LA RINUNCIA DEL CONDOMINO ALL’IMPIANTO DI RISCALDAMENTO
CENTRALIZZATO
Può il
singolo condomino rinunciare all’impianto di riscaldamento centralizzato condominiale,
ossia chiedere all’amministratore il distacco della propria utenza dalla
centrale termica per passare al riscaldamento autonomo? E se sì, quali sono le
conseguenze pratiche per il condomino.
La risposta è affermativa ed in
questo senso soccorre l’art. 1118 c.c. che recita: il diritto di ciascun condomino sulle
parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al
valore dell'unità immobiliare che gli appartiene.
Il
condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni.
Il
condomino non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la
conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d'uso
della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali.
Il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto
centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non
derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri
condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento
delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua
conservazione e messa a norma.
Alla
stregua di quanto precede, il condomino che non intende essere più vincolato
alle spese dipendenti dall’impianto di riscaldamento centralizzato può
rivolgere all’amministratore la richiesta di distacco, e nel caso in cui il
distacco sia praticabile non sarà più tenuto a sostenere le spese di
approvvigionamento del combustibile necessario a far funzionare l’impianto.
Ciò nonostante, il condomino resterà vincolato a contribuire
alle sole spese di conservazione, di manutenzione ed eventualmente di
sostituzione della centrale termica, proprio perché l’art. 1118 c.c. esclude la
rinunzia alle parti comuni di cui ogni condomino è proprietario per quota
millesimale.
La
norma pone, tuttavia, un limite all’esercizio del distacco, che deve essere materialmente
praticabile e non deve recare pregiudizio o eccessivi aggravi di spesa agli
altri condomini.
La domanda di distacco dovrà essere corredata da una relazione
tecnica e da un progetto di fattibilità.
Sull’argomento
in trattazione la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che “(…) l'art. 1118 c.c., come modificato dalla
legge n.220/2012, consente al
condomino di distaccarsi dall'impianto centralizzato - di riscaldamento o di
raffreddamento - condominiale ove una siffatta
condotta non determini notevoli squilibri di funzionamento dell'impianto stesso
o aggravi di spesa per gli altri condomini, e dell'insussistenza di tali
pregiudizi quel condomino deve fornire la prova, mediante preventiva informazione
corredata da documentazione tecnica, salvo che l'assemblea
condominiale abbia autorizzato il distacco sulla base di una propria, autonoma
valutazione del loro non verificarsi (…)” Cass.
civ., sez. VI, sent. n.22285 del 3.11.2016
E
ancora: “(…) in tema di condominio, la
rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata dal singolo
condomino mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni
dell'impianto centralizzato è legittima quando l'interessato dimostri che, dal
suo operato, non derivano aggravi di spese per coloro che continuano a fruire
dell'impianto, ne squilibri termici pregiudizievoli per la erogazione del
servizio. Quale squilibrio
termico non deve essere intesa la possibile differente temperatura
nell'appartamento distaccato in quanto, in ogni caso, anche senza distaccarsi
il proprietario potrebbe sempre semplicemente chiudere i propri radiatori. Se
così non fosse, quel distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato
ammesso in linea di principio sarebbe sempre da escludere in concreto, in
quanto nell'ambito di un condominio ogni unità immobiliare confina con almeno
un'altra unità immobiliare, per cui il distacco dall'impianto centralizzato da
parte di uno dei condomini provocherebbe sempre quel tipo di squilibrio termico
che, invece, deve essere considerato irrilevante (…)” Cass. civ., sez. II, sent. n.11857 del 27.5.2011
Per
quanto riguarda - invece - le spese di conservazione, manutenzione ed eventuale
sostituzione della centrale termica la giurisprudenza di merito ha chiarito che
“(…) in caso di distacco dall'impianto centralizzato, non essendo
configurabile una rinuncia alla comproprietà dello stesso, il condomino non può sottrarsi al contributo per le spese
di conservazione del predetto impianto. D'altra parte, tra le spese
indicate dall'art. 1104 c.c. soltanto quelle per la conservazione della cosa
comune costituiscono obbligazioni propter rem e per questo il condomino non può
sottrarsi all'obbligo del loro pagamento ai sensi dell'art. 1118, comma 2°,
c.c. Tale ultima norma, invece, significativamente nulla dispone per le spese
relative al godimento delle cose comuni. Quando
non può ritenersi illegittima la rinuncia di un condomino all'uso dell'impianto
centralizzato di riscaldamento, non potranno essere poste a carico dello
stesso, in applicazione del principio contenuto nell'art. 1123, comma 2°, c.c.,
le spese per l'uso del servizio centralizzato, vale a dire le spese
per l'acquisto del carburante, in assenza di validi e probanti elementi che
dimostrino un aggravio di spesa per gli altri condomini in conseguenza del
distacco (…)” Corte d’appello Roma, sent.
del 18.04.2007
In
conclusione, ciò che il condomino deve fare prima di esercitare il proprio
diritto al distacco è di munirsi di una perizia tecnica tramite un perito termotecnico
specializzato, che fornisca all’amministratore i dettagli dell’operazione di
distacco, come questa verrebbe praticata e le possibili conseguenze in negativo
(se esistenti) per gli altri condomini.
La
norma in trattazione non sottopone necessariamente a delibera assembleare la
fattibilità del distacco allorché la documentazione tecnica esibita a supporto
della domanda di distacco non evidenzi criticità né pregiudizi per gli altri
condomini; in caso di dissenso, trattandosi di una controversia condominiale in
materia di utilizzo di beni comuni, dovrebbe
darsi ingresso al tentativo di mediazione obbligatoria prevista dal D.Lgs.
28/2010.
(a
cura di Avv. Luca Conti)