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lunedì 21 ottobre 2019

L'AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO





NOMINA, REVOCA ED OBBLIGHI GESTIONALI
DELL'AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO


Il 18 giugno 2013 è entrata in vigore la legge n.220/2012 che ha messo messo mano al Libro III, Titolo VII, Capo II del Codice Civile, riordinando ed innovando tutta la materia condominiale.
In  particolare, la legge n.220/2012 ha innovato la figura dell'amministratore, che oggi si presenta come un professionista specializzato, tenuto ad obblighi ben precisi e complessi.
Alla figura dell’amministratore, alla sua nomina / revoca ed agli adempimenti cui è obbligato è dedicato l’art. 1129 c.c.:
[I]. Quando i condomini sono più di otto, se l'assemblea non vi provvede, la nomina dell'amministratore è fatta dall'autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini, o dell'amministratore dimissionario.
[II]. Contestualmente all'accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell'incarico, l'amministratore comunica i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell'articolo 1130, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all'amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata.
[III]. L'assemblea può subordinare la nomina dell'amministratore alla presentazione ai condomini di una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell'esercizio del mandato.
[VI]. L'amministratore è tenuto altresì ad adeguare i massimali della polizza se nel periodo del suo incarico l'assemblea deliberi lavori straordinari. Tale adeguamento non deve essere inferiore all'importo di spesa deliberato e deve essere effettuato contestualmente all'inizio dei lavori. Nel caso in cui l'amministratore sia coperto da una polizza di assicurazione per la responsabilità civile professionale generale per l'intera attività da lui svolta, tale polizza deve essere integrata con una dichiarazione dell'impresa di assicurazione che garantisca le condizioni previste dal periodo precedente per lo specifico condominio.
[V]. Sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa l'indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici, dell'amministratore.
[VI]. In mancanza dell'amministratore, sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa l'indicazione delle generalità e dei recapiti, anche telefonici, della persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell'amministratore.
[VII]. L'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell'amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.
[VIII]. Alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi.
[IX]. Salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del presente codice.
[X]. L'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende tacitamente rinnovato per eguale durata. L'assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore.
[XI]. La revoca dell'amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall'assemblea con la maggioranza prevista per la sua nomina (50%+1 degli intervenuti in assemblea in rappresentanza di almeno 500 millesimi di valore dell'edificio, n.d.r.) oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. Può altresì essere disposta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell'articolo 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità. Nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto disposto dal numero 3) del dodicesimo comma del presente articolo, i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all'amministratore. In caso di mancata revoca da parte dell'assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all'autorità giudiziaria; in caso di accoglimento della domanda, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell'amministratore revocato.
[XII]. Costituiscono gravi irregolarità, tra le altre: 
1) l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l'assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge;
2) la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell'assemblea;
3) la mancata apertura ed utilizzazione del conto di cui al settimo comma;
4) la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell'amministratore o di altri condomini;
5) l'aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio;
6) qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l'aver omesso di curare diligentemente l'azione e la conseguente esecuzione coattiva;
7) l'inottemperanza agli obblighi di cui all'articolo 1130, numeri 6), 7) e 9);
8) l'omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma del presente articolo.
 [XIII]. In caso di revoca da parte dell'autorità giudiziaria, l'assemblea non può nominare nuovamente l'amministratore revocato.
[XIV]. L'amministratore, all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta.
[XV]. Per quanto non disciplinato dal presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla sezione I del capo IX del titolo III del libro IV.
[XVI]. Il presente articolo si applica anche agli edifici di alloggi di edilizia popolare ed economica, realizzati o recuperati da enti pubblici a totale partecipazione pubblica o con il concorso dello Stato, delle regioni, delle province o dei comuni, nonché a quelli realizzati da enti pubblici non economici o società private senza scopo di lucro con finalità sociali proprie dell'edilizia residenziale pubblica.

