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martedì 7 gennaio 2014

IL DISCONOSCIMENTO DELLA PATERNITA'






I RIFERIMENTI NORMATIVI

ALLA LUCE DEL D. LGS. 154/2013


Art. 243 bis c.c. (il disconoscimento di paternità) 
[I] L'azione di disconoscimento di paternità del figlio nato nel matrimonio può essere esercitata dal marito, dalla madre e dal figlio medesimo.
[II] Chi esercita l'azione è ammesso a provare che non sussiste rapporto di filiazione tra il figlio e il presunto padre.
[III] La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità.
(articolo inserito dall'art. 17, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, la modifica entra in vigore a partire dal 7 febbraio 2014).

Art. 244 c.c. (i termini per promuovere l'azione di disconoscimento di paternità)
[I] L'azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio ovvero dal giorno in cui è venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito al tempo del concepimento.
[II] Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; se prova di aver ignorato la propria impotenza di generare ovvero l'adulterio della moglie al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza.
[III] Se il marito non si trovava nel luogo in cui è nato il figlio il giorno della nascita il termine, di cui al secondo comma, decorre dal giorno del suo ritorno o dal giorno del ritorno nella residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia.
[IV] Nei casi previsti dal primo e dal secondo comma l'azione non può essere, comunque, proposta oltre cinque anni dal giorno della nascita.
[V] L'azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio che ha raggiunto la maggiore età. L'azione é imprescrittibile riguardo al figlio.
[VI] L'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i quattordici anni ovvero del pubblico ministero o dell'altro genitore, quando si tratti di figlio di età inferiore.
(articolo sostituito dall'art. 18, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, la modifica entra in vigore a partire dal 7 febbraio 2014).

Art. 245 c.c. (la sospensione del termine per promuovere l'azione di disconoscimento di paternità).
[I] Se la parte interessata a promuovere l'azione di disconoscimento di paternità si trova in stato di interdizione per infermità di mente ovvero versa in condizioni di abituale grave infermità di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi, la decorrenza del termine indicato nell'art. 244 c.c. è sospesa nei suoi confronti sino a che duri lo stato di interdizione o durino le condizioni di abituale grave infermità di mente.
[II] Quando il figlio si trova in stato di interdizione ovvero versa in condizioni di abituale grave infermità di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi, l'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del pubblico ministero, del tutore, o dell'altro genitore. Per gli altri legittimati l'azione può essere proposta dal tutore o, in mancanza di questo, da un curatore speciale, previa autorizzazione del giudice.

Art. 246 c.c. (la trasmissibilità dell'azione di disconoscimento)
[I]. Se il presunto padre o la madre titolari dell'azione di disconoscimento di paternità sono morti senza averla promossa, ma prima che sia decorso il termine previsto dall'art. 244 c.c., sono ammessi ad esercitarla in loro vece i discendenti o gli ascendenti; il nuovo termine decorre dalla morte del presunto padre o della madre, o dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti.
[II]. Se il figlio titolare dell'azione di disconoscimento di paternità è morto senza averla promossa sono ammessi ad esercitarla in sua vece il coniuge o i discendenti nel termine di un anno che decorre dalla morte del figlio o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti.
[III]. Si applicano il sesto comma dell'art. 244 c.c. e l'art. 245 c.c.

Art. 247 c.c. (la legittimazione passiva nel giudizio di disconoscimento di paternità)
[I]. Il presunto padre, la madre ed il figlio sono litisconsorti necessari nel giudizio di disconoscimento.
[II]. Se una delle parti è minore o interdetta, l'azione è proposta in contraddittorio con un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso.
[III]. Se una delle parti è un minore emancipato o un maggiore inabilitato, l'azione è proposta contro la stessa assistita da un curatore parimenti nominato dal giudice.
[IV]. Se il presunto padre o la madre o il figlio sono morti l'azione si propone nei confronti delle persone indicate nell'articolo precedente o, in loro mancanza, nei confronti di un curatore parimenti nominato dal giudice.


