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DIRITTO CIVILE - DIRITTO DI FAMIGLIA - SEPARAZIONI E DIVORZI - DIRITTI DELLE PERSONE - RESPONSABILITA' SANITARIA - DIRITTI DEI CONSUMATORI - CONTRATTUALISTICA - PRATICHE DI RISARCIMENTO DANNI - RECUPERO CREDITI - SUCCESSIONI - VERTENZE CONDOMNIALI - CIRCOLAZIONE DI VEICOLI, IMBARCAZIONI E NATANTI - APPALTI - DIFESA PENALE

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lunedì 14 ottobre 2019

L'ASSEMBLEA CONDOMINIALE E LE SUE ATTRIBUZIONI








INTRODUZIONE 

Il 18 giugno 2013 è entrata in vigore la Legge di Riforma sul Condominio, che ha messo mano al Libro III Titolo VII Capo II del Codice Civile, riordinando ed innovando una materia che da oltre trent'anni meritava di essere riformata dal Legislatore.
La legge n.220/2012 ha innovato le responsabilità dell'amministratore, che oggi rispetto al passato si presenta come una figura particolarmente specializzata e professionale; ha inoltre individuato con precisione analitica le parti comuni dell'edificio, ossia quelle porzioni di fabbricato che stanno in un regime di accessorietà necessaria con le parti di proprietà esclusiva dei singoli condomini; infine, ha previsto nuove maggioranze per l'assunzione delle delibere assembleari in materia di nomina e di revoca dall'amministratore, ed in materia di innovazioni.
Lo Studio Legale Conti offre un valido supporto legale, sia in sede stragiudiziale sia giudiziale, non solo alla figura dell’Amministratore nel recupero dei contributi condominiali scaduti e nella risoluzioni di controversie relative al godimento delle parti comuni dell’edificio, ma assiste anche i singoli condomini nella risoluzione di conflitti con altri condomini, o con lo stesso Amministratore.


COSTITUZIONE DELL'ASSEMBLEA ED
APPROVAZIONE DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI 

In base alla legge di riforma del condominio n.220/2012 l'assemblea è regolarmente costituita:

IN PRIMA CONVOCAZIONE con la presenza della maggioranza dei condomini (50%+1) a loro volta rappresentativi dei 2/3 del valore millesimale dell'intero edificio. 
IN SECONDA CONVOCAZIONE con la presenza di almeno 1/3 dei partecipanti al condominio, a loro volta rappresentativi di almeno 1/3 del valore millesimale dell'intero edificio.

Le delibere assembleari sono valide:
IN PRIMA CONVOCAZIONE se riportano il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea a loro volta rappresentativi di almeno 500 millesimi dell'intero edificio.
IN SECONDA CONVOCAZIONE se riportano il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea a loro volta rappresentativi di almeno 1/3 del valore millesimale dell'intero edificio.

Le attribuzioni dell'assemblea condominiale, ossia le materie in cui i condomini possono essere chiamati a deliberare, sono individuate dall'art. 1135 c.c.:
1) nomina e revoca dell'amministratore, e determinazione della sua retribuzione;
2) approvazione del preventivo di gestione e della ripartizione delle spese tra i condomini;
3) approvazione del consuntivo annuale di gestione e determinazione sull’impiego dell’eventuale residuo di gestione;
4) approvazione delle opere di manutenzione straordinaria ed alle innovazioni, costituendo un fondo speciale ad hoc.

La nomina e la revoca dell'amministratore sono una prerogativa dell'assemblea condominiale, alla quale può sopperire l’Autorità Giudiziaria (previo ricorso indirizzato al Tribunale) nel caso in cui la stessa assemblea non sia in grado di provvedervi (ad esempio per mancanza del numero legale di votanti, si ricordi che per nominare / revocare un amministratore occorre il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea a loro volta rappresentativi di almeno 500 millesimi).