Dall’art. 1129 c.c. emerge con chiarezza che l’obbligo di nominare un amministratore scatta quando all'interno dell’edificio i condomini sono più di otto. 
L'ufficio di amministratore dura un anno ed è tacitamente rinnovabile per l’identica durata; tuttavia l'amministratore può essere revocato anche dall'Autorità Giudiziaria su ricorso di uno o più condomini se non tiene il rendiconto della propria gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità gestionali o contabili.
Le gravi irregolarità gestionali che giustificano la revoca dell'amministratore sono elencate nel 12° comma dell’art. 1129 c.c. (di cui si dirà in prosieguo), tra cui ricordiamo sommariamente la mancata convocazione dell’assemblea per l’approvazione del bilancio e del preventivo di gestione, la mancata esecuzione di provvedimenti resi dall’Autorità Giudiziaria, l’omessa attivazione della procedura di recupero dei contributi condominiali scaduti.
Qualora alla scadenza del mandato l'assemblea non provveda a nominare un nuovo amministratore, quello precedentemente in carica continua nell'esercizio delle proprie funzioni limitatamente all'ordinaria amministrazione, finché non viene sostituito dal nuovo amministratore; l'assemblea può revocare in qualsiasi momento la fiducia all'amministratore, anche senza che ricorra una giusta causa, se viene meno il rapporto fiduciario.
Per nominare e revocare l’amministratore occorre la maggioranza degli intervenuti in assemblea (50% +1) a propria volta rappresentativi di almeno 500 millesimi.
Ma quali sono i requisiti per essere nominato amministratore di condominio?
L'amministratore deve godere dei diritti civili; non deve avere riportato condanne penali per delitti contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio e/o per ogni altro delitto per cui è prevista la pena della reclusione nel minimo non inferiore a due anni e nel massimo a cinque anni; non deve essere interdetto o inabilitato; deve avere conseguito un diploma di scuola secondaria di secondo grado; deve avere frequentato un corso di formazione iniziale e svolgere attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale. 
Poiché il rapporto che lega l'amministratore al condominio è essenzialmente fiduciario, il venir meno del rapporto fiduciario può comportare la revoca dello stesso dal suo incarico.
Costituiscono GRAVI IRREGOLARITA' GESTIONALI che possono giustificare la revoca dell'amministratore di condominio ai sensi dell'art. 1129 comma XII c.c.:
a) l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale;
b) la mancata esecuzione delle delibere assembleari, dei provvedimenti giudiziari ed amministrativi;
c) la mancata apertura di un c/c dedicato al condominio;
d) la gestione del condominio secondo modalità che possono generare confusione tra il patrimonio del condominio e quello personale dell'amministratore;
e) l'avere omesso o ritardato di seguire diligentemente le azioni giudiziarie promosse per recuperare somme dovute al condominio;
f) l'avere acconsentito, per un credito insoddisfatto (che riguardi il condominio) alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio.

Un’ultima annotazione riguarda la gestione del patrimonio condominiale, che deve essere tenuta in modo da non generare confusione con quello personale dell’amministratore: il condominio, infatti, pur essendo privo di personalità giuridica, è munito di una propria titolarità fiscale ed è obbligo dell'amministratore di aprire un c/c dedicato al condominio del tutto distinto da quello personale dell'amministratore; quanto precede al fine di non creare confusione tra la gestione patrimoniale del condominio e quella dell'amministratore.

(a cura di avv. Luca Conti)

venerdì 18 ottobre 2019

LA TUTELA DEL CONSUMATORE NELLA COMPRAVENDITA DI AUTOMOBILI







LA TUTELA DEL CONSUMATORE
NELLA COMPRAVENDITA DI AUTOMOBILI

Ai sensi del Codice del Consumo (D. Lgs. 206/2005), ed in particolare ai sensi degli artt.128 e ss. del D. Lgs. 206/2005, che ha abrogato il previgente D. Lgs. n.24/2002, il venditore (concessionaria o autosalone) è responsabile nei confronti del consumatore di qualsiasi difetto di conformità del veicolo venduto - sia esso nuovo oppure usato - esistente al momento della consegna: in questo caso il consumatore ha diritto senza alcuna spesa a proprio carico al ripristino della conformità mediante riparazione o sostituzione del veicolo difettoso (art.130 D. Lgs. n.206/2005).