ANNOTAZIONI E FORMULARIO

La riforma del diritto di famiglia, entrata in vigore nel 2014 per quanto riguarda i rapporti connessi alla filiazione, ha parzialmente modificato anche le norme che regolano l'azione di disconoscimento di paternità. 
Dai riferimenti normativi sopra citati emerge che: 1) i soli legittimati (attivi e passivi) all'azione di disconoscimento di paternità sono la madre, il figlio ed il (presunto) padre; 2) il supposto padre biologico del figlio non è legittimato a promuovere l'azione e non può intervenire nel giudizio di disconoscimento; 3) madre, presunto padre e figlio sono litisconsorti necessari, per cui se l'azione è promossa solo nei confronti di alcuni di essi, il Giudice deve ordinare l'integrazione del contraddittorio; 4) la prova della non paternità del (presunto) padre si effettua col test comparativo del DNA tra madre, figlio e presunto padre; 5) i termini per promuovere l'azione sono di sei mesi dalla nascita del figlio per quanto riguarda la madre, ed un anno per quanto riguarda il padre, ovvero un anno da quando il padre è venuto a conoscenza dell'adulterio della coniuge, ma in ogni caso l'azione non può più essere proposta dopo che siano trascorsi cinque anni dalla nascita del figlio; 6) il figlio maggiorenne può promuovere l'azione di disconoscimento nei confronti del (presunto) padre, che per lui è imprescrittibile; 7) i termini che precedono sono fissati a pena di decadenza e sono soggetti alla sospensione feriale dei termini dal 1° agosto al 15 settembre compreso.
La causa di disconoscimento di paternità si promuove con atto di citazione a comparire ad udienza fissa su modello uso bollo firmato digitalmente (nomefile.pdf.p7m) e va esente da valori bollati e C.U. 
La competenza per territorio appartiene al Tribunale Ordinario del luogo nel cui circondario abita il/la figlio/a.



TRIBUNALE ORDINARIO DI ... omissis ...
ATTO DI CITAZIONE A GIUDIZIO

Attore: TIZIO, nato a ... omissis ... il ... omissis ... e residente a ... omissis ... C.F. ... omissis ... agli effetti del presente atto rappresentato e difeso dall’Avvocato ... omissis ... (C.F. ... omissis ...) presso il cui Studio Legale a ... omissis ... è elettivamente domiciliato, giusta procura alle liti rilasciata in calce al presente atto ai sensi dell’art. 83 comma III c.p.c. su separato documento informatico.

Convenuti:
1) CAIA, nata a ... omissis ... e residente a ... omissis ... C.F. ... omissis ... (litisconsorte necessaria);
2) SEMPRONIO, nato ... omissis ... il ... omissis ... e residente a ... omissis ... quest’ultimo in persona del curatore speciale p.t. ... omissis ... (litisconsorte necessario).

Oggetto: azione di disconoscimento di paternità promossa dal padre (per adulterio della coniuge) ai sensi dell'art. 243 bis c.c.

Comunicazioni di Cancelleria e notificazioni: si indica l'indirizzo di posta elettronica certificata ... omissis ...

PREMESSO

- che TIZIO e CAIA sono legati da vincolo coniugale celebrato in data … omissis … e che in data ... omissis ... CAIA ha dato alla luce un/a figlio/a, al quale è stato imposto il nome di SEMPRONIO/A (doc.1);

- che detto bambino/a è stata denunciato/a all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di ... omissis ... come SEMPRONIO/A, figlio legittimo di TIZIO e CAIA come in epigrafe meglio generalizzati;

- che, nel periodo compreso tra il trecentesimo e il centottantesimo giorno prima della nascita di SEMPRONIO/A, la madre CAIA ha commesso adulterio, che ha tenuto nascosto al marito, col signor MEVIO,  nato a ... omissis ... il ... omissis ... e residente a ... omissis ...;

- (ovvero) che TIZIO ha scoperto, dopo il parto, di essere affetto da grave deficit di fertilità documentato dai certificati medici che si allegano al presente atto (doc.2);
  
- che, con ogni probabilità, SEMPRONIO non è figlio di TIZIO, bensì del padre biologico MEVIO;

- che dalla nascita di SEMPRONIO non è ancora trascorso un anno ed è pertanto interesse del padre, previa nomina di un curatore speciale in favore del/la figlio/a minorenne, di esercitare l’azione di disconoscimento di paternità siccome previsto dall'art. 243 bis c.c. , al fine di vedere negata la propria paternità, e se del caso successivamente accertata la paternità in favore del padre biologico MEVIO;

- che l'adulterio compiuto da CAIA con MEVIO può essere provato a mezzo dei seguenti testimoni: ... omissis ... di cui l'odierno attore è venuto a conoscenza in data ... omissis ...

