IL CONTRATTO D'OPERA
ASPETTI PRATICI E PROFILI PATOLOGICI
DEL CONTRATTO D'OPERA
Tra
i contratti tipici, stipulati con maggior frequenza, spicca senza dubbio il contratto d'opera,
regolato dagli artt. 2222 e ss. c.c.
Il
contratto d'opera è il contratto tipico, a titolo oneroso ed a prestazioni
corrispettive, con cui una persona (di regola un artigiano o un libero
professionista) si obbliga nei confronti del committente ad eseguire l'esecuzione di un'opera ovvero di un servizio verso
un corrispettivo in denaro, con lavoro prevalentemente proprio e senza
vincolo di subordinazione rispetto al committente.
E'
un contratto che non richiede la forma scritta posto che per il suo perfezionamento basta il
semplice consenso delle parti in qualunque modo manifestato.
A questo proposito,
la Corte di Cassazione ha ritenuto che "l'incarico professionale può essere
conferito in qualsiasi forma idonea a manifestare il consenso delle parti e la
prova dell'avvenuto incarico grava sull'attore" (Cass. civ. Sez. II dd.
10/02/2006, n.3016).
Il
contratto d'opera si distingue da un altro contratto tipico che per
certi aspetti presenta caratteristiche di affinità - il contratto d'appalto
regolato dagli artt. 1655 e ss. c.c. - per il fatto che mentre nel primo chi esegue l'opera utilizza prevalentemente il
proprio lavoro (ditte individuali e liberi professionisti), nel secondo chi esegue l'opera lo fa sotto forma d'impresa,
e dunque con un'organizzazione più articolata di mezzi e di uomini (media e
grande impresa).
Un'altra
differenza tra il contratto d'opera ed il contratto d'appalto riguarda i termini entro i quali il committente deve
denunciare la presenza di vizi / difetti (art. 2226 c.c.) come vedremo più
avanti.
L'ESECUZIONE DELL'OPERA A REGOLA D'ARTE
Il prestatore d'opera deve eseguire quanto gli è stato
commissionato secondo la "regola dell'arte e
della tecnica" (art. 1176 comma II c.c.): il che significa che
l'opera commissionata non dovrà solo risultare esteticamente bella, ma dovrà
anche essere funzionale e sicura, dunque idonea all'uso cui è destinata.
L'inosservanza del dovere di diligenza che si richiede al prestatore d'opera (sia esso
lavoratore autonomo o libero professionista intellettuale) può avere
conseguenze sia in termini di risoluzione del
contratto (art.1454 c.c.), sia in ordine al pagamento
del prezzo pattuito (artt.2226 e 1668 c.c.), ed infine in ordine al risarcimento dei danni eventualmente subìti dal
committente a causa dell'inadempimento dell'esecutore.
Sebbene
nel contratto d'opera non esista una norma specifica per quanto riguarda la "verifica dell'opera", è opinione
comunemente diffusa in dottrina ed in giurisprudenza che sia applicabile per
analogia l'art.1662 c.c. relativo al contratto d'appalto: pertanto, come nel contratto
d'appalto, così anche nel contratto d'opera il
committente ha il diritto / dovere di verificare in corso d'opera l'andamento
dei lavori e, nel caso che questi non siano soddisfacenti, può imporre
al prestatore d'opera di conformarsi alle sue direttive entro un congruo termine.
Infatti,
se il prestatore d'opera non esegue l'opera ovvero la esegue in spregio alla "regola dell'arte e della tecnica", il
committente può fissare un congruo termine
entro il quale il prestatore d'opera deve ultimare i lavori oppure conformare
quanto eseguito alla regola dell'arte (artt. 1454 e 2224 c.c.): si tratta - in
questo caso - della cd. "diffida ad
adempiere", ossia l'atto scritto (dichiarazione formale scritta) col quale
il committente intima (ossia ordina) all'esecutore dell'opera di conformarsi
alle direttive ricevute entro un congruo termine, che di prassi non può essere
inferiore a quindici giorni (art. 1454 comma II c.c.). E' tuttavia ammissibile
anche un termine di adempimento più breve, avuto riguardo degli usi e del tipo
di opere che deve essere eseguita.