In particolare, ai sensi dell'art. 130 del D. Lgs. n.206/2005 il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del veicolo: in caso di difetto, il consumatore ha diritto al ripristino senza spese mediante riparazione o sostituzione dei pezzi difettosi, a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo di vendita, oppure in presenza di difetti più gravi (tali da rendere il bene inidoneo all'uso cui è destinato) alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi 7, 8 e 9. 

Il consumatore può chiedere al venditore di riparare il veicolo oppure di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile ovvero eccessivamente oneroso rispetto all'altro.  

Ogni patto contrario finalizzato a diminuire le garanzie per il consumatore è nullo.

Ai sensi dell'art. 132 comma III D. Lgs. 206/2005 si presumono già esistenti alla data di consegna del bene quei difetti di conformità che si manifestano nel termine di sei mesi dalla consegna del veicolo all'acquirente, a meno che i difetti lamentati siano incompatibili con la natura del bene stesso o del difetto di conformità.

In un'eventuale causa civile promossa nei confronti del venditore ed avente per oggetto l'esercizio del diritto di garanzia, il venditore può andare esente da responsabilità solo nei seguenti casi:

1) se prova che i difetti del veicolo sono stati causati dal consumatore successivamente all’acquisto del veicolo; 
2) se prova che i difetti sono stati determinati dal caso fortuito; 
3) se prova che l’acquirente del veicolo era consapevole già esistenti all’acquisto e ciò nonostante ha deciso ugualmente di acquistarlo, ad esempio sottoscrivendo la nota clausola “come visto, piaciuto”.
Quanto all’eliminazione dei difetti, questa deve essere effettuata entro un congruo termine decorrente dalla richiesta (scritta) da parte del consumatore e non deve arrecargli notevoli inconvenienti: nel caso che il venditore non abbia provveduto alla riparazione in un congruo termine e/o abbia omesso di rispondere alla richiesta scritta d'intervento, il consumatore ha diritto alla riduzione del prezzo pattuito per l'acquisto del veicolo (azione estimatoria) nella misura corrispondente al costo sostenuto per l'eliminazione dei difetti (art.130 D.Lgs. 206/2005).
Alternativamente all'azione estimatoria (riduzione del prezzo pattuito per l'acquisto in misura corrispondente all'entità dei difetti riscontrati) il consumatore può attivare la cosiddetta azione redibitoria, ossia la risoluzione del contratto, quando i difetti sono tali e tanti da rendere il veicolo del tutto inidoneo all'uso cui è destinato.
La denuncia dei difetti al venditore deve essere fatta per iscritto entro e non oltre sessanta giorni dalla scoperta (art. 128 D. Lgs. 206/2005).
Inoltre, la responsabilità del venditore si estende per due anni successivamente alla consegna del veicolo, con l'eccezione dei veicoli usati per i quali il termine biennale può essere ridotto convenzionalmente ad un solo anno, mentre il consumatore decade dalla garanzia se non denunzia per iscritto i difetti al venditore entro due mesi dalla scoperta.
Tutto quanto precede, rende legittima e fondata l'azione giudiziale estimatoria, finalizzata alla riduzione del prezzo di acquisto di una vettura usata, esercitata dal consumatore nei confronti del rivenditore, allorché il veicolo venduto sia risultato affetto da vizi / difetti di conformità occulti, non manifestamente riconoscibili, che ne compromettano in modo sensibile il normale utilizzo.

(a cura di avv. Luca Conti).





