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mercoledì 22 gennaio 2025

DIRITTO DI FAMIGLIA: L'ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER I FIGLI MAGGIORENNI

 




L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER I

FIGLI MAGGIORENNI

 

L’assegno di mantenimento è dovuto non solo a favore dei figli minorenni, rispetto ai quali presume iuris tantum la “non autosufficienza economica”, ma anche a favore di quelli maggiorenni, il cui pagamento è dovuto fin tanto che gli stessi non abbiano conseguito un’attività lavorativa, tale da garantirgli - appunto - “l’autosufficienza economica”.

Il raggiungimento della maggiore età del figlio non comporta, pertanto, l’automatica cessazione dell’obbligo di mantenimento posto a carico dei genitori.

Come noto, entrambi i genitori sono tenuti al mantenimento dei figli in misura corrispondente alle proprie disponibilità economiche ed al proprio reddito, secondo il cosiddetto principio della proporzionalità (Cass. civ. sez. I, ord. n.4145 del 10.02.2023).

Quando il figlio maggiorenne convive con uno dei genitori, l’assegno di mantenimento va pagato direttamente al genitore convivente, posto che si presume che sia quest’ultimo a farsi carico delle spese domestiche per utenze, vitto, alloggio e così via. Lo stesso genitore convivente può attivarsi in sede giudiziale per pretendere coattivamente dall’altro genitore il pagamento del contributo al mantenimento.

Il genitore obbligato al pagamento - invece - non può decidere autonomamente di versare il mantenimento direttamente al figlio; infatti, l’ordinanza della Corte di cassazione, sez.I n.9700 del 13.04.2021 ha stabilito che il beneficiario dell’assegno così come indicato nel provvedimento di separazione o di divorzio non può essere modificato dalle parti arbitrariamente, ma solo per espressa disposizione del giudice.

Quando, invece, il figlio maggiorenne cessa di convivere col genitore collocatario (si pensi al caso degli studenti universitari fuori sede), può agire egli stesso iure proprio per pretendere da entrambi genitori il pagamento del mantenimento (art.337 septies c.c.). Ne segue che, cessata la convivenza, parimenti cessa in capo al genitore la legittimazione a richiedere all’altro genitore il contributo al mantenimento del figlio.

L'obbligo di versare l’assegno per il figlio divenuto maggiorenne ed economicamente autosufficiente può venire meno solo per disposizione dell’Autorità Giudiziaria previa domanda rivolta al Tribunale dal genitore obbligato.

Altrimenti detto, l’obbligazione di pagamento non cessa automaticamente, ma deve essere il genitore ad attivarsi per chiederne la revoca, provando al Tribunale che il figlio ha conseguito un’attività lavorativa stabile e la conseguente stabilità economica.

Nell’ordinamento italiano, la circostanza che il figlio maggiorenne prosegua il proprio percorso formativo dopo il liceo impegnandosi in studi avanzati costituisce una valida giustificazione per conservare il contributo al mantenimento.

Tuttavia, per gli adulti che non si trovano più in un percorso di studi, la dimostrazione di circostanze che impediscono l'indipendenza economica richiede una verifica rigorosa da parte del Tribunale, in linea con il principio di responsabilità personale.

Così, nel caso in cui il figlio di genitori separati o divorziati abbia ampiamente superato la maggiore età e non abbia ancora reperito una occupazione lavorativa stabile o che lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, egli non può soddisfare l'esigenza di una vita dignitosa mediante la sola attuazione dell'obbligo di mantenimento del genitore, quasi che questo sia destinato ad andare avanti per sempre, dovendosi invece impegnare nella ricerca di un lavoro stabile ed adeguato, ovvero ricorrendo ad altri strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito (Cass. civ. I sez., ord. n.29264 del 7.10.2022).

La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che, ultimato il percorso formativo prescelto, il figlio maggiorenne deve adoperarsi per rendersi economicamente autonomo. A tal fine, egli è tenuto ad impegnarsi razionalmente e attivamente per trovare un’occupazione, tenendo conto delle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni (Cass. civ.  I sez., ord. n.17183 del 14.08.2020).