*****

Tutto ciò premesso, l'attore TIZIO come in atti meglio generalizzato, ut supra rappresentato, difeso e domiciliato,

C I T A

1) CAIA, nata a ... omissis ... e residente a ... omissis ... C.F. ... omissis ... (litisconsorte necessaria);
2) SEMPRONIO, nato ... omissis ... il ... omissis ... e residente a ... omissis ... quest’ultimo in persona del curatore speciale p.t. ... omissis ... (litisconsorte necessario), a comparire avanti il

TRIBUNALE ORDINARIO DI ... omissis ...

presso la sua nota sede, all’udienza fissata per il giorno

____ / ____ / 2017 ore di rito

ovvero ad altra e successiva udienza fissata dal Giudice designando ai sensi dell'art. 168 bis, c.p.c. con invito rivolto ai convenuti a costituirsi in giudizio nel termine di almeno venti giorni prima della suddetta udienza ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., con avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167, c.p.c. e che, in difetto di costituzione, si procederà in Loro contumacia e che l’emananda sentenza sarà considerata come resa in regolare contraddittorio, per ivi sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Piaccia all’Ill.mo Tribunale di ... omissis ..., Giudice designando, contrariis rejectis, così giudicare.
Nel merito:
- Accertare e dichiarare che TIZIO come in epigrafe meglio generalizzato non è il padre di SEMPRONIO, nato ... omissis ... il ... omissis ...
- Ordinare all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di ... omissis ... di fare la prescritta annotazione nel relativo atto di nascita.

In via istruttoria: disporsi preliminarmente il test comparativo del DNA tra il signor TIZIO, il bambino SEMPRONIO e la signora CAIA.
Ammettersi altresì la prova per interpello formale e per testimoni al fine di accertare l'adulterio di CAIA sui fatti che saranno rubricati per separati capitoli nelle successive memorie ex art. 183 c.p.c.

In ogni caso: con vittoria di spese documentate ed onorari di lite ai sensi del D.M. n.55/2014, oltre  al rimborso delle spese generali nella misura del 15%, c.p.a. 4% ed i.v.a. 22% e successive spese occorrende.

Elenco documenti allegati:
1) Certificato di nascita di SEMPRONIO;
2) Certificati medici di TIZIO;
3) ... omissis ...
Con Osservanza.
Milano, lì _________________ 2017.
Avv. __________________________

(a cura di avv. Luca Maria Conti).








venerdì 27 dicembre 2013

LA RIFORMA DELLA CASSA FORENSE DOPO L'ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE n.247/2012





COME E' CAMBIATA LA CASSA FORENSE
CON L'ENTRATA IN VIGORE 
DELLA LEGGE n.247/2012


1. Obbligatorietà d'iscrizione alla Cassa Forense per tutti gli avvocati iscritti all'Albo.
La Legge di Riforma n.247/12 ha introdotto importanti novità per quanto riguarda l'adesione alla Cassa di Previdenza Forense.

In particolare, l'art.21 n.1 della Legge n.247/2012 prevede oggi l'obbligo di iscrizione alla Cassa Forense contestualmente all'iscrizione ad un Albo professionale. Prima della riforma non tutti gli avvocati erano tenuti ad iscriversi alla Cassa Forense: vi era - infatti - un limite minimo di reddito pari ad € 10.300,00= netti all'anno, ovvero un volume d'affari di € 15.300,00= al di sopra dei quali scattava l'obbligo di iscrizione, mentre al di sotto l'iscrizione era meramente facoltativa.