RESPONSABILITA' SANITARIA: ASL E MEDICO DI BASE RISPONDONO IN SOLIDO DEI DANNI AL PAZIENTE






A.S.L. E MEDICO DI BASE RISPONDONO IN SOLIDO
DEI DANNI CAUSATI AL PEZIENTE

La responsabilità medica conseguente “medical malpractice” trae origine dal “contratto atipico di spedalità” che lega il paziente al professionista e/o alla struttura sanitaria (pubblica o privata) cui si è rivolto in cerca di cure.
Sussiste responsabilità medica ogni volta che viene dimostrato il nesso causale tra la lesione del diritto alla salute del paziente e la condotta dolosa, colposa od omissiva dell'operatore sanitario, in concomitanza o meno con le inefficienze e carenze di una struttura sanitaria.
Quando gli effetti di una cura non sono quelli desiderati ovvero quando gli operatori hanno colposamente violato i protocolli sanitari per la cura di una determinata patologia, sorge nel paziente il diritto ad essere risarcito dei danni sofferti.
Le norme che regolano la responsabilità medica (da ultimo citiamo la legge “Gelli” n.24/2017) si applicano tanto nei confronti di operatori sanitari e strutture private, quanto nei confronti di soggetti pubblici, medici di base e A.S.L.
L'A.S.L., infatti, è responsabile ai sensi dell’art. 1228 c.c. (responsabilità per il fatto degli ausiliari) del fatto illecito commesso dal medico di base con essa convenzionato, nell'esecuzione di prestazioni curative che siano comprese tra quelle assicurate e garantite dal S.S.N. in base ai livelli stabiliti dalla legge: è questo il principio enunciato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.6243 del 27/03/2015 la quale ha ritenuto responsabili in solido tanto l'azienda sanitaria locale quanto il medico di base per i danni cagionati al paziente a causa della negligenza del proprio convenzionato.
Più precisamente, la Corte di Cassazione ha ritenuto che “la A.S.L. è responsabile civilmente, ai sensi dell'articolo 1228 del c.c., del fatto illecito che il medico con essa convenzionato per l'assistenza medico-generica, abbia commesso in esecuzione della prestazione curativa, ove resa nei limiti in cui la stessa è assicurata e garantita dal S.S.N. in base ai livelli stabiliti secondo la legge.
Infatti l'obbligo di erogare la prestazione curativa di tipo generico per quanto coperto dal S.S.N. sussiste solo in capo all'azienda sanitaria locale, che per svolgerlo si avvale anche dei medici di base convenzionati.
A nulla rileva che la scelta del medico di base sia operata dal paziente, dal momento che l'obbligatorietà della prestazione compete solo ed esclusivamente sulla A.S.L., mentre il rapporto di convenzionamento coi medici di base serve soltanto a coordinare l'azione delle strutture operative a gestione diretta con i medici di "medicina generale" cui è affidata l'assistenza primaria, ivi compresa la continuità assistenziale garantita a livello ambulatoriale e domiciliare dai medici di guardia.
La responsabilità che ricade sulla A.S.L. per il fatto dei propri ausiliari è dunque di tipo contrattuale e trova il proprio fondamento nell'obbligatorietà dei livelli essenziali di assistenza medica stabiliti dalla legge.
Sulla stessa linea si pone anche una successiva pronuncia della Corte di Cassazione che con la sentenza n.6436 del 31/03/2015 aveva ritenuto fondata la responsabilità solidale tanto della A.S.L. quanto del medico convenzionato, in un caso di richiesta risarcitoria promossa da due genitori per i danni cagionati al proprio figlio, un neonato colpito da meningite a causa delle carenze igienico / strutturali della struttura sanitaria.
In precedenza, tuttavia, va segnalato l'orientamento diametralmente opposto della giurisprudenza di legittimità, laddove la stessa Corte di Cassazione con la sentenza n.41982 del 25/10/2012 aveva negato la sussistenza dell'invocata responsabilità solidale in capo alla A.S.L. nel caso di un paziente deceduto per una emorragia cerebrale cagionata della negligenza del proprio medico, che aveva omesso di prescrivergli un esame emocromocitometrico stante la gravità della patologia di cui soffriva. 