Inoltre, l'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea ordinaria entro sei mesi dalla data di chiusura dell'esercizio annuale per l'approvazione del consuntivo di gestione e del preventivo di spesa per l'anno successivo, nonché entro lo stesso termine deve promuovere le azioni necessarie nei confronti dei condomini morosi, sempre al fine di non pregiudicare le ragioni di credito dell'intera compagine condominiale.

Le delibere assembleari regolarmente approvate vincolano anche la minoranza dissenziente (art. 1137 comma I c.c.).

Contro le delibere assembleari contrarie alla legge ovvero al regolamento di condominio, i condomini assenti, dissenzienti o astenuti possono fare ricorso all'autorità giudiziaria nel termine di 30 giorni (art. 2964 c.c.), che decorrono per i dissenzienti e gli astenuti dalla data della delibera, mentre per gli assenti dalla data di comunicazione del verbale (art. 1137 c.c.).
Viceversa, l'azione di nullità delle delibere assembleari (cui il condomino può fare ricorso quando l'assemblea ha deliberato al di fuori delle proprie attribuzioni, art. 1135 c.c.) è imprescrittibile e può essere promossa da ogni condomino in qualsiasi tempo.
Per costante Giurisprudenza sono da considerarsi nulle le delibere adottate dall'assemblea, allorché non siano state rispettate tutte le formalità per la convocazione dei condomini: quindi, anche l'omessa convocazione di un solo condomino, può avere come conseguenza la nullità delle delibere adottate dall'assemblea.

Quanto alla partecipazione dei condomini in assemblea, con la legge n.220/2012 è divenuta obbligatoria la
 DELEGA SCRITTA e nei condomini con più di 20 partecipanti; il delegato non potrà rappresentare più di 1/5 dei partecipanti al condominio, a loro volta rappresentativi di non oltre 1/5 del valore millesimale dell'intero edificio.


(a cura di avv. Luca Conti).






RISARCIMENTO DANNI: IL DANNO CAUSATO DA ANIMALI





IL DANNO CAUSATO DA ANIMALI
IN CUSTODIA (art. 2052 c.c.)

Qualsiasi danno ingiusto merita di essere risarcito. Un danno è ingiusto quando è frutto della lesione di un diritto e della violazione di norme di legge, siano esse civili o penali.
Un danno può avere, a seconda dei casi, un contenuto patrimoniale (danno emergente e/o lucro cessante) oppure non patrimoniale (danno biologico e morale), può derivare dall’inadempimento totale o parziale di un contratto, oppure dalla violazione del più generale principio di neminem laedere, ossia dal divieto di assumere condotte illecite lesive degli altrui diritti.
Il più valido approccio ad una causa di risarcimenti danni non può prescindere da un’accurata valutazione ex ante dei presupposti dell’azione legale, ossia dall’individuazione del nesso causale che lega la condotta del responsabile all’evento dannoso che ne è la conseguenza, e dalla quantificazione del danno tramite perizia di parte o accertamento tecnico preventivo.
In questa sezione ci occupiamo del danno procurato da animali, normato dall’art. 2052 c.c.

RIFERIMENTI NORMATIVI
Dispone l’art. 2052 c.c. che il proprietario di un animale ovvero chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse fuggito o smarrito, salvo che provi il caso fortuito.
L’art. 2056 c.c., invece, dispone che il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni di cui agli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c.
Il lucro cessante è valutato dal Giudice con equo apprezzamento, tenuto conto delle circostanze del caso.
L’art. 2052 c.c. disciplina la responsabilità per danni causati a terzi da animali di cui si è proprietari o di cui si ha un possesso qualificato.
Il proprietario o possessore di un animale che ha cagionato un danno a terzi è oggettivamente responsabile degli stessi ed è tenuto a risarcirli (patrimoniali e non patrimoniali, biologico e morale), salvo che possa provare il caso fortuito.
Trattasi di una fattispecie di responsabilità oggettiva” (la giurisprudenza in verità la ritiene fondata su una presunzione relativa di colpa a carico del proprietario o di chi custodisce l’animale) ed è slegata da comportamenti commissivi od omissivi del proprietario / possessore dell’animale.
Il soggetto danneggiato dovrà solo provare il nesso di causalità tra il danno subìto ed il comportamento dell’animale che lo ha provocato.