Decorso
inutilmente il termine di adempimento senza che il prestatore d'opera abbia portato a termine i lavori, il contratto s'intenderà automaticamente risolto (art.
1454 c.c.).
Dunque,
in caso di inadempimento totale o parziale del
prestatore d'opera, il committente può avvalersi della
risoluzione del contratto (art. 1453 e ss. c.c.), fermo restando il
risarcimento del danno subìto.
L'inadempimento, tuttiavia, deve essere di una certa
gravità per porter legittimare il committente a diffidare il prestatore d'opera
e poi avvalersi della risoluzione: infatti, ai sensi
dell'art. 1455 c.c. non può esserci risoluzione se l'inadempimento è di scarsa
importanza, tenuto conto dell'economia generale del contratto.
LA DETERMINAZIONE DEL CORRISPETTIVO
Come si è detto più sopra, il contratto d'opera è un
contratto a titolo oneroso: il primo parametro per
determinare il corrispettivo dell'opera è l'accordo intervenuto tra le parti
all'atto del conferimento dell'incarico (art. 2225 c.c.), in difetto del
quale si farà ricorso alle tabelle o alle tariffe vigenti, agli usi, oppure in
estremo subordine sarà determinato da un giudice, avuto riguardo della natura
dell'opera, del risultato ottenuto e del lavoro necessario per eseguirlo.
Nella
prassi quotidiana, è sempre conveniente per l'esecuzione di opere complesse e
di un certo costo concordare ex ante col prestatore d'opera il
corrispettivo finale, ad esempio facendosi rilasciare un preventivo scritto con
un capitolato dettagliato di tutti i lavori. Il rilascio di un preventivo scritto e sottoscritto da entrambe le parti
prima dell'esecuzione del contratto garantisce tanto il committente quanto il
prestatore d'opera: il primo perché potrà evitare un'eccessiva lievitazione del
prezzo finale oltre i limiti della normale tollerabilità; il secondo
(soprattutto se si tratta di un prestatore d'opera intellettuale) perchè, in
caso di mancato pagamento del prezzo, potrà ricorrere de plano all'Autorità
Giudiziaria per ottenere l'ingiunzione di pagamento del prezzo pattuito, senza
prima dover passare attraverso l'opinamento della parcella da parte del proprio
ordine professionale (si pensi al caso dei commercialisti, degli avvocati, dei
procuratori, etc.).
Infatti, se il
corrispettivo è già stato concordato tra le parti, il giudice investito della
controversia non ha alcun potere discrezionale. Al contrario, se l'accordo
manca, il giudice investito della relativa causa dovrà seguire l'ordine
gerarchico stabilito dall'art. 2225 c.c., preferendo prima le tabelle / tariffe
professionali, gli usi ed infine la valutazione comparativa tra l'opera
eseguita ed il lavoro necessario per realizzarla.
Sulla rilevanza dell’accordo intervenuto tra le parti per la
determinazione del compenso si segnalano plurime sentenze della
giurisprudenza di merito e di legittimità, secondo le quali (nelle fattispecie
all’esame delle corti si parla di prestatore d’opera intellettuale, ma lo
setsso principio è applicabile per analogia anche al lavoratore autonomo /
artigiano) "nella determinazione del compenso dovuto al prestatore
d’opera il giudice investito della relativa controversia è vincolato
all’accordo delle parti e solo in mancanza di esso può fare riferimento ai
criteri sussidiari individuati dal codice civile" (Trib. Napoli, Sez. XII, dd. 28/01/2013 n.1218; Cass. Civ.,
Sez. II, dd. 18/09/2012 n.15628; Cass. Civ., Sez. VI, dd. 29/12/2011 n.29837).
