L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER I
FIGLI MAGGIORENNI
L’assegno di mantenimento è
dovuto non solo a favore dei figli minorenni, rispetto ai quali presume iuris
tantum la “non autosufficienza economica”,
ma anche a favore di quelli maggiorenni, il cui pagamento è dovuto fin tanto
che gli stessi non abbiano conseguito un’attività lavorativa, tale da
garantirgli - appunto - “l’autosufficienza
economica”.
Il raggiungimento della
maggiore età del figlio non comporta, pertanto, l’automatica cessazione
dell’obbligo di mantenimento posto a carico dei genitori.
Come noto, entrambi i genitori sono tenuti al mantenimento dei figli in misura corrispondente alle proprie
disponibilità economiche ed al proprio reddito, secondo il cosiddetto principio
della proporzionalità (Cass. civ. sez. I, ord.
n.4145 del 10.02.2023).
Quando il figlio maggiorenne convive
con uno dei genitori, l’assegno di mantenimento va pagato direttamente al
genitore convivente, posto che si presume che sia quest’ultimo a farsi carico
delle spese domestiche per utenze, vitto, alloggio e così via. Lo stesso
genitore convivente può attivarsi in sede giudiziale per pretendere
coattivamente dall’altro genitore il pagamento del contributo al mantenimento.
Il genitore obbligato al
pagamento - invece - non può decidere autonomamente di versare il mantenimento
direttamente al figlio; infatti, l’ordinanza della Corte
di cassazione, sez.I n.9700 del 13.04.2021 ha
stabilito che il beneficiario dell’assegno così come indicato nel provvedimento
di separazione o di divorzio non può essere modificato dalle parti
arbitrariamente, ma solo per espressa disposizione del giudice.
Quando, invece, il figlio
maggiorenne cessa di convivere col genitore collocatario (si pensi al caso
degli studenti universitari fuori sede), può agire egli stesso iure proprio per
pretendere da entrambi genitori il pagamento del mantenimento (art.337 septies c.c.). Ne segue
che, cessata la convivenza, parimenti cessa in capo al genitore la
legittimazione a richiedere all’altro genitore il contributo al
mantenimento del figlio.
L'obbligo di versare l’assegno
per il figlio divenuto maggiorenne ed economicamente autosufficiente può venire
meno solo per disposizione dell’Autorità
Giudiziaria previa domanda rivolta al Tribunale dal genitore
obbligato.
Altrimenti detto, l’obbligazione di pagamento non cessa automaticamente, ma
deve essere il genitore ad attivarsi per chiederne la revoca,
provando al Tribunale che il figlio ha conseguito un’attività lavorativa
stabile e la conseguente stabilità economica.
Nell’ordinamento italiano, la
circostanza che il figlio maggiorenne prosegua il proprio percorso formativo dopo
il liceo impegnandosi in studi avanzati costituisce una valida giustificazione
per conservare il contributo al mantenimento.
Tuttavia, per gli adulti che
non si trovano più in un percorso di studi, la dimostrazione di circostanze che
impediscono l'indipendenza economica richiede una verifica rigorosa da parte
del Tribunale, in linea con il principio di responsabilità personale.
Così, nel caso in cui il
figlio di genitori separati o divorziati abbia ampiamente superato la maggiore
età e non abbia ancora reperito una occupazione lavorativa stabile o che lo
remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, egli non può soddisfare l'esigenza di una vita dignitosa
mediante la sola attuazione dell'obbligo di mantenimento del genitore, quasi
che questo sia destinato ad andare avanti per sempre, dovendosi invece impegnare nella ricerca di un
lavoro stabile ed adeguato, ovvero ricorrendo ad altri strumenti di ausilio,
ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al
reddito (Cass. civ. I sez., ord. n.29264 del
7.10.2022).
La giurisprudenza di
legittimità ha avuto modo di chiarire che, ultimato il percorso formativo prescelto, il figlio maggiorenne deve
adoperarsi per rendersi economicamente autonomo. A tal fine, egli è tenuto ad
impegnarsi razionalmente e attivamente per trovare un’occupazione, tenendo
conto delle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso
ridimensionando le proprie aspirazioni (Cass. civ.
I sez., ord. n.17183 del 14.08.2020).
Più di recente la Suprema
Corte ha avuto modo di chiarire che trascorso un certo lasso di tempo dal
completamento del ciclo di studi e conseguito un diploma, l’obbligo di
mantenimento non può protrarsi oltre certi limiti di tempo e di ragionevolezza.
Se il figlio (nella fattispecie esaminata dalla Corte aveva compiuto
trent’anni) è ancora senza lavoro, il giudice può stabilire la cessazione
del sostegno economico (Cass. civ., I sez.,
sent. n.2259 del 23.01.2024; Cass. civ., I sez., ord. n.24731 del 16.09.2024;
Cass. civ., Sez. I, ord. 20 settembre 2023 n. 26875).