LA RISARCIBILITA’ DEL DANNO

Al contrario il proprietario o possessore dell’animale, per andare esente da responsabilità, dovrà provare che il danno è conseguenza del caso fortuito”, ossia di un fatto del tutto imprevisto ed imprevedibile, sottratto alla sua sfera di controllo e che è risultato determinante nella causazione del danno (artt. 1218 e 1256 c.c.).
I danni risarcibili sono quelli che dipendono da un fatto autonomo dell’animale a prescindere dalla guida o da un comando dell’uomo.
I danni risarcibili possono essere patrimoniali e/o non patrimoniali, biologico e morale. Si pensi - appunto - alla morsicatura di un cane: il soggetto danneggiato potrà pretendere dal padrone del cane ovvero da chi ne ha la custodia non solo il danno patrimoniale conseguente alle spese mediche sostenute, ma potrà pretendere anche il lucro cessante, ossia il mancato guadagno durante il periodo di convalescenza, il danno biologico (perdita di funzionalità totale o parziale dell’arto menomato e l’eventuale danno estetico) ed il danno morale.
Nella valutazione del danno il giudice dovrà quindi fare riferimento agli artt. 1223 c.c. (sul risarcimento del danno in generale), 1226 c.c. (sulla valutazione equitativa del danno) e 1227 c.c. (eventuale concorso di colpa del danneggiato).
L’art. 1227 c.c. è rilevante nella valutazione dell’entità del danno risarcibile, perché se l’avente diritto al risarcimento con la propria condotta ha contribuito alla causazione del danno, questo sarà ridotto in misura corrispondente; mentre secondo l’art. 1227 c.c. ultimo comma l’indennizzo è escluso per tutti i danni che il danneggiato avrebbe potuto evitare usando la normale diligenza.


PRECEDENTI DI GIURISPRUDENZA

La giurisprudenza ritiene che in tema di responsabilità ai sensi dell’art. 2052 c.c. il proprietario di un animale risponde sulla base non di un proprio comportamento o di una propria attività, ma sulla base della mera relazione (di proprietà o di uso) intercorrente fra lui e l'animale, nonché del nesso di causalità sussistente fra il comportamento di quest'ultimo e l'evento dannoso. Spetta, quindi, all'attore la prova dell'esistenza del rapporto eziologico tra l'animale e l'evento lesivo, mentre il convenuto a giudizio, per liberarsi dalla responsabilità, dovrà provare non già di essere esente da colpa, bensì l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale (Corte di Appello di Potenza dd. 28/11/2017, n.642)In senso conforme si veda Corte di Cassazione, sez. III, dd. 16/04/2015, n. 7703.

In tema di caso fortuito, precisa il Tribunale di Modena (sentenza dd. 21/03/2012 n.532) che la presunzione di responsabilità a carico del proprietario o detentore dell’animale (fondata non sulla colpa, ma sul rapporto di fatto con l’animale stesso) è superabile solo con la prova del caso fortuito, ossia dell’intervento di un fattore esterno (ivi compreso il fatto del terzo e il fatto colposo del danneggiato stesso), che abbia avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno e quindi idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo.

Ritiene il Tribunale di Salerno (sentenza dd. 05/05/2016, n.1980) che la responsabilità di cui all’'art. 2052 c.c. sia oggettiva, la quale grava non solo sul proprietario dell’animale, ma su tutti coloro che hanno la custodia dello stesso, e che il riferimento va a qualsiasi soggetto che abbia un effettivo potere di governo sull'animale.