Venuti meno questi limiti, l'iscrizione alla Cassa è divenuta obbligatoria per chiunque sia iscritto all'Albo ed eserciti in modo effettivo, continuativo e prevalente la professione forense. L'intento sembrerebbe essere, dunque, quello di favorire la cancellazione dall'Albo chi non esercita in modo prevalente la professione di avvocato.

Con la Legge di Riforma si applica il cd. calcolo retributivo misto sostenibile, che prevede un minimo di pensione (circa 800/1.000 euro mensili) raggiunti i 35 anni di esercizio della professione, con 70 anni di anzianità.

Gli avvocati neo-iscritti alla Cassa Forense (che non lo erano prima della Riforma) sono circa 56.000 (in particolare di sesso femminile, sono al di sotto dei 40 anni e risiedono nelle regioni del sud) e spetterà alla Cassa di adottare il regolamento per determinare i contributi che i neo-iscritti dovranno versare ad integrazione di quanto non hanno versato negli anni precedenti la Riforma, perché non raggiungevano il reddito minimo per versare obbligatoriamente i contributi.

La Cassa Forense, in base alla "Legge Fornero", deve garantire la piena solvibilità per cinquant'anni, anziché per trent'anni come prevedeva la Legge Prodi del 2006. Con la Riforma a regime il trattamento pensionistico sarà adeguato a quanto versato dall'iscritto all'albo, con un correttivo a favore dei neo-iscritti che negli anni precedenti non hanno versato contributi, e ciò al fine di garantire un trattamento pensionistico minimo a favore di questi ultimi. La Cassa Forense, in attuazione del principio di solidarietà, destina annualmente il 3% del totale dei propri ricavi all'assistenza ai Colleghi Avvocati, che si trovano in stato di necessità / bisogno.

Giova ricordare che la Cassa Forense ha scelto di adottare un sistema "a ripartizione" anziché "a capitalizzazione", ossia una generazione di avvocati paga la pensione di un'altra generazione e così via. Invero, sarebbe più opportuno un sistema misto, fondato in parte sulla ripartizione ed in parte sulla capitalizzazione, anche in considerazione della probabile diminuzione del numero degli avvocati in prospettiva futura, visto l'orientamento del Legislatore a premiare / privilegiare lo strumento della "media-conciliazione" piuttosto che quello del "contenzioso" nella risoluzione delle litigiosità.

Per quanto riguarda la prescrizione dei contributi previdenziali e del potere accertativo della Cassa Forense, nel caso di una dichiarazione infedele dell'iscritto (il modello 5), si applica la prescrizione decennale ai contributi, mentre nel caso di omessa dichiarazione non si applica alcuna prescrizione, con la conseguenza che anche a distanza di molti anni è fatto salvo il potere della Cassa Forense di promuovere accertamenti e di esercitare il potere ingiuntivo.


2. Il trattamento pensionistico degli avvocati nel resto d'Europa.
Negli altri Stati Europei il numero degli Avvocati iscritti è di gran lunga inferiore agli iscritti in Italia: in Germania sono circa 180.000, in Francia si aggirano attorno ai 60.000 iscritti, in GBR sono circa 170.000 mentre in Italia il numero degli iscritti si aggira tra i 233.000 ed i 250.000 con una capacità reddituale e di conseguenza contributiva nettamente inferiore alla media europea.

In Francia, il sistema pensionistico è imperniato su quattro livelli: al primo livello (obbligatorio) è previsto un trattamento pensionistico "di base", cui s'affianca un secondo livello (anch'esso obbligatorio) che prevede una "pensione complementare" proporzionale ai contributi versati dall'avvocato; un terzo livello caratterizzato anch'esso da una pensione complementare (questa volta facoltativa) ed un quarto livello, caratterizzato da un regime facoltativo di capitalizzazione.

In Germania, ci sono circa 16 enti previdenziali suddivisi in strutture simili ai "lander" di cui si compone la federazione germanica; sono iscritti agli enti previdenziali anche gli avvocati che lavorano alle "dipendenze" degli Studi Legali e non esercitano l'attività in modo autonomo.

In Spagna si è andati verso un'apertura del mercato, che prevede il doppio binario tra "avvocati dipendenti" ed avvocati che esercitano "autonomamente" la professione forense.