Così si esprimeva ai tempi la Corte di Cassazione con la sentenza n.41982 /2012:in tema di colpa medica, la A.S.L. non risponde quale responsabile civile dei danni, conseguenza di reato, arrecati da un medico generico convenzionato (cosiddetto medico di base), posto che il rapporto tra essi, pur sostanziandosi nella prestazione di un'opera professionale che ha i connotati della collaborazione coordinata e continuativa, non è caratterizzato dal controllo da parte dell'ASL circa il contenuto o la qualità della prestazione stessa né può essere definito di pubblico impiego”.
Ancor prima, sempre la Corte di Cassazione con la sentenza n.36502 del 11/04/2008 (ex multis si veda anche Cass. pen., sez. IV, n.34460 del 14/08/2003) aveva negato che dalla condotta negligente del medico di base in danno del paziente potesse ricavarsi una qualche forma di responsabilità solidale della A.S.L. ai sensi degli artt. 1228 c.c. (responsabilità per il fatto degli ausiliari) e/o 2049 c.c. (responsabilità dei padroni e dei committenti): “in ordine ai danni arrecati dal medico convenzionato a un paziente, deve escludersi che possa esserne chiamata a rispondere, quale responsabile civile, la Asl. Una responsabilità della Asl, infatti, non può ravvisarsi in base agli articoli 1218 e 2043 del codice civile, visto che la prestazione sanitaria è fornita direttamente dal medico, che è unico debitore del «servizio sanitario», con esclusione di qualunque relazione fra l'azienda sanitaria e il paziente. Né la responsabilità della Asl può essere ipotizzata invocando il disposto degli articoli 1228 e 2049 del codice civile, giacché non ricorre né un rapporto di immedesimazione organica né di ausiliarietà fra l'azienda sanitaria e il medico convenzionato, che va considerato alla stregua di un libero professionista del tutto autonomo, scelto dal paziente in piena libertà. Del resto, la Asl, in concreto, non esercita alcun potere di vigilanza, controllo e direzione sul medico convenzionato, il quale è del tutto libero sia nella predisposizione dell'organizzazione che mette a disposizione del paziente, sia nella scelta delle cure da praticare”.
Dunque, con la sentenza n.6243/2015 la Corte di Cassazione ha compiuto un deciso balzo in avanti a maggior tutela del paziente, ribaltando diametralmente l'orientamento fatto proprio in precedenza, arrivando ad affermare i seguenti principi:
a) il primo ed unico titolare dell'obbligatorietà delle prestazioni sanitarie essenziali è la A.S.L. e non il medico di base;
b) il medico di base nell'attuare le prestazioni sanitarie essenziali coperte dal S.S.N. non opera come libero professionista, bensì come longa manus della stessa A.S.L.;
c) la prestazione eseguita dal medico di base costituisce soltanto il momento esecutivo di una prestazione obbligatoria e preesistente per legge a protezione del paziente; 
d) il meccanismo del convenzionamento assicura esclusivamente il coordinamento tra le varie strutture sanitarie e la A.S.L. che è titolare dell'obbligazione;
e) a nulla rileva che la scelta del medico di base sia effettuata dal paziente, dal momento che il medico viene scelto tra quelli iscritti in apposti registri tenuti ed aggiornati proprio dalla A.S.L.
Ne segue che l'azienda sanitaria locale in quanto destinataria del precetto costituzionale stabilito dall'art. 32 della Costituzione (tutela della salute quale diritto fondamentale di ogni individuo) è tenuta ad eseguire correttamente le prestazioni coperte dal S.S.N. (ossia le prestazioni assistenziali minime), rispondendo del danno procurato al paziente in caso di inadempimento ovvero di inesatto adempimento della prestazione dovuta ai sensi dell'art. 1218 c.c.; laddove per eseguire detta prestazione si sia avvalsa dei medici di base convenzionati, in virtù del rapporto di preposizione e di coordinamento continuativo tra A.S.L. ed il medico convenzionato, la A.S.L. risponde solidalmente con quest'ultimo ai sensi dell'art. 1228 c.c. del danno cagionato al paziente da medical malpractice.

