IL TUTORE, IL CURATORE E L'AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO






TUTORE, CURATORE E AMMINISTRATORE
DI SOSTEGNO

Il Titolo XII del Libro I del Codice Civile è dedicato alla protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia.
La capacità di agire, che si acquista col raggiungimento della maggiore età, si conserva di regola fino alla morte della persona; tuttavia può accadere che una persona sia impossibilitata in modo permanente o temporaneo a prendersi cura dei propri interessi, ad esempio a causa di una malattia che ne limita la capacità di agire.

Lo scopo del Titolo XI è, dunque, quello di proteggere la persona incapace in tutto o in parte di curare i propri interessi, attraverso l'istituzione di figure ad hoc quali il tutore, il curatore e l'amministratore di sostegno che assistono e talvolta si sostituiscono al soggetto tutelato nel compimento di atti di ordinaria e/o di straordinaria amministrazione. 

Se con l'istituzione dell'amministratore di sostegno il beneficiario della tutela non perde la capacità di agire ma viene solo affiancato da una persona che lo assiste nel compimento di determinati atti, con la figura del tutore e del curatore la capacità di agire del soggetto beneficiario viene di gran lunga compressa fino ad essere eliminata nel caso dell'interdizione: 

a) con l'istituzione del tutore il beneficiario perde completamente la capacità di agire e dunque la capacità di compiere autonomamente atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione, in quanto ritenuto del tutto inidoneo a curare i propri interessi;

b) con l'istituzione del curatore il beneficiario non perde del tutto la capacità di agire, la conserva solo per il compimento di atti di ordinaria amministrazione, mentre per quelli di straordinaria amministrazione (ad esempio il compimento di atti che possono intaccarne l'assetto patrimoniale) sarà sostituito dal curatore.

Vediamo ora quali sono le norme che si occupano della procedura di interdizione / inabilitazione, e quali sono le persone che possono essere private del tutto o in parte della capacità di agire.


LA FUNZIONE DELL'INTERDIZIONE 
E DELL'INABILITAZIONE
(artt. 414 e 415 c.c.) 

L'art.414 c.c. dispone che possono essere interdetti il maggiore d'età ed il minore emancipato che a causa di un'abituale condizione di infermità mentale sono incapaci di provvedere ai propri interessi.
Per abituale infermità mentale s'intende non solo una patologia cronica mentale accompagnata da manifestazioni demenziali, ma anche uno stato di alterazione psicologica del soggetto inabile che ad un esame obiettivo non sia in grado di ricordare il proprio nome, di dare un valore al denaro e/o che non appaia orientato nello spazio e nel tempo.
Lo stato di abituale infermità mentale deve essere continua o prevalente, non necessariamente inguaribile: altrimenti detto può essere interdetta anche una persona che abbia sprazzi di lucidità accompagnata da uno stato di prevalente infermità mentale.
L'interdetto è, dunque, colui che con sentenza pronunciata dal tribunale viene dichiarato del tutto incapace di provvedere ai propri interessi e per l'effetto privato in toto della capacità di agire.

L'art. 415 c.c. dispone, invece, che possono essere inabilitati i soggetti di maggiore età, il cui stato di infermità mentale non è tanto grave da privarli del tutto della capacità di agire.
Ad esempio, possono essere inabilitate quelle persone che per via di una loro tenedenza alla prodigalità piuttosto che al gioco d'azzardo, piuttosto che all'abuso di alcol o di sostenze stupefacenti espongano se stessi ed i propri famigliari a gravi pregiudizi economici.
L'inabilitato, a differenza dell'interdetto, non perde del tutto la capacità di agire: la perde esclusivamente per il compimento di atti di straordinaria amministrazione. Al pari dell'interdizione, l'inabilitazione deve essere cagionata da una malattia mentale o fisica che presenti i caratteri dell'abitualità e della permanenza ma non la stessa gravità.
La norma individua piuttosto bene i soggetti che possono essere destinatari di una sentenza di inabilitazione: coloro che abitualmente spendono con leggerezza il proprio denaro senza comprenderne il valore, coloro che abusano di alcol e droghe, il cieco, il muto ed il sordo che non abbiano ricevuto un'adeguata educazione alla cura dei propri interessi. 

Ma quali sono i soggetti legittimati a proprorre ricorso al tribunale per l'interdizione o l'inabilitazione di un soggetto che presenti i requisiti di cui agli artt. 414 e 415 c.c.?