Per quanto riguarda la distribuzione della responsabilità tra proprietario e custode dell’animale, la Corte di Appello di Campobasso (sentenza dd. 25/07/2017 n.285) precisa che la responsabilità del proprietario dell'animale prevista dall’art. 2052 c.c., essendo alternativa rispetto a quella del soggetto che lo ha in uso o in custodia, è esclusa in tutti i casi in cui il danno sia cagionato mentre l'animale, in virtù di un rapporto anche di mero fatto, sia utilizzato da altri o sia da questi tenuto in custodia, con il consenso del proprietario. La responsabilità del custode, inoltre (come quella del proprietario) è di natura oggettiva, conseguente al mero rapporto di fatto con l'animale e non dipendente da una sua colpa o dolo.

A questo riguardo, la Corte di Cassazione sez. III (sentenza dd. 22/12/2015, n. 25738) ha confermato che in tema di danno cagionato da animali, l'art. 2052 c.c. prevede, alternativamente e senza vincolo di solidarietà, la responsabilità del proprietario dell'animale ovvero quella dell'utilizzatore, evenienza questa ipotizzabile solo allorché il proprietario si sia spogliato, in fatto o in diritto, del governo dell'animale. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che - in relazione ai danni conseguiti ad un sinistro mortale, verificatosi in un maneggio nel corso di una lezione di equitazione - aveva ritenuto unica responsabile l'istruttrice, proprietaria del pony, svolgendo essa la propria attività in piena autonomia rispetto al club ippico).

In tema di morsicatura provocata da un cane sotto la custodia di un dogsitter, la Corte di Cassazione (sentenza dd. 08/05/2018, n. 20102) ha rigettato il ricorso di un dogsitter, che era stato condannato dal Giudice di Pace a risarcire il danno provocato ad un passante, affermando che la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e di custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi anche all’interno dell’abitazione. La pericolosità del genere animale, ricorda la Corte, non è infatti limitata agli animali feroci ma può sussistere anche in relazione ad animali domestici o di compagnia.
Inoltre, l’obbligo di custodia dell’animale prescinde dalla formale appartenenza, così come risultante dalla registrazione all’anagrafe canina o dal microchip. L’obbligo sorge ogniqualvolta sia riscontrabile una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e la persona poiché l’art. 672 c.p. collega il dovere di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al suo possesso, da intendere come detenzione anche solo materiale di fatto, non essendo necessario un rapporto di proprietà in senso civilistico.

Per quanto riguarda, invece, la diversa fattispecie di danni cagionati da animali randagi, la Corte di Cassazione sez. III (sentenza dd. 31/07/2017, n. 18954) precisa che essa deve ritenersi disciplinata dalle regole generali di cui all'art. 2043 c.c. e non dalle regole di cui all'art. 2052 c.c., che non sono applicabili - così come pacificamente si ritiene per l'analoga fattispecie dei danni causati dagli animali selvatici - in considerazione della natura stessa di detti animali e dell'impossibilità di ritenere sussistente un rapporto di proprietà o di uso in relazione ad essi, da parte degli enti pubblici preposti alla gestione del fenomeno del randagismo.

(a cura di Avv. Luca Conti)