(a cura di Avv. Luca Conti).





lunedì 14 ottobre 2019

RESPONSABILITA' SANITARIA: LA RIFORMA GELLI






L'EVOLUZIONE DELLA RESPONSABILITA' SANITARIA
ALLA LUCE DELLA RIFORMA GELLI

(Legge n.24 del 08/03/2017)

La responsabilità sanitaria derivante da “medical malpractice” trae origine dal contratto atipico di spedalità o da "contatto sociale" e sussiste ogni volta che viene dimostrato il NESSO DI CAUSALITA' tra la LESIONE DEL DIRITTO ALLA SALUTE del paziente e la CONDOTTA (commissiva od omissiva) DOLOSA O COLPOSA dell'operatore sanitario, in concomitanza o meno con le inefficienze e carenze di una struttura sanitaria.

Il concetto di responsabilità sanitaria si riferisce alle azioni ovvero alle omissioni di un sistema più o meno complesso di persone, in cui il SOGGETTO CONTRATTUALMENTE DEBOLE è il paziente, ossia colui che è destinatario di prestazioni mediche di ogni tipo (diagnostiche, preventive, ospedaliere, terapeutiche, chirurgiche, estetiche, assistenziali, ecc.) svolte da SOGGETTI CONTRATTUALMENTE FORTI, ossia da medici e personale sanitario con diversificate qualificazioni, quali infermieri, assistenti sanitari, tecnici di radiologia medica, tecnici di riabilitazione e così via.
Quando gli effetti di una cura non sono quelli sperati ovvero quando gli operatori hanno dolosamente o colposamente (per negligenza, imprudenza o imperizia) violato i protocolli sanitari per la cura di una determinata patologia, sorge nel paziente il diritto ad essere risarcito dei danni sofferti, che possono essere di varia natura: dal danno biologico (temporaneo o permanente), al danno estetico, al danno morale per le sofferenze causate dall’aggravamento di una patologia, ed infine a tutti i danni patrimoniali che ne sono diretta conseguenza (ulteriori spese mediche, perdita della capacità lavorativa, ecc.).

In data 01/04/2017 è entrata in vigore la legge n.24/2017 del 08/03/2017 meglio nota come "Legge Gelli", che contiene nuove disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale per gli esercenti le professioni sanitarie.

Scopo della legge è quello riorganizzare, attraverso una nuova e più uniforme disciplina (valida sia per le strutture pubbliche sia per quelle private), la sicurezza delle cure mediche quale corollario del diritto alla salute (art.1), determinando nuovi criteri per la prevenzione del rischio, introducendo nuovi principi di trasparenza e la cartella clinica digitale (art.4), ed infine riformando le norme penali col proposito di limitare il più possibile la responsabilità penale degli esercenti le professioni sanitarie ai soli casi di dolo e colpa grave (art.5).


TRASPARENZA DEI DATI E CARTELLA CLINICA

Il primo aspetto di particolare interesse della riforma attiene alla "trasparenza dei dati" del paziente, disciplinata dall'art. 4 della Legge n.24/2017.

Ai sensi dell'art.4 "(...) le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture pubbliche e da quelle private sono soggette all'obbligo di trasparenza (...) entro sette giorni dalla richiesta il paziente ha diritto di ricevere tutta la documentazione sanitaria, preferibilmente in formato elettronico, mentre le eventuali integrazioni devono essere fornite al paziente entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta (...)".


DEPENALIZZAZIONE IN CASO DI IMPERIZIA
IL SUPERAMENTO DEL DISTINGUO TRA COLPA GRAVE E COLPA LIEVE

Il secondo aspetto di rilievo attiene, invece, alla DERESPONSABILIZZAZIONE PENALE degli esercenti la professione medica, introducendo nel codice penale l'art. 590 sexies c.p.(...) se i fatti di cui agli artt. 589 e 590 c.p. (omicidio colposo e lesioni personali colpose) sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste, salvo quanto disposto dal II comma. Qualora l'evento dannoso si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa se sono state rispettate le linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge, ovvero in mancanza di queste se sono state rispettate le buone pratiche clinico assistenziali (...).

L'introduzione nel Codice Penale dell'art. 590 sexies c.p. equivale a limitare ai soli casi di dolo o colpa grave la responsabilità penale del medico, il quale se si è attenuto alle linee guida della comunità scientifica ovvero se ha agito in conformità alla buona prassi clinico / assistenziale, risponderà per i danni cagionati al paziente solo in sede civile ed ai sensi dell'art. 2043 c.c. (responsabilità extracontrattuale).


IL RISARCIMENTO DEL DANNO IN SEDE CIVILE

Si viene - così - al terzo aspetto di rilievo della riforma: l'inquadramento sotto il profilo civilistico della responsabilità di strutture sanitarie (pubbliche e private) e degli esercenti le professioni sanitarie (medici, chirurghi, etc.) per i danni cagionati al paziente, disciplinata dall'art. 7 della legge n.24/2017.