LA PROCEDURA DI INTERDIZIONE / INABILITAZIONE
Libro IV Titolo II Capo II c.p.c.
(art.712 e ss. c.p.c.)

A questa domanda risponde l'art. 417 c.c.: possono promuovere ricorso per l'interdizione o l'inabilitazione sia lo stesso beneficiario della protezione, sia il coniuge, il convivente more uxorio (ossia stabilmente convivente con l'interdicendo o l'inabilitando), i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado, il tutore o il curatore stessi ed il P.M. 

La domanda introduttiva si promuove con ricorso indirizzato al tribunale del luogo dove la persona beneficiaria della protezione ha la propria residenza ovvero il proprio domicilio prevalente (art.712 c.p.c.).
Nel ricorso devono essere esposti gli elementi di fatto e di diritto che giustificano la richiesta di interdizione o di inabilitazione (art. 712 comma II c.p.c.) nonché l'indicazione del coniuge, di tutti i parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo, del tutore e/o del curatore (se già esistenti).

Il presidente del tribunale ordina la comunicazione del ricorso al P.M. la cui partecipazione è obbligatoria (artt. 70 e 713 c.p.c.). Il ricorso ed il decreto di fissazione d'udienza devono essere comunicati al P.M.,  nonché notificato alla persona dell'interdicendo o dell'inabilitando ed a tutte le altre persone (parenti entro il quarto grado ed affini entro il secondo indicate nel ricorso) che possano fornire utili informazioni al pronunciamento della sentenza.

La fase istruttoria (a forma piuttosto libera e priva di particolari rigidità) è disciplinata dagli artt.714 e 715 c.p.c.: il giudice istruttore nominato dal Presidente del Tribunale con la partecipazione del P.M. sente in udienza la persona del ricorrente e di tutte le altre indicate nel ricorso potendo queste offrire utili elementi per la pronuncia richiesta; il giudice istruttore procede anche all'esame dell'interdicendo o dell'inabilitando, e se questi è impossibilitato a muoversi, giudice e P.M. si recano presso la sua dimora per sentirlo nel luogo dove si trova.

Nel corso della fase istruttoria può essere acquisito materiale probatorio (documentazione medica, cartelle cliniche, etc.) afferente alla patologia di cui soffre l'interdicendo o l'inabilitando e può anche essere disposta una C.T.U. medico legale per accertarne la patologia.
Ai sensi dell'art. 718 c.p.c. il procedimento (che rientra a pieno titolo tra quelli di volontaria giurisdizione) si conclude con una sentenza che accerta e dichiara lo stato di interdizione o di inabilitazione, e nomina il tutore ovvero il curatore. 
La sentenza di interdizione / inabilitazione che ha efficacia erga omnes dal momento della sua pubbliazione deve essere pubblicizzata ai sensi dell'art. 423 c.c.; sebbene sia suscettibile di passare in giudicato, lo diviene solo formalmente ma mai nella sostanza, dal momento che è pronunciata rebus sic stantibus, e pertanto risulta modificabile o revocabile in qualsiasi momento.

La sentenza che pronuncia sulla richiesta di interdizione, accerta e dichiara lo stato di abituale infermità mentale del soggetto tutelato, che viene dichiarato del tutto incapace di provvedere ai propri interessi, ragione per la quale viene nominato un tutore ossia un soggetto che ne cura e ne amministra il patrimonio, ne ha la rappresentanza legale e compie per lui atti di ordinaria e straordinaria amministrazione.

La sentenza che pronuncia sulla richiesta di inabilitazione, accerta e dichiara lo stato di abituale (ma non totale) infermità mentale del soggetto inabilitato, che viene dichiarato parzialmente incapace di provvedere ai propri interessi, ragione per la quale viene nominato un curatore ossia un soggetto che integra la volontà dell'inabilitato, il quale in quanto non privato del tutto della capacità di agire viene affiancato solo nel compimento di atti di straordinaria amministrazione.


L'AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
(artt. 404 e ss. c.c.)