In GBR, invece, non c'è un sistema previdenziale obbligatorio per gli avvocati; le pensioni statali sono erogate a partire dai 67 anni e sono molto basse, ragione per cui gli avvocati inglesi sono indotti / obbligati a stipulare pensioni integrative per godere poi di pensioni dignitose e quindi a provvedere autonomamente alla propria pensione.




martedì 5 novembre 2013

L'EVOLUZIONE DELLA RESPONSABILITA' SANITARIA ALLA LUCE DELLA LEGGE BALDUZZI










LA DEPENALIZZAZIONE DELLA RESPONSABILITA' DELL'OPERATORE SANITARIO IN CASO DI COLPA LIEVE

 

INTRODUZIONE

 

Di seguito si riportano le linee guida dell'evoluzione della responsabilità professionale dell'operatore sanitario alla luce dell'art.3 del D.L. n.158/2012 meglio nota come "legge Balduzzi".

 

L'elemento più innovativo del D.L. n.158/2012 riguarda la DEPENALIZZAZIONE dei reati di LESIONI COLPOSE ed OMICIDIO COLPOSO in danno del paziente per COLPA LIEVE DELL'OPERATORE SANITARIO, il quale - operando - si sia ispirato alle buone pratiche terapeutiche avallate dalla comunità scientifica, con la conseguente limitazione della responsabilità penale ai soli casi di IMPRUDENZA ed IMPERIZIA. Sembrerebbe, dunque, che si stia tornando all'originaria impostazione della cd. RESPONSABILITA' AQUILIANA o EXTRACONTRATTUALE ed al diritto del risarcimento del danno sofferto dal paziente (patrimoniale e non patrimoniale) solo ai sensi dell'art.2043 c.c.

  

IL RITORNO ALL'APPLICAZIONE DELL'ART. 2043 c.c.

 

Dispone l'art.3 del D.L. n.158/2012: l'esercente la professione sanitaria, che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida ed alle buone pratiche accreditate dalla comunità' scientifica, non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo (di risarcimento, n.d.r.) di cui all'art.2043 c.c. 

Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo.

 

Dunque, il D.L. n.158/2012 rimanda espressamente alla norma sulla responsabilità extracontrattuale o aquiliana, da intendersi quale NORMA SANZIONATRICE PRIMARIA del divieto di neminem laedere, idonea ad accertare la responsabilità del medico a prescindere, e dunque indipendentemente, dal rilievo penalistico della condotta incriminata.

 

A questo riguardo si riportano le più recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione:

 

Per effetto dell'art.3 della legge 8 novembre 2012, n. 189, è stata operata una parziale abolizione della fattispecie di omicidio colposo, essendo stata esclusa la rilevanza della colpa lieve nel caso in cui il sanitario si attenga alle linee guida ed alle buone pratiche terapeutiche (nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna emessa a carico di un medico chirurgo, che, nel corso dell'esecuzione, in una clinica privata, di intervento di ernia discale recidivante, aveva leso la vena e l'arteria iliaca del paziente, causandone la morte, in ragione della novella costituita dalla l. n. 189/2012 che in punto di responsabilità professionale ha escluso la rilevanza penale delle condotte determinate da colpa lieve del sanitario). Cass. pen., Sez. IV, dd. 29/01/2013, n.16237. 

 

Ai fini dell'accertamento della responsabilità del medico per i reati di omicidio colposo o di lesioni colpose, le linee-guida contengono solo regole di perizia, e sono, pertanto, prive di rilievo nei casi di colpa per negligenza o imprudenza. (In applicazione del principio, la Suprema Corte ha escluso, con riguardo alla fattispecie esaminata - nella quale all'imputato era stata contestata una ipotesi di colpa professionale per negligenza e imprudenza - la rilevanza del novum normativo di cui all'art. 3, l. n. 189 del 2012, che limita la responsabilità in caso di colpa lieve). Cass. pen., Sez. IV, dd. 24/01/2013, n.11493. 