Più di recente la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che trascorso un certo lasso di tempo dal completamento del ciclo di studi e conseguito un diploma, l’obbligo di mantenimento non può protrarsi oltre certi limiti di tempo e di ragionevolezza. Se il figlio (nella fattispecie esaminata dalla Corte aveva compiuto trent’anni) è ancora senza lavoro, il giudice può stabilire la cessazione del sostegno economico (Cass. civ., I sez., sent. n.2259 del 23.01.2024; Cass. civ., I sez., ord. n.24731 del 16.09.2024; Cass. civ., Sez. I, ord. 20 settembre 2023 n. 26875).

La Suprema Corte ha riassunto alcune tra le evenienze che comportano il sorgere ovvero la conferma del diritto al mantenimento del figlio maggiorenne non autosufficiente, quali:

a) la condizione di una peculiare minorazione o debolezza delle capacità personali;

b) la prosecuzione di studi ultra-liceali con diligenza - da cui si desuma l’esistenza di un iter volto alla realizzazione delle proprie aspirazioni ed attitudini;

c) l’essere trascorso un lasso di tempo ragionevolmente breve dalla conclusione degli studi in cui il figlio si sia razionalmente ed attivamente adoperato nella ricerca di un lavoro, nonché la mancanza di un qualsiasi lavoro, pur dopo l’effettuazione di tutti i possibili tentativi di ricerca.

Pertanto, nel caso in cui il figlio divenuto maggiorenne non sia in grado di dimostrare con idonee allegazioni l’avveramento di almeno una tra le tre succitate condizioni, la statuizione a carico del genitore obbligato dovrà essere revocata.

 

RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA

(art.337 septies c.c.)

Il raggiungimento di un'età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, è ampiamente concluso, la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute, o dovute ad altre peculiari contingenze personali, od oggettive quali le difficoltà di reperimento o di conservazione di un'occupazione), costituisce un importante indicatore d’inerzia colpevole del figlio maggiorenne. Ne consegue che gli ostacoli personali al raggiungimento dell'autosufficienza economico reddituale, in una fase di vita da qualificarsi pienamente adulta sotto il profilo anagrafico, devono venire puntualmente allegati e provati, se collocati all'interno di un percorso di vita caratterizzato da mancanza d'iniziativa e d'impegno verso un obiettivo prescelto (Cass. civ., sez. I, sent. 31564 del 9.1.2024).

Nel quantificare l'ammontare del contributo dovuto dal genitore non convivente per il mantenimento del figlio, anche se maggiorenne e non autosufficiente, si deve osservare il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto. Il principio di proporzionalità governa, quindi, il rapporto interno fra i genitori, imponendo che questi ultimi adempiano i loro obblighi nei confronti dei figli, in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la propria capacità di lavoro, professionale o casalingo, tenuto conto, altresì, dei tempi di permanenza del figlio presso l'uno o l'altro genitore e della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno (Cass. civ., sez. I, sent. 14371 del 23.5.2024).

Il figlio di genitori divorziati che abbia ampiamente superato la maggiore età senza aver reperito, pur spendendo il conseguito titolo professionale, una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può ulteriormente indugiare in attesa di un'occupazione consona alle proprie aspettative e titolo di studio, così da soddisfare le proprie esigenze economiche mediante l'attuazione dell'obbligo di mantenimento del genitore, dovendo piuttosto ricorrere - ferma restando l'obbligazione alimentare destinata a supplire alle esigenze di vita dell'individuo bisognoso - ai diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito (Cass. civ., sez. I, sent. 12123 del 6.5.2024).

Il figlio neomaggiorenne che prosegua nell'ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione ha diritto al mantenimento. Nel progressivo trascorrere del tempo deve invece attivarsi, specie ove non concluda gli studi, per il reperimento di una occupazione che gli consenta una vita dignitosa, anche eventualmente ridimensionando le proprie aspirazioni (Cass. civ., sez. I, sent. 9776 del 11.4.2024).