Ai sensi dell'art. 7 (...) la struttura sanitaria pubblica o privata che nell'adempimento della propria obbligazione si avvale di esercenti la professione sanitaria - ancorché scelti dal paziente e non dipendenti dalla struttura stessa - risponde delle loro condotte dolose o colpose ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c. (...) l'esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell'art. 2043 c.c., salvo che abbia agito nell'adempimento di un'obbligazione contrattuale assunta col paziente. Il giudice, nella determinazione del risarcimento, tiene conto della condotta  dell'esercente la professione sanitaria ai sensi dell'art. 5 e dell'art. 590 sexies c.p. (...) il danno conseguente all'attività della struttura sociosanitaria pubblica o privata e dell'operatore sanitario è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni [D. Lgs. 209 del 07/09/2005].

Dalla norma che precede si possono trarre i seguenti insegnamenti:

a) il rapporto che lega il paziente alla struttura sanitaria (indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della stessa) è sempre di natura contrattuale, sicché la stessa risponde dei danni al paziente sotto forma di inadempimento contrattuale ai sensi degli artt. 1218 c.c. (inadempimento contrattuale) e art. 1228 c.c. (responsabilità per il fatto degli ausiliari).
b) il rapporto che lega il paziente al singolo operatore sanitario all'interno di una struttura complessa non è mai di natura contrattuale, sicché egli risponde civilmente ai sensi del solo art. 2043 c.c.
c) nella determinazione dell'entità del danno il Giudice deve tenere conto della condotta dell'operatore sanitario, ossia se questi si sia conformato o meno alle buone pratiche mediche ed alle linee guida avallate dalla comunità scientifica o in mancanza dalla prassi.
d) nella determinazione del risarcimento il Giudice si deve attenere alle tabelle previste dagli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni. 



IL TENTATIVO DI MEDIAZIONE OBBLIGATORIA

Ai sensi dell'art.8 della legge n.24/2017 prima di esperire l'azione risarcitoria in giudizio, il paziente che lamenta un danno da medical malpractice deve attivare la procedura di cui all'art. 696 bis c.p.c. (consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite) o in alternativa il tentativo di mediazione obbligatoria previsto dall'art. 5 D. Lgs. n.28/2010 (tentativo di mediazione obbligatoria): in entrambi i casi, l'esperimento di questi due strumenti deflattivi del contenzioso civile (alternativi tra loro) è condizione di procedibilità della successiva causa civile; tocca al convenuto eccepire non oltre la prima udienza la violazione dell'art.8 della presente legge, oppure può essere rilevato d'ufficio. 

Allorché il giudice civile accerti che la procedura prevista dall'art. 696 bis c.p.c. non è stata espletata ovvero che non si è ancora conclusa, concede alle parti un termine di 15 gg.  per la presentazione del ricorso innanzi a sè, ovvero per il completamento della procedura; solo con la mancata conciliazione (che in ogni caso deve essere tentata dal C.T.U. prima del deposito della relazione) ovvero con la mancata conclusione della procedura entro sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda risarcitoria diviene procedibile. Viceversa, nel caso di deposito della consulenza sono salvi gli effetti della domanda, se viene depositato il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. avanti lo stesso giudice che ha trattato la procedura il procedimento di cui al comma I.

Dalla lettura dell'art.8 si possono trarre i seguenti insegnamenti:

a) prima di procedere in giudizio col deposito della domanda risarcitoria occorre sempre tentare la conciliazione;
b) la consulenza tecnica preventiva di cui all'art. 696 bis c.p.c. o il tentativo di mediazione di cui all'art. 5 D. Lgs. 28/2010 sono condizioni di procedibilità della causa di risarcimento danni;
c) il consulente tecnico d'ufficio deve sempre tentare la conciliazione;
d) se la conciliazione non riesce, la domanda giudiziale diventa procedibile;
e) se è stata espletata la procedura di consulenza tecnica preventiva, il successivo passo - in caso di mancata conciliazione - sarà il deposito del ricorso ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c. [processo sommario di cognizione];
f) se, viceversa, si è tentata la via della mediazione civile prevista dall'art.5 D. Lgs. 28/2010, il successivo passo in caso di mancato accordo sarà l'instaurazione di un giudizio ordinario.