 

La relazione terapeutica tra sanitario e paziente comporta l'investimento in capo al primo di una posizione di garanzia - sub specie di obblighi impeditivi - in favore del secondo. Ciò fa sì che si abbia omicidio colposo in caso di decesso del feto derivante da grave insufficienza respiratoria, verificatosi per l'omissione da parte dei sanitari dell'esecuzione delle azioni doverose (nel caso de quo: parto cesareo). Cass. pen., Sez. IV, dd. 29/01/2013, n.7967. 

 

Tanto premesso, occorre chiarire quali sono gli effetti pratici dell'art.3 D.L. n.158/2012 sul contratto atipico di spedalità, sull'esercizio dell'azione risarcitoria e sulla ripartizione dell'onus probandi tra paziente (attore in giudizio) ed operatore / struttura sanitaria (convenuti in giudizio).

 

 

IL CONTRATTO ATIPICO DI SPEDALITA'

De iure condito il contratto che lega il paziente alla struttura sanitaria è un contratto atipico (art. 1322 c.c.) con effetti protettivi a favore di terzo. 


Il contratto si perfeziona nel momento stesso in cui 
IL PAZIENTE VIENE ACCETTATO all'interno della struttura ospedaliera, ed ai fini dell'applicazione della legge è irrilevante la natura pubblicistica ovvero privatistica della struttura.

 

Secondo l'impostazione giurisprudenziale prevalente il rapporto contrattuale che lega il paziente alla struttura sanitaria corrisponde - appunto - al citato CONTRATTO DI SPEDALITA' CON EFFETTI PROTETTIVI A FAVORE DI TERZO, mentre il rapporto giuridico che lega il paziente all'operatore sanitario che esercita come libero professionista dovrebbe essere inquadrato come un CONTRATTO D'OPERA INTELLETTUALE. 

 

Secondo il prudente apprezzamento dello scrivente avvocato, occorre fare dei distinguo: 

 

a) la natura del rapporto che lega struttura sanitaria e paziente è senza dubbio di natura contrattuale, e per logica conseguenza di natura CONTRATTUALE è anche il tipo di responsabilità da dedursi in giudizio nel caso di inesatto adempimento della relativa obbligazione; 


b) la responsabilità dell'operatore sanitario, che opera alle dipendenze di una struttura organizzata e complessa, dovrebbe essere ricondotta nell'alveo dell'art. 1228 c.c., che disciplina la così detta "responsabilità per il fatto degli ausiliari"; 


c) la prestazione dell'operatore sanitario, che operi come libero professionista, dovrebbe essere inquadrata invece come "prestazione d'opera intellettuale" ed assoggettata alla disciplina prevista dagli artt. 2229 e ss. c.c.

 

Il riferimento dell'art.3 della legge Balduzzi all'art. 2043 c.c. potrebbe - invero - creare dei problemi pratici al paziente in termini di ripartizione dell'onere probatorio in un'ipotetica causa di risarcimento danni. 

 

Se, infatti, s'inquadra il rapporto "a monte" come una fattispecie contrattuale, al paziente spetterà solo di allegare il rapporto contrattuale intercorso con la struttura sanitaria o con l'operatore sanitario ed il conseguente aggravamento della patologia, mentre spetterà alla struttura sanitaria ovvero al singolo operatore provare di avere agito con la diligenza qualificata prevista dal II comma dell'art.1176 c.c. nel rispetto delle linee guida e delle buone pratiche avallate dalla comunità scientifica. 

 

Al contrario, se si afferma che l'operatore risponde solo ai sensi dell'art.2043 c.c. come recita l'art.3 della Legge Balduzzi e, dunque, in termini di responsabilità extracontrattuale o aquiliana, allora incomberà sul paziente l'onere di allegare anche la prova della responsabilità dell'operatore sanitario ed in buona sostanza il nesso eziologico o causale tra il trattamento terapeutico ricevuto (che si assume errato) e l'aggravamento della preesistente patologia.

 

Ergo, stante l'attuale status quo, il paziente dovrebbe allegare in giudizio il rapporto intercorso con la struttura o con l'operatore sanitario, la pregressa patologia, il suo aggravamento (ovvero l'insorgenza di una patologia nuova) ed il ragionevole nesso di causalità tra il trattamento sanitario che si assume errato e l'aggravamento della patologia stessa; la controparte, invece, dovrà provare soltanto di avere agito secondo buona pratica e che l'aggravamento della patologia è dipeso da causa a lui non imputabile.

