto atipico (art. 1322 c.c.) con effetti protettivi a favore di terzo.
Il contratto si perfeziona nel momento stesso in cui IL PAZIENTE VIENE
ACCETTATO all'interno
della struttura ospedaliera, ed ai fini dell'applicazione della legge
è irrilevante la natura pubblicistica ovvero privatistica della struttura.
Secondo l'impostazione giurisprudenziale
prevalente il rapporto contrattuale che lega il paziente alla struttura sanitaria corrisponde -
appunto - al citato CONTRATTO DI SPEDALITA' CON EFFETTI PROTETTIVI A FAVORE DI TERZO, mentre il rapporto giuridico che lega il paziente all'operatore sanitario che esercita come libero professionista dovrebbe essere inquadrato come un CONTRATTO
D'OPERA INTELLETTUALE.
Secondo il
prudente apprezzamento dello scrivente avvocato, occorre fare dei
distinguo:
a) la natura del
rapporto che lega struttura sanitaria e paziente è senza dubbio di natura
contrattuale, e per logica conseguenza di natura CONTRATTUALE è anche il tipo di
responsabilità da dedursi in giudizio nel caso di inesatto
adempimento della relativa obbligazione;
b) la responsabilità
dell'operatore sanitario, che opera alle dipendenze di una struttura
organizzata e complessa, dovrebbe essere ricondotta nell'alveo dell'art. 1228
c.c., che disciplina la così detta "responsabilità per il
fatto degli ausiliari";
c) la prestazione
dell'operatore sanitario, che operi come libero professionista, dovrebbe
essere inquadrata invece come "prestazione d'opera
intellettuale" ed assoggettata alla disciplina prevista
dagli artt. 2229 e ss. c.c.
Il riferimento dell'art.3
della legge Balduzzi all'art. 2043 c.c. potrebbe - invero -
creare dei problemi pratici al paziente in termini di ripartizione dell'onere
probatorio in un'ipotetica causa di risarcimento danni.
Se, infatti, s'inquadra
il rapporto "a monte" come una fattispecie contrattuale, al
paziente spetterà solo di allegare il rapporto contrattuale intercorso con la
struttura sanitaria o con l'operatore sanitario ed il conseguente
aggravamento della patologia, mentre spetterà alla struttura sanitaria ovvero al
singolo operatore provare di avere agito con la diligenza qualificata prevista
dal II comma dell'art.1176 c.c. nel rispetto delle linee guida e delle buone
pratiche avallate dalla comunità scientifica.
Al contrario, se si
afferma che l'operatore risponde solo ai sensi dell'art.2043 c.c. come recita l'art.3 della Legge Balduzzi e,
dunque, in termini di responsabilità extracontrattuale o aquiliana, allora
incomberà sul paziente l'onere di allegare anche la prova della
responsabilità dell'operatore sanitario ed in buona sostanza il nesso
eziologico o causale tra il trattamento terapeutico ricevuto (che si
assume errato) e l'aggravamento della preesistente patologia.
Ergo, stante
l'attuale status quo, il paziente dovrebbe
allegare in giudizio il rapporto intercorso con la struttura o con l'operatore sanitario,
la pregressa patologia, il suo aggravamento (ovvero l'insorgenza di una patologia nuova) ed il ragionevole nesso di
causalità tra il trattamento sanitario che si assume errato e l'aggravamento
della patologia stessa; la controparte, invece, dovrà provare soltanto di avere agito
secondo buona pratica e che l'aggravamento della patologia è dipeso da causa a
lui non imputabile.
LA
RESPONSABILITA' SANITARIA ED IL CONSEGUENTE DANNO ERARIALE
La conseguenza diretta
di una causa di risarcimento danni nei confronti di una struttura sanitaria
(ovviamente si parla di una struttura pubblica) è il conseguente DANNO
ERARIALE, che si manifesta nel momento in cui l'azienda è tenuta a risarcire il
danno sofferto dal paziente senza che vi sia a monte una copertura
assicurativa; e premesso che le Compagnie di Assicurazione malvolentieri
stipulano polizze assicurative da "medical malpractice" a
causa dei sempre più crescenti contenziosi, l'obbligo di denuncia alla Procura
della Corte dei Conti scatta con l'accertamento di una conclamata "medical
malpractice".