L’AZIONE DIRETTA NEI CONFRONTI DELL’ASSICURAZIONE

Con la "Riforma Gelli" viene introdotta, inoltre, l'azione diretta del paziente danneggiato nei confronti dell'assicurazione della struttura sanitaria, mentre l'operatore sanitario che lavora alle dipendenze della struttura risponderà per danni al paziente solo nei limiti dell'art. 2043 c.c. (responsabilità extracontrattuale).

Ai sensi dell'art.12 della legge n.24/2017 "(...) il soggetto danneggiato ha diritto di agire direttamente nei confronti dell'impresa assicuratrice che presta la copertura assicurativa alla struttura sanitaria pubblica o privata, ovvero all'esercente la professione sanitaria (...) nel giudizio promosso nei confronti dell'impresa assicuratrice della struttura è litisconsorte necessaria la struttura stessa; nel giudizio promosso nei confronti dell'impresa assicuratrice dell'esercente la professione sanitaria è litisconsorte necessario l'esercente stesso (...) l'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'impresa di assicurazione è soggetta al termine di prescrizione pari a quello dell'azione promossa nei confronti della struttura o dell'esercente la professione sanitaria (...)".

Per effetto delle norme che precedono, il rapporto tra il singolo operatore sanitario o medico (dipendente di struttura ospedaliera sia privata che pubblica) ed il paziente è stato riequilibrato nell'ottica di limitare il più possibile il proliferare di cause risarcitorie in danno dei medici ed è tornato ad essere di natura extracontrattuale, inquadrato come un'obbligazione di mezzi e non più di risultato: stante la legge GELLI e visto che l'operatore sanitario risponderà per danni solo ai sensi dell'art. 2043 c.c., spetterà al paziente danneggiato allegare le prove della responsabilità del medico. 

Inoltre, sono stati calmierati i parametri risarcitori che vengono importati dalla RC auto (artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni).

Per effetto di questo nuovo quadro normativo, permane di natura contrattuale solo il rapporto che lega il paziente alla struttura sanitaria complessa, la quale è tenuta ad assicurarsi e ad assicurare gli operatori che lavorano alle sue dipendenze, mentre il singolo medico (all'interno della struttura complessa) risponderà solo a titolo di responsabilità aquiliana.

In ottica risarcitoria: la determinazione dell'entità del risarcimento dovuto al paziente potrà essere subordinata da parte del giudice civile ad una valutazione postuma dell'operato del medico ed in quest'ottica diminuita oppure aumentata a seconda che l'operatore sanitario si sia o meno uniformato alle linee guida avallate dalla comunità scientifica ovvero, in mancanza di esse, alla buona prassi medico assistenziale.

Per quanto riguarda, infine, la cosiddetta "azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa" disciplinata dall'art.9 della legge n.24/2017 nei confronti dell'esercente la prestazione sanitaria per danno erariale, questa competerà al pubblico ministero presso la CORTE DEI CONTI e sarà limitata ai soli casi di dolo / colpa grave del medico: sarà - pertanto - valutata la condotta dell'operatore sanitario rispetto alle linee guida ed alla prassi nosocomiale di cui si è detto sopra, tenuto anche conto di eventuali difficoltà organizzative della struttura sanitaria.

Se l'operatore sanitario non è stato parte del giudizio o della procedura di mediazione svoltasi solo tra paziente, struttura sanitaria e compagnia di assicurazione, l'azione di rivalsa nei suoi confronti potrà essere esercitata solo a seguito del pagamento del danno ed a pena di decadenza entro un anno dal suo pagamento. In ogni caso, la sentenza del giudice civile che ha definito il contenzioso tra paziente, struttura e impresa di assicurazione non fa stato nel giudizio di rivalsa nei confronti dell'esercente la professione sanitaria che non vi abbia preso parte; nel giudizio di rivalsa  ed in quello di responsabilità amministrativa il giudice può desumere argomenti di prova dalle prove assunte nel giudizio instaurato dal danneggiato contro la struttura sanitaria, solo se l'esercente è stato parte di quel giudizio. L'eventuale transazione intervenuta tra paziente danneggiato, struttura sanitaria ed impresa di assicurazione non è mai opponibile all'operatore sanitario nel giudizio di rivalsa.

(a cura di avv. Luca Conti)