La Suprema Corte ha riassunto alcune tra le evenienze che
comportano il sorgere ovvero la conferma del diritto al
mantenimento del figlio maggiorenne non autosufficiente, quali:
a)
la condizione di una peculiare minorazione o debolezza delle capacità
personali;
b)
la prosecuzione di studi ultra-liceali con diligenza - da cui si desuma
l’esistenza di un iter volto
alla realizzazione delle proprie aspirazioni ed attitudini;
c)
l’essere trascorso un lasso di tempo ragionevolmente breve dalla conclusione
degli studi in cui il figlio si sia razionalmente ed attivamente adoperato
nella ricerca di un lavoro, nonché la mancanza di un qualsiasi lavoro, pur dopo
l’effettuazione di tutti i possibili tentativi di ricerca.
Pertanto,
nel caso in cui il figlio divenuto maggiorenne non sia in grado di
dimostrare con idonee allegazioni l’avveramento di almeno una tra le tre
succitate condizioni, la statuizione a carico del genitore obbligato dovrà
essere revocata.
RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
(art.337 septies c.c.)
Il raggiungimento di un'età
nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, è
ampiamente concluso, la condizione di persistente mancanza di autosufficienza
economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute,
o dovute ad altre peculiari contingenze personali, od oggettive quali le
difficoltà di reperimento o di conservazione di un'occupazione), costituisce un
importante indicatore d’inerzia colpevole del figlio maggiorenne. Ne consegue
che gli ostacoli personali al raggiungimento dell'autosufficienza economico
reddituale, in una fase di vita da qualificarsi pienamente adulta sotto il
profilo anagrafico, devono venire puntualmente allegati e provati, se collocati
all'interno di un percorso di vita caratterizzato da mancanza d'iniziativa e
d'impegno verso un obiettivo prescelto (Cass.
civ., sez. I, sent. 31564 del 9.1.2024).
Nel quantificare l'ammontare
del contributo dovuto dal genitore non convivente per il mantenimento del
figlio, anche se maggiorenne e non autosufficiente, si deve osservare il
principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi
di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del
figlio e del tenore di vita da lui goduto. Il principio di proporzionalità governa,
quindi, il rapporto interno fra i genitori, imponendo che questi ultimi
adempiano i loro obblighi nei confronti dei figli, in proporzione alle
rispettive sostanze e secondo la propria capacità di lavoro, professionale o
casalingo, tenuto conto, altresì, dei tempi di permanenza del figlio presso
l'uno o l'altro genitore e della valenza economica dei compiti domestici e di
cura assunti da ciascuno (Cass. civ., sez. I,
sent. 14371 del 23.5.2024).
Il figlio di genitori
divorziati che abbia ampiamente superato la maggiore età senza aver reperito,
pur spendendo il conseguito titolo professionale, una occupazione lavorativa
stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente
autosufficiente, non può ulteriormente indugiare in attesa di un'occupazione
consona alle proprie aspettative e titolo di studio, così da soddisfare le
proprie esigenze economiche mediante l'attuazione dell'obbligo di mantenimento
del genitore, dovendo piuttosto ricorrere - ferma restando l'obbligazione
alimentare destinata a supplire alle esigenze di vita dell'individuo bisognoso
- ai diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono
finalizzati ad assicurare sostegno al reddito (Cass.
civ., sez. I, sent. 12123 del 6.5.2024).
Il figlio neomaggiorenne che
prosegua nell'ordinario percorso di studi superiori o universitari o di
specializzazione ha diritto al mantenimento. Nel progressivo trascorrere del
tempo deve invece attivarsi, specie ove non concluda gli studi, per il reperimento
di una occupazione che gli consenta una vita dignitosa, anche eventualmente
ridimensionando le proprie aspirazioni (Cass.
civ., sez. I, sent. 9776 del 11.4.2024).
L'assegno di natura alimentare
non può essere equiparato all'assegno di mantenimento per i figli, essendo
diverse sia la natura e sia le finalità proprie dei due tipi di assegno, solo
in minima parte potendo coincidere le due provvidenze. Invero, l'assegno di
mantenimento può comprende anche la quota alimentare e non presuppone
necessariamente lo stato di bisogno, su cui il ricorrente ampiamente ha
insistito, dimostrando di avere qualificato la domanda originaria proprio come
domanda per alimenti, così come ritenuto dai giudici di merito in primo e
secondo grado. In ogni caso, la domanda di assegno alimentare costituisce,
comunque, un minus rispetto alla domanda di riconoscimento di
un assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne portatore di handicap
grave e richiede la ricorrenza di un più stringente presupposto, costituito
dallo stato di bisogno. Ne consegue che la domanda di mantenimento, ove venga
formulata per la prima volta in appello in un giudizio alimentare promosso ai
sensi dell’art.433 c.c., diversamente che nel caso inverso, è inammissibile e
va qualificata come domanda nuova ai sensi dell’art. 345 c.p.c., atteso che la
diversa natura degli interessi ad essa sottesi comporterebbe un ampliamento
della materia giustiziabile incompatibile con il rispetto dei principi del
contraddittorio, del diritto di difesa e del giusto processo (Cass. civ., sez. I, sent. 2710 del 29.1.2024).