LA VERIFICA DELL'OPERA E LA DENUNCIA DEI
VIZI
Una volta eseguita l'opera, questa viene consegnata al
committente, che ha il dovere di verificarla: l'accettazione
espressa oppure tacita dell'opera, libera il prestatore dalla conseguente
responsabilità per vizi / difetti (art. 2226 c.c.).
La
consegna dell'opera, dunque, è cosa ben diversa dall'accettazione: l'opera può
essere consegnata, ma non accettata dal committente in presenza di vizi /
difetti che ne diminuiscono il valore, ovvero che ne compromettono il normale
utilizzo.
Nella
prassi quotidiana, i vizi / difetti dell'opera sono quelle variazioni
dell'opera rispetto al progetto originario che ne diminuiscono in modo
apprezzabile il valore, ovvero che la rendono inidonea - in tutto o in parte -
all'uso cui è destinata.
In
presenza di vizi o difetti, il prestatore d'opera è soggetto alla conseguente responsabilità nei confronti del committente, il
quale può - a propria scelta - chiedere che gli stessi siano eliminati senza oneri aggiunti, oppure chiedere un'equa riduzione del prezzo, fatto salvo l'eventuale
maggior danno subìto (art. 1668 c.c.).
In caso di disaccordo col prestatore d'opera, al
committente non resterà che agire in giudizio chiedendo alternativamente la
risoluzione del contratto e la restituzione del prezzo già versato (solo in
presenza di vizi / difetti di eccezionale gravità), oppure la riduzione del
prezzo pattuito commisurata al minor valore dell'opera, fatto salvo il risarcimento
di ogni danno conseguente (ad esempio, gli ulteriori costi necessari per
conformare l'opera alla regola dell'arte e della tecnica).
La
garanzia per vizi e difetti non è tuttavia sempre operativa: il prestatore d'opera non è tenuto a prestare alcuna
garanzia se i vizi erano noti o visibili al committente quando ha accettato
l'opera.
Ecco,
dunque, spiegato perché "l'accettazione dell'opera" è un fatto
diverso dalla consegna, idoneo a liberare l'esecutore dalla garanzia per vizi /
difetti cui sarebbe contrattualmente tenuto.
L'accettazione
dell'opera, tuttavia, non sempre è idonea ad escludere la garanzia: infatti, l'accettazione non libera il prestatore d'opera se i vizi
erano occulti, ma sarà onere del committente denunciarli per iscritto
(con raccomandata a/r oppure con p.e.c.) entro e non
oltre otto giorni dalla scoperta (art. 2226 comma II c.c.), pena la
decadenza dalla relativa garanzia. La denuncia scritta dei vizi / difetti non è
tuttavia necessaria, se all'atto della consegna il prestatore d'opera li ha
dolosamente occultati.
Come
si è già detto all'inizio, il termine per la denuncia dei vizi / difetti è un
altro aspetto che distingue il contratto d'opera da quello d'appalto: mentre
nel primo il termine di decadenza è di otto giorni dalla scoperta, nel secondo
il termine è di sessanta giorni dalla scoperta.
Per
quanto riguarda la denuncia dei vizi / difetti, nè l'art. 2226 c.c. (in materia
di contratto d'opera) né l'art. 1667 c.c. (in materia di contratto d'appalto) prescrivono
come la stessa debba essere fatta: nella prassi e soprattutto nel contratto
d'opera accade che il committente denunci a voce i difetti riscontrati, il che
rende quanto mai problematico in un eventuale contenzioso provare al giudice la
tempestività della denuncia, che potrebbe semmai essere provata solo per
testimoni.
La denuncia scritta, dunque, è sempre la
via preferenziale per evitare di incorrere nella decadenza dalla garanzia
prevista dall'art. 2226 c.c.
LA DECADENZA DALLA GARANZIA PER I VIZI DELL'OPERA
E’ noto per
costante insegnamento della Giurisprudenza di merito e di legittimità che
"incombe sul committente, una volta che l’opera sia stata consegnata,
l’onere fornire al Giudicante la prova della tempestività della denuncia dei
vizi" (Giudice di Pace Milano, Sez. VIII, dd.