domenica 13 ottobre 2019

DIRITTO DI FAMIGLIA: LA SEPARAZIONE GIUDIZIALE DEI CONIUGI







INTRODUZIONE
Il diritto di famiglia, codificato per la prima volta nel 1942, concepiva una famiglia fondata sulla subordinazione della moglie al marito, e fondata sulla discriminazione dei figli naturali nati fuori del matrimonio rispetto ai figli legittimi.
Il primo libro del codice civile venne riformato dalla legge 19 maggio 1957 n.151, che apportò modifiche tese a uniformare le norme ai principi costituzionali. Con questa legge venne riconosciuta la parità giuridica dei coniugi, venne abrogato l'istituto della dote, venne riconosciuta ai figli naturali la stessa tutela prevista per i figli legittimi, venne istituita la comunione dei beni come regime patrimoniale legale della famiglia, la patria potestà del padre venne sostituita dalla potestà di entrambi i genitori (la cosiddetta "potestà genitoriale " oggi sostituita dalla “responsabilità genitoriale”), in particolare nella tutela dei figli.
Più recentemente, il diritto di famiglia è stato riformato dalla legge n.54/2006, che ha istituito l’affidamento condiviso dei figli in sostituzione dell’affidamento esclusivo (oggi scelta residuale) nei casi di separazione e divorzio, rivoluzionando l'assetto dei rapporti genitori-figli così come disciplinato dal codice civile, ed infine dal decreto legislativo n.154/2013 che ha interamente modifica il Titolo IX del codice civile, uniformando la normativa inerente il rapporto di genitorialità rispetto ai figli legittimi, naturali ed adottivi, ponendo questi ultimi al centro dell’attenzione in tutte le controversie in materia di famiglia.
La separazione è quella procedura, di natura consensuale oppure contenziosa (detta anche giudiziale) che conduce ad un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria (sotto forma di decreto che omologa le condizioni di separazione stabilite consensualmente dai coniugi, oppure sotto forma di sentenza) che sancisce la separazione senza però porre fine al vincolo matrimoniale, facendo venire la comunione legale dei beni e determinando gli obblighi di mantenimento reciproci ed in favore dei figli.

I RIFERIMENTI NORMATIVI
Art. 706 c.p.c. (la forma della domanda)
[I]. La domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con ricorso che deve contenere l'esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata. 
[II]. Qualora il coniuge convenuto sia residente all'estero, o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente, e, se anche questi è residente all'estero, a qualunque tribunale della Repubblica.
[III]. Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la data dell'udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé, che deve essere tenuta entro novanta giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto, ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Al ricorso e alla memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi presentate.
[IV]. Nel ricorso deve essere indicata l'esistenza di figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio.

Art. 156 c.c. (effetti della separazione sui rapporti patrimoniali)  
[I]. Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri.
[II]. L'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato.
[III]. Resta fermo l'obbligo di prestare gli alimenti di cui agli artt. 433 e ss. c.c.
[IV]. Il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi previsti dai precedenti commi e dall'art. 155 c.c.
[V]. La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale.
[VI]. In caso di inadempienza, su richiesta dell'avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all'obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto.
[VII]. Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti.


Art.337 ter c.c. (provvedimenti riguardo ai figli in caso di separazione)  
[I]. Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
[II]. Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all'art. 337 bis c.c., il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l'affidamento familiare. All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d'ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.
[III]. La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento.
[IV]. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del figlio.
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore.
4) le risorse economiche di entrambi i genitori.
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
[V]. L'assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.
[VI]. Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.

Art.337 quater c.c. (affidamento dei figli ad uno solo dei genitori ed esercizio della responsabilità genitoriale) 
[I]. Il giudice può disporre l'affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore.
[II]. Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l'affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l'affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell'art. 337 ter c.c. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell'interesse dei figli, rimanendo ferma l'applicazione dell'art. 96 c.p.c.
[III]. Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.

Art.337 sexies c.c. (assegnazione della dimora coniugale ad uno dei genitori) 
[I]. Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'art. 2643 c.c.
[II]. In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.


IL FORMULARIO DEL RICORSO PER SEPARAZIONE



TRIBUNALE ORDINARIO DI ... omissis ...
Ricorso per la separazione giudiziale dei coniugi

Promosso da: TIZIO nato a ... omissis ... il ... omissis ... e residente a ... omissis ... in Via / P.zza ... omissis ... C.F. ... omissis ... rappresentato e difeso dall'avvocato ... omissis ...  C.F. / p.i. ... omissis ..., presso il cui Studio Legale a ... omissis ... è elettivamente domiciliato, giusta procura alle liti rilasciata in calce al presente atto su separato documento informatico ai sensi dell’art. 83 comma III c.p.c.,

nei confronti di 

CAIA, nata a ... omissis ... il ... omissis ... e residente a ... omissis ... in Via / P.zza ... omissis ... C.F. ... omissis ...