In tema di mantenimento del
figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l'onere della prova della
sussistenza delle condizioni su cui si fonda il diritto, che è a carico del
richiedente (il genitore con cui il figlio vive o il figlio stesso), è particolarmente
gravoso per il 'figlio adulto', vertendo sulle circostanze, oggettive ed
esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma
collocazione lavorativa (Cass. civ., sez. I,
ord. 2252 23.1.2024).
Nel caso in cui il figlio di
genitori separati o divorziati abbia ampiamente superato la maggiore età e non
abbia ancora reperito una occupazione lavorativa stabile o che lo remuneri in
misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, egli non può soddisfare
l'esigenza di una vita dignitosa mediante la sola attuazione dell'obbligo di
mantenimento del genitore, quasi che questo sia destinato ad andare avanti per
sempre, dovendosi invece impegnare nella ricerca di un lavoro stabile ed
adeguato, ovvero ricorrendo ad altri strumenti di ausilio, ormai di dimensione
sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito (Cass. civ., sez. I, ord. 29264 del 7.10.2022).
Ultimato il percorso formativo prescelto, il figlio
maggiorenne deve adoperarsi per rendersi economicamente autonomo. A tal fine,
egli è tenuto ad impegnarsi razionalmente e attivamente per trovare
un’occupazione, tenendo conto delle opportunità reali offerte dal mercato del
lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni (Cass. civ. , sez.
I, ord. 17183 del 14.8.2020).
Trascorso un certo lasso di
tempo dal completamento del ciclo di studi e conseguito un diploma, l’obbligo
di mantenimento non può protrarsi oltre certi limiti di tempo e di
ragionevolezza. Se il figlio (nella fattispecie esaminata dalla Corte aveva
compiuto trent’anni) è ancora senza lavoro, il giudice può stabilire la
cessazione del sostegno economico (Cass. civ., sez.
I, ord. 26875 del 20.9.2023).
In materia di separazione dei
coniugi, la legittimazione "iure proprio" del genitore a richiedere
l'aumento dell'assegno di mantenimento del figlio maggiorenne non ancora
autosufficiente economicamente, che non abbia formulato autonoma richiesta
giudiziale, sussiste quand'anche costui si allontani per motivi di studio dalla
casa genitoriale, qualora detto luogo rimanga in concreto un punto di
riferimento stabile al quale fare sistematico ritorno e sempre che il genitore
anzidetto sia quello che, pur in assenza di coabitazione abituale o prevalente,
provveda materialmente alle esigenze del figlio, anticipando ogni esborso
necessario per il suo sostentamento presso la sede di studio (Cass. civ., sez. I, sent. 29977 del 31.12.2020).
Il figlio divenuto maggiorenne
ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il
prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere
probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo
economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un'occupazione in base
alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso
ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell'attesa di una
opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni (Cass. civ., sez. I, ord. 17183 del 14.08.2020).
La cessazione dell'obbligo di
mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su
un accertamento di fatto che abbia riguardo all'età, all'effettivo
conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto
verso la ricerca di un'occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla
complessiva condotta personale tenuta, da parte dell'avente diritto, dal
momento del raggiungimento della maggiore età (Cass.
civ., sez. VI, ord. 5088 del 5.3.2018).
Il genitore separato o
divorziato tenuto al mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente
autosufficiente e convivente con l’altro genitore non può pretendere, in
mancanza di una specifica domanda del figlio in sede giudiziaria di assolvere
la propria prestazione nei confronti di quest'ultimo anziché del genitore
istante, non avendo egli alcuna autonomia nella scelta del soggetto nei cui confronti
adempiere (Cass. civ., sez. I, sent. 12391 del
17.3.2017).
La cessazione dell'obbligo di
mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su
un accertamento di fatto che abbia riguardo all'età, all'effettivo
conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto
verso la ricerca di un'occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla
complessiva condotta personale tenuta, da parte dell'avente diritto, dal
momento del raggiungimento della maggiore età (Cass.
civ., sez. I, sent. 12952 del 22.6.2016).
(a cura di Avv. Luca Conti)
Nessun commento:
Posta un commento