Dalla figura del tutore e del curatore si distingue quella dell’amministratore di sostegno disciplinata dagli artt. 404 e ss. c.c. ed introdotta nel nostro ordinamento dalla legge 09 gennaio 2004 n.6 .
Lo scopo dell'istituto del amministratore di sostegno è quello di proteggere ed assistere quelle persone che si trovino nella temporanea impossibilità di curare i propri interessi, ma che non versino in condizioni così gravi da essere interdetti o inabilitati.
Il soggetto beneficiario di questa protezione non perde la capacità di agire per quanto riguarda la quotidianità, ma viene affiancato da un amministratore che lo aiuta a curare i propri interessi economici.
Ad identificare correttamente la figura del amministratore di sostegno è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n.13584/2006: amministratore di sostegno è colui che affianca nel compimento di certi atti patrimoniali il soggetto beneficiario di protezione che temporaneamente e/o parzialmente non sia in grado di provvedere alla cura dei propri interessi; trattandosi di un mero affiancamento la perdita della capacità di agire è minima.


LA PROCEDURA PER LA NOMINA DEL
AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
(artt. 405, 406 e 407 c.c.)

 L'art.404 c.c. dispone che la persona, la quale per una menomazione fisica o mentale sia parzialmente e temporaneamente impossibilitata a prendersi cura dei propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno nominato dal giudice tutelare del luogo dove ha residenza o domicilio.

La norma chiarisce subito la distinzione dai diversi istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione: nel caso previsto dall'art. 404 c.c. il soggetto beneficiario di assistenza deve essere oggetto di una malattia nel corpo o nella mente ma non di tale gravità da pregiudicarne la capacità di agire in modo totale; trattasi infatti di una menomazione che gli impedisca di curare i propri interessi in modo temporaneo e parziale.
La competenza a conoscere il ricorso è il tribunale in persona del giudice tutelare del luogo dove il beneficiario risiede o ha il proprio domicilio.

Chi può promuovere la domanda per la nomina di un amministratore di sostegno? A questa domanda risponde l'art. 406 c.c.

L'art. 406 c.c. dispone che possono promuovere ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno lo stesso beneficiario, ovvero il coniuge, il convivente more uxorio, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo, il tutore, il curatore (se già nominati in precedenza) ed il P.M.

Se il ricorso si riferisce ad una persona che in precedenza era già stata interdetta o inabilitata, la domanda di nomina di un amministratore di sostegno deve essere accompagnata dalla richiesta di revoca della precedente interdizione / inabilitazione (art.405 comma III c.c.).
Il giudice investito del ricorso è - come detto - il giudice tutelare che deve provvedere sulla nomina entro 60 gg. dalla richiesta con decreto motivato: questa è un'altra peculiarità dell'istituto dell'amministrazione di sostegno, laddove il procedimento si esaurisce con un decreto anziché con una sentenza (art. 405 comma I c.c.).   
Nel ricorso devono essere indicati (art. 407 c.c.) le generalità della persona destinataria del provvedimento di sostegno, le motivazioni poste a fondamento della domanda, le generalità del coniuge (se esiste), dei discendenti, degli ascendenti, fratelli e sorelle del beneficiario, nonché di altri eventualmente conviventi.
Nel corso del procedimento il Giudice Tutelare sente personalmente il beneficiario e le altre persone indicate dall'art. 406 c.c.; assume ogni informazione utile ed idonea a decidere sul ricorso; nel corso del procedimento è obbligatorio l'intervento del P.M.

Esaurita la fase istruttoria, il giudice provvede sul ricorso con decreto, che lo stesso giudice potrà modificare o revocare ove ne vengano meno i presupposti che lo hanno giustificato (art. 413 c.c.). Il decreto di nomina dovrà indicare le generalità del beneficiario e le generalità dell'amministratore di sostegno, la durata dell'incarico (se a tempo determinato ovvero a tempo indeterminato), l'oggetto dell'incarico, gli atti che il soggetto amministrato dovrà compiere solo con l'assistenza dell'amministratore, ovvero gli atti che l'amministratore potrà compiere in nome e per conto del soggetto amministrato anche in sua assenza.

Resta, infine, da dire che il decreto non passa mai in giudicato ed è modificabile o revocabile in ogni momento; le stesse persone che hanno il potere di promuovere il ricorso introduttivo possono poi chiederne la modifica o la revoca, ovvero chiedere che la figura dell'amministratore sia sostituito da un curatore ovvero da un tutore.

(a cura di Avv. Luca Conti) 


Commenti

Post popolari in questo blog

OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO: LA COMPARSA DI RISPOSTA PER IL CONVENUTO

L'ISTANZA DI VENDITA / ASSEGNAZIONE DEI BENI PIGNORATI

L'ISTANZA DI ANTICIPAZIONE D'UDIENZA