 

 

 

LA RESPONSABILITA' SANITARIA ED IL CONSEGUENTE DANNO ERARIALE

 

La conseguenza diretta di una causa di risarcimento danni nei confronti di una struttura sanitaria (ovviamente si parla di una struttura pubblica) è il conseguente DANNO ERARIALE, che si manifesta nel momento in cui l'azienda è tenuta a risarcire il danno sofferto dal paziente senza che vi sia a monte una copertura assicurativa; e premesso che le Compagnie di Assicurazione malvolentieri stipulano polizze assicurative da "medical malpractice" a causa dei sempre più crescenti contenziosi, l'obbligo di denuncia alla Procura della Corte dei Conti scatta con l'accertamento di una conclamata "medical malpractice".

Il danno per l'Erario si realizza nel momento in cui viene effettuato il pagamento del danno al paziente, ma l'obbligo di denuncia da parte del Direttore Sanitario deve essere precedente. La denuncia, tuttavia, non è obbligatoria se la struttura sanitaria (ovvero il medico incriminato) è coperta da idoneo contratto di assicurazione.

 

Va da sé che la copertura assicurativa non copre tutti i possibili eventi di danno: certamente non sono coperti quelli cagionati con dolo o colpa grave dall'operatore sanitario. Si pensi ai casi di false attestazioni e/o di false prescrizioni mediche, finalizzate a far beneficiare il paziente di prestazioni sanitarie non dovute, ovvero di erogazioni pubbliche per patologie inesistenti; e si pensi ancora alle prescrizioni mediche del tutto errate che, viceversa, hanno cagionato al paziente un danno biologico: in tutti questi casi scatta l'OBBLIGO DI DENUNCIA ALLA CORTE DEI CONTI e l'operatore sanitario sarà tenuto a risarcire il danno cagionato all'Erario per avere agito con dolo o colpa grave.

 

A questo punto occorre rispondere ad un altro quesito sempre attinente al risarcimento del danno da "medical malpractice": solo il paziente ha diritto al risarcimento del danno o possono beneficiarne anche altri soggetti? 

 

A questa domanda rispondono le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la Sentenza n.9556 dd. 01/07/2002: ai prossimi congiunti di una persona che abbia subito, a causa di fatto illecito costituente reato, lesioni personali, spetta anche il risarcimento del danno morale concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione affettiva con la vittima, non essendo ostativo il disposto dell'art. 1223 c.c. (risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, n.d.r.), in quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso; ne consegue che in tal caso il congiunto è legittimato ad agire "iure proprio" contro il responsabile. L'identificazione dei congiunti ai quali spetta il risarcimento del danno morale derivante da fatto illecito a danno di persona che abbia subito delle lesioni, trova un utile riferimento nei rapporti familiari, ma non può in questi esaurirsi, essendo pacificamente riconosciuta la legittimazione di altri soggetti (ad es. la convivente "more uxorio"), mentre la mera titolarità di un rapporto familiare non può essere considerata sufficiente a giustificare la pretesa risarcitoria, occorrendo di volta in volta verificare in che cosa il legame affettivo sia consistito e in che misura la lesione subita dalla vittima primaria abbia inciso sulla relazione fino a comprometterne lo svolgimento.

 

Molto più recentemente la Suprema Corte di Cassazione (Cass. civ. dd. 04/06/2013, n.14040) ha stabilito che: hanno diritto al risarcimento del danno morale per infausta previsione medica e conseguente stato depressivo non solo il paziente, ma anche i suoi prossimi congiunti (nel caso di specie la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei familiari di un paziente, cui era stata diagnostica una patologia infausta ma invero inesistente, i quali rivendicavano iure proprio il diritto di essere risarciti del danno morale sofferto a causa dello stato depressivo in cui erano caduti a causa dell'errata diagnosi).