Per comunicazioni di cancelleria e notificazioni: ai sensi dell'art. 170 c.p.c. si indicano il numero di fax ... omissis ... e l'indirizzo p.e.c. ... omissis ...

Ill.mo Sig. Presidente Tribunale di ... omissis ...

PREMESSO

- che TIZIO e CAIA hanno contratto matrimonio secondo il rito concordatario (ovvero) secondo il rito civile in data … omissis … ed annotato nei Registri dell'Ufficio di Stato Civile del Comune di ... omissis ... (doc.1), adottando il regime patrimoniale della comunione dei beni (ovvero) della separazione dei beni;

- che i coniugi hanno fissato la dimora coniugale nel Comune di ... omissis ... in  Via / P.zza … omissis …;

- che dall'unione coniugale sono nati figli … omissis … (doc.2);

- che da tempo sono venuti meno il rapporto di coniugio e la comunanza d'intenti, tali da rendere intollerabile il protrarsi della convivenza;

- che TIZIO, d'accordo con CAIA, ha lasciato il tetto coniugale, trasferendo altrove la propria dimora ed asportando da quella coniugale i propri effetti personali;

- che non è stato possibile raggiungere un accordo condiviso circa l'affidamento, il mantenimento e l'allocazione dei figli e/o sulle questioni di carattere economico tra i coniugi.

*****

Tutto ciò premesso e considerato, il ricorrente TIZIO come in epigrafe meglio generalizzato, rappresentato, difeso e domiciliato ut supra,

RIVOLGE ISTANZA

alla S.V. Ill.ma affinché, letto il presente ricorso ed i documenti ad esso allegati, previa convocazione delle parti in udienza dinnanzi a Sé, esperito il rituale tentativo di conciliazione ed adottati i provvedimenti ritenuti urgenti nell'interessi dei coniugi e dei figli, nonché previa rimessione della causa al designando Signor Giudice Istruttore per l'instaurazione del giudizio di merito, voglia accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Nel merito:
1) pronunciare sentenza di separazione tra TIZIO e CAIA, ordinandone l'annotazione al competente Ufficio di Stato Civile del Comune di ... omissis ... 

2) determinare nella somma non superiore ad € ... omissis ... il contributo mensile che TIZIO sarà tenuto a versare a CAIA mensilmente, somma da accreditarsi in c/c entro e non oltre il giorno cinque di ogni mese e da rivalutarsi annualmente al 100% degli indici ISTAT al consumo decorsi dodici mesi dalla data di pubblicazione della sentenza.

3) determinare nella somma non superiore ad € ... omissis ... ovvero la diversa somma che sarà ritenuta di Giustizia il contributo al mantenimento dei figli posto a carico del padre, somma che sarà versata entro e non oltre il giorno cinque di ogni mese di competenza con accredito diretto in c/c e rivalutabile annualmente al 100% degli indici ISTAT al consumo decorsi dodici mesi dalla data di pubblicazione della sentenza.

4) assegnare la dimora coniugale al padre (ovvero alla madre) in quanto convivente con i figli minorenni, imputando le relative spese di gestione in capo allo stesso assegnatario.

5) disporre l'affidamento condiviso dei figli, con allocazione prevalente a soli fini anagrafici presso TIZIO (ovvero) presso CAIA.

6) regolare come segue il diritto di visita in favore del genitore non convivente: ... omissis ...

7) ripartire al 50% tra i genitori le spese straordinarie per i figli, tra le quali: spese mediche non coperte da S.S.N., spese dentistiche, spese scolastiche e parascolastiche, spese per l’acquisto dei libri di testo, spese universitarie, spese per attività ludiche e ricreative, spese per vacanze, con obbligo di concordarle preventivamente fatte salve quelle necessarie ed urgenti.