Il danno per l'Erario si
realizza nel momento in cui viene effettuato il pagamento del danno al
paziente, ma l'obbligo di denuncia da parte del Direttore Sanitario deve essere
precedente. La denuncia, tuttavia, non è obbligatoria se la struttura
sanitaria (ovvero il medico incriminato) è coperta da idoneo contratto di
assicurazione.
Va da sé che la
copertura assicurativa non copre tutti i possibili eventi di danno: certamente
non sono coperti quelli cagionati con dolo o colpa grave dall'operatore
sanitario. Si pensi ai casi di false attestazioni e/o di false
prescrizioni mediche, finalizzate a far beneficiare il paziente di prestazioni
sanitarie non dovute, ovvero di erogazioni pubbliche per patologie inesistenti;
e si pensi ancora alle prescrizioni mediche del tutto errate che, viceversa,
hanno cagionato al paziente un danno biologico: in tutti questi casi
scatta l'OBBLIGO
DI DENUNCIA ALLA CORTE DEI CONTI e l'operatore sanitario sarà tenuto
a risarcire il danno cagionato all'Erario per avere agito con dolo o colpa
grave.
A questo punto occorre
rispondere ad un altro quesito sempre attinente al risarcimento del danno da
"medical malpractice": solo il paziente ha diritto al
risarcimento del danno o possono beneficiarne anche altri soggetti?
A questa domanda
rispondono le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la Sentenza n.9556
dd. 01/07/2002: ai prossimi congiunti di una persona che
abbia subito, a causa di fatto illecito costituente reato, lesioni personali,
spetta anche il risarcimento del danno morale concretamente accertato in
relazione ad una particolare situazione affettiva con la vittima, non essendo
ostativo il disposto dell'art. 1223 c.c. (risarcimento del danno da
inadempimento contrattuale, n.d.r.), in quanto anche tale danno trova causa
immediata e diretta nel fatto dannoso; ne consegue che in tal caso il congiunto
è legittimato ad agire "iure proprio" contro il responsabile. L'identificazione
dei congiunti ai quali spetta il risarcimento del danno morale derivante da
fatto illecito a danno di persona che abbia subito delle lesioni, trova un
utile riferimento nei rapporti familiari, ma non può in questi esaurirsi,
essendo pacificamente riconosciuta la legittimazione di altri soggetti (ad es.
la convivente "more uxorio"), mentre la mera titolarità di un
rapporto familiare non può essere considerata sufficiente a giustificare la
pretesa risarcitoria, occorrendo di volta in volta verificare in che cosa il
legame affettivo sia consistito e in che misura la lesione subita dalla vittima
primaria abbia inciso sulla relazione fino a comprometterne lo svolgimento.
Molto più recentemente
la Suprema Corte di Cassazione (Cass. civ. dd. 04/06/2013, n.14040) ha stabilito che: hanno
diritto al risarcimento del danno morale per infausta previsione medica e
conseguente stato depressivo non solo il paziente, ma anche i suoi prossimi
congiunti (nel caso di specie la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso
dei familiari di un paziente, cui era stata diagnostica una patologia infausta
ma invero inesistente, i quali rivendicavano iure proprio il diritto
di essere risarciti del danno morale sofferto a causa dello stato depressivo in
cui erano caduti a causa dell'errata diagnosi).
Quanto precede ci porta
a concludere che non solo il paziente danneggiato ma anche i suoi
familiari hanno diritto ad esercitare l'azione risarcitoria nei confronti
della struttura sanitaria e/o dell'operatore sanitario, essendo la condotta del
medico potenzialmente plurioffensiva. Tuttavia, per ottenere il
risarcimento del preteso danno non è sufficiente allegare il solo rapporto di
parentela col paziente, ma anche documentare il danno che si pretende sia
derivato da "medical malpractice". Ciò non di meno -
precisano i Giudici di Legittimità - se il danno biologico cagionato al
paziente è di grande entità (ad esempio se corrisponde ad almeno un 40% di
invalidità permanente) il danno morale sofferto dai prossimi congiunti
sarà liquidabile anche in assenza di idonea documentazione di supporto, posto
che il disagio sofferto sarebbe agevolmente dimostrabile facendo ricorso alle
presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.