 

Quanto precede ci porta a concludere che non solo il paziente danneggiato ma anche i suoi familiari hanno diritto ad esercitare l'azione risarcitoria nei confronti della struttura sanitaria e/o dell'operatore sanitario, essendo la condotta del medico potenzialmente plurioffensiva. Tuttavia, per ottenere il risarcimento del preteso danno non è sufficiente allegare il solo rapporto di parentela col paziente, ma anche documentare il danno che si pretende sia derivato da "medical malpractice". Ciò non di meno - precisano i Giudici di Legittimità - se il danno biologico cagionato al paziente è di grande entità (ad esempio se corrisponde ad almeno un 40% di invalidità permanente) il danno morale sofferto dai prossimi congiunti sarà liquidabile anche in assenza di idonea documentazione di supporto, posto che il disagio sofferto sarebbe agevolmente dimostrabile facendo ricorso alle presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.

  

 

RIFERIMENTI NORMATIVI: l'art.3 D.L. n.158/2012 -

 

(responsabilità professionale dell'esercente le professioni sanitarie)

1. L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attivita' si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunita' scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'art.2043 c.c. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo (1).

 

2. Con decreto del Presidente della Repubblica, adottato ai sensi dell'art.17 comma I, Legge n.400/88, da emanare entro il 30 giugno 2013, su proposta del Ministro della salute, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, sentite l'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, nonche' le Federazioni nazionali degli ordini e dei collegi delle professioni sanitarie e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative delle categorie professionali interessate, anche in attuazione dell'art.3 comma V, lettera e) del D.L. n.138/2011, convertito, con modificazioni, dalla Legge n.148/2011, al fine di agevolare l'accesso alla copertura assicurativa agli esercenti le professioni sanitarie, sono disciplinati le procedure e i requisiti minimi e uniformi per l'idoneità dei relativi contratti, in conformità ai seguenti criteri:

 

a) determinare i casi nei quali, sulla base di definite categorie di rischio professionale, prevedere l'obbligo, in capo ad un fondo appositamente costituito, di garantire idonea copertura assicurativa agli esercenti le professioni sanitarie. Il fondo viene finanziato dal contributo dei professionisti che ne facciano espressa richiesta, in misura definita in sede di contrattazione collettiva, e da un ulteriore contributo a carico delle imprese autorizzate all'esercizio dell'assicurazione per danni derivanti dall'attivita' medico-professionale, determinato in misura percentuale ai premi incassati nel precedente esercizio, comunque non superiore al 4 per cento del premio stesso, con provvedimento adottato dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della salute e il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, nonche' le Federazioni nazionali degli ordini e dei collegi delle professioni sanitarie;

 

b) determinare il soggetto gestore del Fondo di cui alla lettera a) e le sue competenze senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;

 

c) prevedere che i contratti di assicurazione debbano essere stipulati anche in base a condizioni che dispongano alla scadenza la variazione in aumento o in diminuzione del premio in relazione al verificarsi o meno di sinistri e subordinare comunque la disdetta della polizza alla reiterazione di una condotta colposa da parte del sanitario accertata con sentenza definitiva.

 

3. Il danno biologico conseguente all'attivita' dell'esercente della professione sanitaria e' risarcito sulla base delle tabelle di cui agli artt.138 e 139 del Decreto Legislativo. n.209/2005, eventualmente integrate con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti all'attività di cui al presente articolo.

 

4. Per i contenuti e le procedure inerenti ai contratti assicurativi per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attivita' professionale resa nell'ambito del Servizio sanitario nazionale o in rapporto di convenzione, il decreto di cui al comma 2 viene adottato sentita altresi' la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Resta comunque esclusa a carico degli enti del Servizio sanitario nazionale ogni copertura assicurativa della responsabilita' civile ulteriore rispetto a quella prevista, per il relativo personale, dalla normativa contrattuale vigente.

 

5. Gli albi dei consulenti tecnici d'ufficio di cui all'articolo 13 del R.D. dd. 18/12/1941 n.1368, recante disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, devono essere aggiornati con cadenza almeno quinquennale, al fine di garantire, oltre a quella medico legale, una idonea e qualificata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche dell'area sanitaria, anche con il coinvolgimento delle società scientifiche tra i quali scegliere per la nomina tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento.

 

6. Dall'applicazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

(a cura di Avv. Luca Conti)