In via istruttoria: ammettersi la prova per interpello formale nella persona di CAIA e per testimoni sui fatti dedotti in narrativa. Testi riservati nei termini di Legge.
Ordinare a CAIA di produrre in giudizio le dichiarazioni dei redditi relativi agli ultimi tre periodi d'imposta.

In ogni caso: con vittoria di spese documentate e compenso dell'avvocato patrocinante ai sensi del D.M. n.55/2014 e ss. mm., oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 15%, c.p.a. 4%, i.v.a. 22% e successive spese occorrende.

Elenco dei documenti offerti in produzione:
1) Estratto autentico dell'atto di matrimonio;
2) Certificato dello Stato di famiglia;
3) Certificato di nascita e di residenza dei coniugi; 
4) Certificato di nascita e di residenza dei figli;
5-7) le ultime tre dichiarazioni dei redditi presentate da TIZIO.

Dichiarazione di valore: ai sensi del d.p.r. 115/2002 e ss. mm. il presente procedimento sconta un C.U. fisso pari ad € 98,00.

Con osservanza.

Milano, lì _______________ 2019.
Avv. ________________________

(segue la procura alle liti scannerizzata e firmata digitalmente)


(a cura di avv. Luca Conti)




sabato 12 ottobre 2019

L'ATTO DI PRECETTO SU CAMBIALE PROTESTATA








INTRODUZIONE
In un momento storico particolarmente complesso e caratterizzato da una crisi economica congiunturale e diffusa, la tutela del credito è una delle attività più ricorrenti dello Studio Legale, che passa attraverso da uno screening del soggetto debitore e ad una valutazione sulla fattibilità del recupero del credito insoluto.
Preventivi chiari e tempi rapidi, oltre ad un’indagine patrimoniale sul debitore, sono i presupposti indefettibili per il buon esito di una pratica di recupero crediti.
L’atto di precetto è l’intimazione formale di pagamento rivolta al debitore di adempiere a quanto risulta dal titolo esecutivo, sia esso una sentenza, un decreto ingiuntivo di pagamento oppure, come nel caso in esame, una cambiale protestata.


I RIFERIMENTI NORMATIVI

Art. 479 c.p.c. (notificazione del titolo esecutivo e del precetto)
Se la legge non dispone altrimenti, l'esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto.
La notificazione del titolo esecutivo deve essere fatta alla parte personalmente a norma degli artt. 137 e ss. c.p.c.
Il precetto può essere redatto di seguito al titolo esecutivo ed essere notificato insieme con questo, purché la notificazione sia fatta alla parte personalmente.

Art. 480 c.p.c. (forma del precetto)
Il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l'autorizzazione di cui all'art. 482 c.p.c., con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata.
Il precetto deve contenere a pena di nullità l'indicazione delle parti, della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è richiesta dalla legge. In quest'ultimo caso l'ufficiale giudiziario, prima della relazione di notificazione, deve certificare di avere riscontrato che la trascrizione corrisponde esattamente al titolo originale. Il precetto deve contenere altresì l’avvertimento che il debitore attraverso un organismo di composizione della crisi oppure con l'ausilio di un professionista nominato dal giudice può porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento, concludendo con i creditori un accordo per la composizione della crisi, ovvero proponendo agli stessi un piano del consumatore.
Il precetto deve inoltre contenere la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. In mancanza le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso.
Il precetto deve essere sottoscritto a norma dell'art. 125 c.p.c. e notificato alla parte personalmente a norma degli artt. 137 e ss. c.p.c.

Art. 481 c.p.c. (cessazione d'efficacia del precetto)
Il precetto diventa inefficace, se nel termine di novanta giorni dalla sua notificazione non è iniziata l'esecuzione.
Se contro il precetto è proposta opposizione, il termine rimane sospeso e riprende a decorrere a norma dell'art. 627 c.p.c.