L'assegno di natura alimentare non può essere equiparato all'assegno di mantenimento per i figli, essendo diverse sia la natura e sia le finalità proprie dei due tipi di assegno, solo in minima parte potendo coincidere le due provvidenze. Invero, l'assegno di mantenimento può comprende anche la quota alimentare e non presuppone necessariamente lo stato di bisogno, su cui il ricorrente ampiamente ha insistito, dimostrando di avere qualificato la domanda originaria proprio come domanda per alimenti, così come ritenuto dai giudici di merito in primo e secondo grado. In ogni caso, la domanda di assegno alimentare costituisce, comunque, un minus rispetto alla domanda di riconoscimento di un assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne portatore di handicap grave e richiede la ricorrenza di un più stringente presupposto, costituito dallo stato di bisogno. Ne consegue che la domanda di mantenimento, ove venga formulata per la prima volta in appello in un giudizio alimentare promosso ai sensi dell’art.433 c.c., diversamente che nel caso inverso, è inammissibile e va qualificata come domanda nuova ai sensi dell’art. 345 c.p.c., atteso che la diversa natura degli interessi ad essa sottesi comporterebbe un ampliamento della materia giustiziabile incompatibile con il rispetto dei principi del contraddittorio, del diritto di difesa e del giusto processo (Cass. civ., sez. I, sent. 2710 del 29.1.2024).

In tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l'onere della prova della sussistenza delle condizioni su cui si fonda il diritto, che è a carico del richiedente (il genitore con cui il figlio vive o il figlio stesso), è particolarmente gravoso per il 'figlio adulto', vertendo sulle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa (Cass. civ., sez. I, ord. 2252 23.1.2024).

Nel caso in cui il figlio di genitori separati o divorziati abbia ampiamente superato la maggiore età e non abbia ancora reperito una occupazione lavorativa stabile o che lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, egli non può soddisfare l'esigenza di una vita dignitosa mediante la sola attuazione dell'obbligo di mantenimento del genitore, quasi che questo sia destinato ad andare avanti per sempre, dovendosi invece impegnare nella ricerca di un lavoro stabile ed adeguato, ovvero ricorrendo ad altri strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito (Cass. civ., sez. I, ord. 29264 del 7.10.2022).

Ultimato il percorso formativo prescelto, il figlio maggiorenne deve adoperarsi per rendersi economicamente autonomo. A tal fine, egli è tenuto ad impegnarsi razionalmente e attivamente per trovare un’occupazione, tenendo conto delle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni (Cass. civ. , sez. I, ord. 17183 del 14.8.2020).

Trascorso un certo lasso di tempo dal completamento del ciclo di studi e conseguito un diploma, l’obbligo di mantenimento non può protrarsi oltre certi limiti di tempo e di ragionevolezza. Se il figlio (nella fattispecie esaminata dalla Corte aveva compiuto trent’anni) è ancora senza lavoro, il giudice può stabilire la cessazione del sostegno economico (Cass. civ., sez. I, ord. 26875 del 20.9.2023).

In materia di separazione dei coniugi, la legittimazione "iure proprio" del genitore a richiedere l'aumento dell'assegno di mantenimento del figlio maggiorenne non ancora autosufficiente economicamente, che non abbia formulato autonoma richiesta giudiziale, sussiste quand'anche costui si allontani per motivi di studio dalla casa genitoriale, qualora detto luogo rimanga in concreto un punto di riferimento stabile al quale fare sistematico ritorno e sempre che il genitore anzidetto sia quello che, pur in assenza di coabitazione abituale o prevalente, provveda materialmente alle esigenze del figlio, anticipando ogni esborso necessario per il suo sostentamento presso la sede di studio (Cass. civ., sez. I, sent. 29977 del 31.12.2020).

Il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un'occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell'attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni (Cass. civ., sez. I, ord. 17183 del 14.08.2020).

La cessazione dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che abbia riguardo all'età, all'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto verso la ricerca di un'occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, da parte dell'avente diritto, dal momento del raggiungimento della maggiore età (Cass. civ., sez. VI, ord. 5088 del 5.3.2018).

Il genitore separato o divorziato tenuto al mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente e convivente con l’altro genitore non può pretendere, in mancanza di una specifica domanda del figlio in sede giudiziaria di assolvere la propria prestazione nei confronti di quest'ultimo anziché del genitore istante, non avendo egli alcuna autonomia nella scelta del soggetto nei cui confronti adempiere (Cass. civ., sez. I, sent. 12391 del 17.3.2017).

La cessazione dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che abbia riguardo all'età, all'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto verso la ricerca di un'occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, da parte dell'avente diritto, dal momento del raggiungimento della maggiore età (Cass. civ., sez. I, sent. 12952 del 22.6.2016).

 

(a cura di Avv. Luca Conti)


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