RIFERIMENTI
NORMATIVI: l'art.3 D.L. n.158/2012 -
(responsabilità
professionale dell'esercente le professioni sanitarie)
1. L'esercente la
professione sanitaria che nello svolgimento della propria attivita' si attiene
a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunita' scientifica non risponde
penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui
all'art.2043 c.c. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del
danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo (1).
2. Con decreto del
Presidente della Repubblica, adottato ai sensi dell'art.17 comma I, Legge
n.400/88, da emanare entro il 30 giugno 2013, su proposta del Ministro
della salute, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e
dell'economia e delle finanze, sentite l'Associazione nazionale fra le imprese
assicuratrici (ANIA), la Federazione nazionale degli ordini dei medici
chirurghi e degli odontoiatri, nonche' le Federazioni nazionali degli ordini e
dei collegi delle professioni sanitarie e le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative delle categorie professionali interessate, anche
in attuazione dell'art.3 comma V, lettera e) del D.L.
n.138/2011, convertito, con modificazioni, dalla Legge n.148/2011, al fine
di agevolare l'accesso alla copertura assicurativa agli esercenti le
professioni sanitarie, sono disciplinati le procedure e i requisiti minimi e
uniformi per l'idoneità dei relativi contratti, in conformità ai seguenti
criteri:
a) determinare i casi
nei quali, sulla base di definite categorie di rischio professionale, prevedere
l'obbligo, in capo ad un fondo appositamente costituito, di garantire idonea
copertura assicurativa agli esercenti le professioni sanitarie. Il fondo viene
finanziato dal contributo dei professionisti che ne facciano espressa
richiesta, in misura definita in sede di contrattazione collettiva, e da un
ulteriore contributo a carico delle imprese autorizzate all'esercizio
dell'assicurazione per danni derivanti dall'attivita' medico-professionale,
determinato in misura percentuale ai premi incassati nel precedente esercizio,
comunque non superiore al 4 per cento del premio stesso, con provvedimento
adottato dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro
della salute e il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la
Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri,
nonche' le Federazioni nazionali degli ordini e dei collegi delle professioni
sanitarie;
b) determinare il
soggetto gestore del Fondo di cui alla lettera a) e le sue competenze senza
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
c) prevedere che i
contratti di assicurazione debbano essere stipulati anche in base a condizioni
che dispongano alla scadenza la variazione in aumento o in diminuzione del
premio in relazione al verificarsi o meno di sinistri e subordinare comunque la
disdetta della polizza alla reiterazione di una condotta colposa da parte del
sanitario accertata con sentenza definitiva.
3. Il danno biologico
conseguente all'attivita' dell'esercente della professione sanitaria e'
risarcito sulla base delle tabelle di cui agli artt.138 e 139 del Decreto
Legislativo. n.209/2005, eventualmente integrate con la procedura di cui
al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati
articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti
all'attività di cui al presente articolo.
4. Per i contenuti e le
procedure inerenti ai contratti assicurativi per i rischi derivanti
dall'esercizio dell'attivita' professionale resa nell'ambito del Servizio
sanitario nazionale o in rapporto di convenzione, il decreto di cui al comma 2
viene adottato sentita altresi' la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Resta comunque esclusa a
carico degli enti del Servizio sanitario nazionale ogni copertura assicurativa
della responsabilita' civile ulteriore rispetto a quella prevista, per il
relativo personale, dalla normativa contrattuale vigente.
5. Gli albi dei
consulenti tecnici d'ufficio di cui all'articolo 13 del R.D. dd. 18/12/1941
n.1368, recante disposizioni di attuazione del codice di procedura civile,
devono essere aggiornati con cadenza almeno quinquennale, al fine di garantire,
oltre a quella medico legale, una idonea e qualificata rappresentanza di
esperti delle discipline specialistiche dell'area sanitaria, anche con il
coinvolgimento delle società scientifiche tra i quali scegliere per la nomina
tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento.
6. Dall'applicazione del
presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
(a cura di Avv. Luca
Conti)
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