IL FORMULARIO DELL’ATTO DI PRECETTO
SU CAMBIALE PROTESTATA


ATTO DI PRECETTO

Creditore intimante: TIZIO, nato a ... omissis ... il ... omissis ... e residente a ... omissis ... c.f. ... omissis ... agli effetti del presente atto rappresentato e difeso dall’avvocato ... omissis ... del foro di ... omissis ... c.f. ... omissis ..., presso il cui Studio Legale a ... omissis ... è elettivamente domiciliato, giusta procura rilasciata a margine (ovvero in calce) del presente atto.

Debitore intimato: CAIO nato a ... omissis ... il ... omissis .... e residente a ... omissis .... c.f. ... omissis ...

Titolo esecutivo: cambiale n. … omissis … emessa in località … omissis … in data … omissis … in favore del creditore intimante per l’importo di € … omissis … non pagata e protestata in data … omissis … a cura del Notaio … omissis … atto di repertorio n. … omissis …

PREMESSO

1) che in data ... omissis ... veniva emesso a favore del creditore intimante l'effetto cambiario annotato in epigrafe;

2) che il creditore ha tentato inutilmente di portarlo all'incasso;

3) che non è stato possibile incassare la somma descritta nella cambiale per mancanza di fondi sul c/c d'appoggio del debitore (ovvero per mancanza d'istruzioni) c/o la banca domiciliataria;

4) che l’anno ... omissis ... il giorno ... omissis ... del mese di ... omissis ... presso lo Studio del Notaio dott. ... omissis ... iscritto al Collegio Notarile di ... omissis ... a richiesta di TIZIO con atto di repertorio n. ... omissis ... veniva levato protesto contro l’obbligato e contro chiunque possa spettare, atteso che presentato il titolo presso la domiciliazione di pagamento il domiciliatario non pagava per mancanza di fondi (ovvero) per mancanza di istruzioni;

5) chela cambiale ed il pedissequo protesto vengono riportati di seguito in copia fotostatica (riportare in copia titolo ed atto di protesto);

6) che è interesse del creditore intimante di portare in esecuzione il titolo che precede, per il recupero coattivo di ogni somma dovuta e debenda per capitale, interessi e spese legali di procedura.

*****
Tutto ciò premesso, il creditore intimante come in epigrafe meglio generalizzato, rappresentato, difeso e domiciliato ut supra, intima e fa

PRECETTO

a CAIO, nato a ... omissis ... il ... omissis .... e residente a ... omissis .... c.f. ... omissis ..., di pagare all'intimante presso il domicilio eletto entro e non oltre 10 giorni dalla notifica del presente atto i seguenti importi:

- Capitale €  … omissis …

- Interessi legali  maturati sino alla data del precetto € … omissis …
- Spese notarili del protesto €  … omissis …
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- Subtotale €  … omissis …


- Compenso per l'atto di precetto €  … omissis …
- Rimborso spese generali 15% € … omissis …
- C.p.a. 4% €  … omissis …
- I.v.a. 22% €  … omissis …
- Spese di notificazione dell'atto di precetto € … omissis …
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- Subtotale €  … omissis …

- Totale da pagare €  … omissis …

e quindi complessivamente € ________________________ / 00 oltre ad interessi legali successivamente maturati sino al saldo effettivo, oltre alle successive spese occorrende, con avvertenza che in difetto di pagamento entro 10 gg. dalla notifica del presente atto si procederà ad esecuzione forzata ai sensi di Legge.
Ai sensi dell’art. 480 c.p.c. si avverte il debitore intimato che attraverso un organismo di composizione della crisi oppure con l'ausilio di un professionista nominato dal giudice può porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento, concludendo con i creditori un accordo per la composizione della crisi, ovvero proponendo agli stessi un piano del consumatore.
Milano, lì _______________ 2019.

Avv._______________________ 

(seguono procura alle liti e relazione di notifica del precetto)

(a cura di avv. Luca Conti)