11/02/2016, n.1458; Cass. Civ., Sez. II, dd. 11/03/2015, n.4908; Tribunale di
Milano, Sez. VII, dd. 05/03/2015, n.2961; Tribunale di Cagliari dd. 25/02/2015,
n.635; Tribunale di Frosinone, dd. 04/12/2014, n.1053).
Illuminante a
questo riguardo è la Sentenza del Tribunale di Milano
dd. 05/03/2015 n.2961 pronunciata in un contenzioso avente ad oggetto la
garanzia per difformità e vizi nel contratto d’appalto ma applicabile per
analogia anche al contratto d’opera: "l’accettazione dell’opera segna
il discrimine ai fini della distribuzione dell’onere della prova, nel senso che,
fino a quando l’opera non sia stata espressamente o tacitamente accettata, al
committente è sufficiente la mera allegazione dell’esistenza dei vizi, gravando
sull’appaltatore l’onere di provare di aver eseguito l’opera conformemente al
contratto ed alle regole dell’arte. Viceversa, una volta che l’opera sia stata
positivamente verificata, anche “per facta concludentia”, spetta al
committente, che l’ha accettata e che ne ha la disponibilità fisica e
giuridica, dimostrare l’esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose
lamentate, giacché l’art. 1667 c.c. indica nel
medesimo committente la parte gravata dall’onere della prova di tempestiva
denuncia dei vizi (…) orbene, nel caso di specie, ribadito che il
convenuto non si era limitato a ricevere l’opera, ma l’aveva accettata, seppure
in forma tacita, attraverso il pagamento delle fatture, il medesimo, a fronte
della tempestiva eccezione di decadenza formulata dall’attrice, non aveva
provato la tempestiva denuncia dei vizi e difetti nel termine di sessanta giorni
dalla scoperta come previsto dall’art. 1667, comma 3, c.c., con conseguente
decadenza dalla relativa azione".
Di particolare
interesse è anche una recente Sentenza del Tribunale
di Cagliari (sentenza dd. 25/02/2015, n.635), secondo la quale "il contratto
qualificabile alla stregua di un contratto d'opera è soggetto all'applicazione
dell'art. 2222 e ss. c.c. La denuncia dei vizi
dell'opera soggiace, pertanto, al termine di 8 giorni dalla scoperta del vizio
stesso mentre la relativa azione si prescrive entro un anno dalla consegna. L'eccezione,
da parte del prestatore d'opera, dell'intervenuta decadenza del committente
dalla denuncia dei vizi, pone a carico di quest'ultimo l'onere di dimostrare di
avere, al contrario, tempestivamente denunciato i vizi stessi, costituendo tale
denuncia una condizione dell'azione ai sensi dell’art. 2226 comma II c.c. Nel
caso concreto, a fronte dell'eccezione di decadenza sollevata dal prestatore
d'opera, il committente sul quale incombeva l'onere di dimostrare la tempestività
della denuncia non ha fornito in giudizio alcuna prova della data della
scoperta dei vizi lamentati e della tempestiva denuncia degli stessi, non
potendosi considerare denunce di vizi le lettere raccomandate inoltrate al
prestatore d'opera non contenenti alcun riferimento, seppure generico, ai vizi
dell'opera".
In
ogni caso e fermo restando il termine di otto giorni per denunciare i vizi /
difetti, l'azione di responsabilità nei confronti del
prestatore d'opera si prescrive in un anno dalla consegna dell'opera:
ragione per cui il committente che intende agire in giudizio per far valere
detta garanzia e/o chiedere il risarcimento dei danni subìti, dovrà non solo
dimostrare di avere tempestivamente denunciato i vizi, ma dovrà anche
notificare l'atto di citazione a giudizio entro e non oltre l'anno dalla
consegna dell'opera, decorso inutilmente il quale l'azione giudiziale diventerà
inammissibile.
(a cura di Avv. Luca Maria Conti).
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